Zucchero “Sugar” Fornaciari, nome di battesimo Adelmo, nasce a Roncocesi, Reggio Emilia, 25 settembre 1955. Uno dei padri, insieme a Pino Daniele, del blues italiano, ha plasmato una carriera lunga oltre quattro decenni, iniziata negli anni ’80 con band R&B locali e un debutto al Festival di Castrocaro nel 1981. Il 1987 segna la svolta: sbanca le classifiche con Blue’s, dominando la scena italiana grazie a hit come Senza una donna, che vanta anche la collaborazione con Paul Young. E’ nel 1989 che raggiunge il suo apice: Oro, incenso & birra vende circa 8 milioni di copie nel mondo, diventando uno dei dischi italiani più venduti di sempre. Negli anni, grazie a
una carriera straordinaria con oltre 60 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, ha riconoscimenti come il World Music Awards, IFPI Platinum Europe Awards, Premio Tenco alla carriera e una candidatura ai Grammy. Il suo stile fonde rock, soul e blues con una voce potente e una carismatica presenza scenica, le sue performance dal vivo sono diventate il cuore pulsante del suo successo, ha costruito un ponte tra radici mediterranee, blues, soul e gospel. Autore di hit intramontabili quali Diamante, Senza una donna(con Paul Young), Il volo/My Love, ha inciso album di successo internazionale e collaborato con grandi nomi come Sting, Eric Clapton, Brian May.
Non solo icona in patria, è stato il primo artista occidentale al Cremlino dopo la caduta del Muro, e l’unico italiano ad aver suonato al Woodstock 1994 e al tributo per Freddie Mercury.
Quando si parla di blues in Italia, è impossibile non evocare due figure cardine che hanno saputo plasmare questo linguaggio afroamericano secondo coordinate tutte italiane: Zucchero Fornaciari e Pino Daniele. Entrambi pionieri, entrambi visionari, ma profondamente diversi nella loro interpretazione del blues. Le loro strade musicali, pur condividendo la matrice blues, si sono mosse lungo traiettorie parallele che raccontano due visioni del mondo, due identità culturali e due modi di sentire.
Zucchero è l’ambasciatore del blues “di importazione”: il suo linguaggio musicale guarda ai grandi del Delta e al soul di Memphis, ma lo traduce con una voce ruvida e passionale, spesso impastata di inglese maccheronico e immagini oniriche. La sua musica è spettacolare, potente, piena di cori gospel, riff graffianti e collaborazioni con leggende internazionali. È un blues che fa ballare e commuove, ma sempre con una forte tensione verso l’esterno, verso il mondo.
Pino Daniele, al contrario, è il cantore di un blues radicato e identitario. Nato a Napoli, ha saputo fondere le scale blues con la tradizione melodica partenopea, il jazz mediterraneo e i suoni del mondo arabo e africano. I suoi testi, spesso in dialetto, scavano nella quotidianità, nell’amore e nelle ferite sociali del Sud, con una delicatezza poetica che ha fatto scuola. Il suo è un blues intimo, colto, quasi filosofico, che nasce dalle strade di Napoli e si fa ponte tra culture lontane.
Insieme, Zucchero e Pino Daniele hanno dato voce a due anime complementari del blues italiano: una proiettata verso l’America, l’altra immersa nel Mediterraneo. Due modi diversi di reinterpretare un linguaggio nato lontano, ma che in loro ha trovato nuove radici, nuove parole e nuove emozioni.
Quest’anno Zucchero Fornaciari ha lanciato il tour “Overdose d’Amore”, iniziato da Ancona, ha toccato tutta l’Italia, proseguendo poi in Europa e negli Stati Uniti.
Le date principali in Italia includono Bari, Roma, Torino e Padova,.Il tour include l’evento speciale del Circo Massimo di Roma, dove Zucchero si è esibito per la prima volta e si concluderà all’Arena di Verona in settembre.
La scaletta del tour include brani iconici come “Spirito nel buio” e “X colpa di chi?”, oltre a nuove hit e cover, tra cui “Oh, Doctor Jesus” e “Nutbush City Limits” con la sola band.
La performance è accompagnata da una scenografia impressionante con ledwall e giochi di luce, sul palco un simbolico “gigante sole” allusivo a rinascita e calore umano, usato come sfondo visivo e narrativo. All’ingresso sul palco Zucchero compare avvolto da giochi di luce e intro blues, stimolando applausi e ovazioni fin dall’inizio.Durante Un soffio caldo e Dune mosse, il cantante interpreta le strofe con mimica intensa, alternando voce narrante ad atti mimici, creando una connessione emotiva profonda con il pubblico che, a metà concerto, ha invitato a intonare i cori di Diamante e Il volo, trasformando l’arena in un coro collettivo. Quando ha battuto le mani scandendo il tempo, l’intero Circo Massimo ha risposto in sincronia creando un effetto di comunione totale.
Zucchero ha anche annunciato un tour mondiale nel 2026, con date in luoghi prestigiosi come il Royal Albert Hall a Londra.
La super band che accompagna Sugar, una squadra di professionisti da carriere internazionali e background diversi.
