Sono gli stessi che hanno portato al fallimento il centro commerciale Tiberinus  di Girardi sulla via Tiberina e già arrestati nel 2019.

Devono alle casse del comune di Capena tanti soldi da asfaltare tutto il paese. Ora si apprestavano ad acquisire altri centri commerciali utilizzando anche i fondi dei ristori. Questa volta però sono arrivate prima le manette, grazie alle intercettazioni telefoniche della Guardia di finanza di Padova che indagava su una società locale. Il modus operandi era ed è del tipo predatorio: svuotare aziende, non pagare i tributi, rimpinguare i conti personali. Fatture di lavori edili mai compiuti, grazie alla collaborazione di un architetto pronto a tutto,  trasferimenti monetari irregolari grazie alla complicità di un direttore di banca che evitava di segnalare le operazioni all’organo di vigilanza antiriciclaggio.

Bancarotta fraudolenta Tiberinus

Nei giorni scorsi i componenti di questo bel sodalizio criminale sono stati di nuovo portati nelle patrie galere con l’accusa di bancarotta fraudolenta societaria, patrimoniale e documentale, frode fiscale e  plurime condotte di autoriciclaggio. L’operazione, come riporta l’agenzia Radiocor: “Ha portato all’arresto di Antonio Miano, 51 anni di Roma, Alessandro Muzzarelli, 55 anni, modenese, Danilo Gasparotto, 61 anni. Si sono aperte le porte del carcere anche per Carmine Miano, (classe 1978) fratello di Antonio Miano”. Agli arresti domiciliari la moglie di Antonio Miano, Paola Scorrano e la convivente di Gasparotto.

Massimo riserbo da parte degli inquirenti invece nei confronti degli altri 5 componenti di un’organizzazione tutt’altro che ferma. Secondo le indagini, questa era in procinto di acquisire, con le consuete modalità, altri centri commerciali dislocati sull’intero territorio nazionale, facendo anche ricorso a contributi erogati per far fronte all’emergenza sanitaria in atto attraverso imprese riconducibili alla compagine criminale. L’operazione denominata “Black Mall” è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Padova.

Un crack da 36 milioni di euro

Il crack finanziario vale 36 milioni di euro. Sono stati eseguiti sequestri preventivi di disponibilità finanziarie, ammontanti a oltre 2 milioni di euro, presenti su 63 conti correnti, intestati a tre degli indagati, responsabili, tra l’altro, di reati tributari, e a 7 imprese compiacenti, beneficiarie delle distrazioni. 

Da questi cosiddetti imprenditori, il Comune di Capena sembra vanti tasse non pagate per anni e anni, pari a circa 700 mila euro, secondo una stima fatta nel 2019 in occasione del primo arresto. Con i soldi dell’evasione tributaria si potevano rifare le strade di tutto il paese. Nessuno ha mai fatto grandi sforzi per per evitare che si accumulasse una così grande esposizione. Poi nel 2019 il tesoretto è diventato, di fatto, inesigibile perché è saltato tutto e si è passati alla gestione del curatore fallimentare che perdura da allora.

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