Sgomento, paura, tristezza e senso di vuoto si avvertono nelle vie, tristezza e angoscia riempiono le chiacchiere in famiglia riunite a cena, e fino ai campi dove è iniziata la raccolta delle olive.
La comunità di Capena, dopo la morte del giostraio del paese, è ferita, presa da un senso di smarrimento che cerca di colmare stando insieme, ricordando insieme, per metabolizzare un lutto lacerante.
Abitava in paese Luigi il giostraio, con i figli e la moglie. Sono del paese gli aggressori che ne hanno determinato la morte dopo nove giorni di ricovero in ospedale. Amici dei figli o almeno conoscenti, hanno frequentato le stesse scuole, magari la stessa classe.
È faticoso accettare per genitori e coetanei le modalità da banda con cui ragazzi di 20/25 anni hanno condotto l’aggressione. Una ferocia che lascia le gente allibita, sconcertata.

Due fiaccolate
Ieri sera c’è stata una fiaccolata, una sorta di processione civica che ha attraversato il paese seguendo la via storica che dalla Chiesa di S.Marco arriva a quella di S. Luca di fronte alla casa comunale.
Organizzata da un gruppo di cittadini su input di Mirta Paganelli, ha visto una grandissima partecipazione di uomini donne bambini. Due giorni prima, il 14, una prima fiaccolata si era tenuta sempre nello spazio antistante il Palazzo comunale, su iniziativa dell’Amministrazione comunale, e anche in quel caso la piazza era piena. Presente in entrambe il sindaco Roberto Barbetti.
Ma non è finita: domani le manifestazioni per celebrare la festa di S. Luca, il patrono, si terranno in tono minore per ricordare Luigi.
Metabolizzare l’accaduto ma soprattutto cercare di capire, trovare il bandolo della matassa che ha portato a quel vampata di violenza inaudita che ha bruciato la vita di un uomo in pochi minuti nell’ultima sera di festa, al margine di una giostra rutilante.

Colpito con ferocia alla testa
Luigi Cena, secondo i referti delle Tac ospedaliere, non aveva ferite gravi nel corpo, la testa invece appariva segnata da più fratture, diffuse e profonde come si dice in gergo medico. Segno di un accanimento virulento e ripetuto.
Come se si chi l’ha fatto pensasse di essere alle prese con un videogioco, non fosse più in grado di capire la differenza tra la vita vera e quella virtuale, tra l’umanità e l’omino replicante del video che poi a fine gioco si rialza e riprende a fare le stesse mosse.
E invece era la testa di un uomo. Luigi ha resistito nove giorni alle conseguenze della mattanza, anzi sembrava fosse uscito dalla fase più grave e avviato ad una lunga convalescenza. Era stato “estubato”, vigile, aveva sorriso e salutato i figli e la moglie. Poi la crisi improvvisa e definitiva. Non sapeva cosa era accaduto, il motivo per cui si trovava in un ospedale. I familiari gli hanno detto , “niente di che, sei caduto”.
La famiglia voleva donare gli organi ma la richiesta non è stata accolta dal magistrato di turno che invece ha disposto l’autopsia. Passaggio necessario per capire le cause del decesso e definire le responsabilità.

Si indaga per omicidio
Le indagini intanto vanno avanti. I magistrati di Tivoli dopo un primo giro di accertamenti, ascoltando testimoni e visionando le telecamere di sorveglianza del circuito comunale, hanno iscritto nel registro degli indagati tre degli otto ragazzi che hanno partecipato al linciaggio di Luigi Cena, con l’accusa di omicidio. Una parola indicibile per la piccola comunità di Capena. Tre figli di questo popolo attonito, sospettati, secondo l’accusa, di essere degli assassini. Certo questo è difficile da affrontare.
In una grande città i legami hanno un filo più lungo, le frequentazioni sono più rade. Qui invece ci si muove e ci si incontra, anche solo di vista, nelle stesse strade, nella stessa piazza e bar. Nomi, cognomi e volti, fanno parte dello stesso quotidiano giro di anime. In più su questa storia aleggiano i fantasmi di una faida familiare che, per ora, resta però sullo sfondo.

La via d’uscita
C’è una via d’uscita che ha due sentieri. Se i ragazzi raccontano quei minuti di follia, se escono dalle logiche malate della banda, della lealtà di gruppo, dalla mitologia delle gang criminali, dei “bro”, e si chiamano fuori dal gioco, tornano figli insomma. E se i testimoni del pestaggio si fanno avanti raccontando alle forze dell’ordine ciò che hanno visto come ha chiesto, in un accorato appello, la figlia di Luigi. Ecco, se accade questo le fiaccolate avranno, se non vinto, almeno isolato l’infezione, avviato il rammendo e il recupero di un tessuto sociale che da domenica 5 ottobre si è palesato fuori controllo come un mistero.







