Leggenda vuole che la notte tra il 5 e il 6 gennaio, tenebre di Befana, gli animali si parlino tra di loro.
Tale credenza favolosa, diffusa in maniera più o meno radicata in tutta Italia, popolare soprattutto nel Meridione, e che mia madre, donna d’altri tempi anche in questo, mi ha trasfuso in Calabria, sin da piccolo, ha sempre affatturato la mia fantasia.
Pare che, in alcuni luoghi, compreso il mio bel paesello natio, nella notte dell’Epifania, ci siano uomini e donne che, all’ora del tramonto, provvedano, in maniera più accudita rispetto al solito, a dare da mangiare agli animali, sia a quelli che vivono in casa e sia a quelli che dimorano, abitualmente, nelle immediate vicinanze della stessa.
Anno dopo anno, invece di attenuarla, l’ho sempre rafforzata questa parabola – vera metafora di vita contadina, secondo cui la sera del 5 gennaio le bestie parlano bene o male del proprio padrone, a seconda se questi abbia dato loro più o meno cibo per sfamarsi – tanto da concepire con l’immaginazione improbabili, e goffe, conversazioni.
Così, nella notte in cui le scope volteggiano… cani, gatti, galline, maiali, volpi, pecore e mucche chiacchierano all’impazzata, finendo con il decretare la sazietà o la scarsità della propria pancia. Da cui dipende, quindi, il giudizio animale sui loro amici uomini. I quali, a loro volta, pena la sventura, questi giudizi, non devono assolutamente ascoltarli.
Non solo l’uomo, quindi, è ciò che mangia… ma anche […] l’Asino, il Bove e la Cavalla, che nella Notte della Befana, nella stalla, parla.
A buon intenditor, dunque, poche altre parole…

Il ricordo più nitido della mia Epifania comunque è legato alla strenna di una mitica Graziella Legnano, regalatami dalla leggendaria vecchietta in volo a cavallo di una consunta scopa, trovata di buon mattino del 6 gennaio di tanti anni fa, a casa dei miei, accanto al caminetto acceso.
Fu la prima “calza” di Befana in cui compresi che il segreto della stessa stava racchiuso nell’evidenza delle proporzioni: la grandezza della bicicletta e la piccolezza del comignolo.
Ci rimasi male.
Mi colpì, in aggiunta, la scenografia dell’insieme: un bicchiere di vino rosso mezzo pieno e un mandarino sbucciato a metà, poggiati sulla base del fuoco.
Alle spalle mia madre e mio padre che, sogghignando, si gustavano la scena.
Da allora in poi la mia Befana lasciò la ramazza per le due ruote

Per i bimbi, per gli adulti rimasti tali e per tutti coloro i quali hanno ancora il gusto di crederci e la voglia di perdersi nelle leggende: buona Befana!

P.S. A corredo di questo articolo ho usato una foto presa da internet. Foto che racchiude il senso di tante leggende antiche quanto belle.

Sponsor