Più che virologo, Giovanni Rezza è un infettivologo dell’Istituto Superiore della Sanità. Sin da subito si è detto favorevole al distanziamento sociale e anche oggi, che all’orizzonte si profila una possibile via d’uscita, è molto cauto sul da farsi.

La riprova nella sua intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica, in cui affronta vari argomenti. Si dice ad esempio scettico sulla riapertura scaglionata per regione: “riaprire in modo scaglionato può non essere efficace. E poi la maggior parte delle attività produttive stanno proprio al nord. Che facciamo, lo apriamo dopo perché ha avuto una maggiore diffusione del virus?”.

E basarsi sull’età, lasciando a casa più a lungo gli anziani?

«E’ un modello nel quale credo poco. Ho visto che lo hanno proposto gli inglesi e i tedeschi. La nostra struttura sociale è diversa. Qui mandi a lavorare i trenta-quarantenni e i figli li tengono i nonni. E poi gli anziani comunque non vanno a lavorare e quindi comunque restano a casa».

Quanto durerà questo stato di cose?

«Il virus circolerà finché non si crea un’ immunità di gregge, e si spera non avvenga in breve tempo perché significherebbe far morire tantissime persone e stressare in modo inaudito il sistema sanitario, oppure finché non si trova un vaccino. Rischiamo continue reintroduzioni perché persisterà nella popolazione e dobbiamo essere attenti a intercettare eventuali focolai. Forse d’estate si trasmetterà di meno ma ad autunno ci sarà il rischio che riparta. Ci vuole una strategia».

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