Polo Jones (Basso & cori) – Statunitense, attivo con session in studio per artisti blues-rock, storico componente della band, al fianco di Zucchero sin dall’era Blue’s, portando solidità e groove.
Kat Dyson (Chitarre, dobro, mandolino, cori) – musicista americana soul/blues-rock, ha suonato con Prince e Chaka Khan; dona alla band sonorità funky ed energia vocale femminile.
Mario Schilirò (Chitarra) – chitarrista italiano, sessantenne romano di origini catanesi, noto per session e supporto live. Mario ha suonato con grandi artisti italiani tra cui Cocciante, Baglioni, Patty Pravo, Barbarossa, Rettore, e soprattutto Antonello Venditti, con cui ha collaborato alla registrazione di diversi album. Nella band di Zucchero dal 1994 è uno dei pilastri del suo sound in Italia. Suona una Fender Stratocaster del ‘63, strumento ormai divenuto un cult per i chitarristi, oltre a due modelli della Gibson, altra marca leggendaria per le chitarre
Peter Vettese (Piano, Hammond, Synth) – produttore e tastierista scozzese, ha lavorato con Simple Minds e Annie Lennox, aggiungendo tocchi di synth-pop sofisticato alla base blues.
Nicola Peruch (Tastiere) – tastierista italiano, figura stabile nelle tournée di Zucchero, esperto dei suoi arrangiamenti e di tessiture soul/gospel.
Adriano Molinari (Batteria) – batterista modenese, inizia la carriera professionale giovanissimo, all’età di 14 anni. Appassionato di musica jazz, blues, funk, soul, ha fondando assieme ad altri musicisti nel 1994 il gruppo Bossa Nostra con il quale registra due album: “Solaria” e “Karmalion”. Nel 1997 inizia la sua collaborazione con Eugenio Finardi fino al 2001. Nel 2002 l’incontro con zucchero con il quale calcherà i palchi più importanti del mondo. Nel 2003 ha preso parte al tour “Crescendo” di Claudio Baglioni.Battezzato nel rock italiano, porta rigore e potenza ritmica, con esperienze su grandi palchi nazionali.
Monica Mz Carter (Percussioni) – versatile percussionista afroamericana con radici gospel e soul, valorizza la componente ritmica e le sfumature tribali del live.
James Thompson, Lazaro Amauri Oviedo Dilout, Carlos Minoso (Sezione fiati) – gruppo internazionale con studi di musica classica e jazz: Thompson (UK) al sax/flute, Dilout (Cuba) alle trombe, Minoso (Spagna/Argentina) al trombone/tuba. Arricchiscono il sound con groove jazz e momenti orchestrali.
Oma Jali (Cori) – corista nigeriana stabile del gruppo, raffinata interprete soul e gospel, ha momenti di primo piano in intermezzi vocali e polifonie. Nei suoi duetti con Sugar ha strappato applausi a scena aperta e si è presa il palco nelle tre cover che l’hanno vista solista insieme alla band mentre Zucchero si concedeva una piccola sosta nel retropalco.
La scaletta del 24 giugno ha inevitabilmente toccato i principali capitoli della sua discografia.
Si apre con l’intro sulle note di Oh, Doctor Jesus – Cover (Porgy and Bess, Gershwin – ft. Ella Fitzgerald e Louis Armstrong ), evocativa, introduce il mondo soul-gospel che caratterizza lo show.
Subito si scatena ritmo con fiati, e groove funk con Spirito nel buio – D.O.C. (2019), singolo ispirato a Spirit in the Dark di Aretha Franklin, fonde elettronica, gospel e riferimenti biblici. Una versione intensa, con sezioni fiati e cori gospel che creano un’energia collettiva impressionante. Sulla stessa lunghezza d’onda la successiva Soul Mama – sempre da D.O.C. (2019).
Il primo classico estratto da Oro, incenso & birra (1989) è Il mare impetuoso al tramonto, una poderosa ballata epica tra prog e soul. Riff incalzanti della band insieme ai fiati creano un’atmosfera magnetica, facendo vibrare le mura antiche del Circo Massimo fin dalle prime note.
Due ballate fanno prendere respiro alla band ed alla platea. Sono Ci si arrende, dall’album: Black Cat (2016) – versione italiana di “Streets of Surrender (S.O.S.)” inno contro l’odio in una versione intensa e meditativa dove prevale la voce solista di Zucchero sostenuto dal coro. L’altra è La canzone che se ne va dall’album D.O.C. (2000), Sugar rallenta il tempo, conducendo un’intensa riflessione tra lui e il pubblico: i riflettori si abbassano, l’emozione si fa palpabile.
Prima esecuzione live per Una come te, brano nuovo ma già apprezzato con un ritornello coinvolgente e un arrangiamento denso.
Dall’album Bluesugar (1987) è il momento di Blu, capolavoro che mescola blues e melodia solenne, suonata con groove originale ha restituito l’anima del brano con vibrazioni profonde. Pubblicato nel 1998 come primo estratto dall’album Bluesugar. Il brano è stato proposto in tre versioni, una italiana con testo di Pasquale Panella, una inglese dal titolo Blue, usata per il mercato internazionale, il cui testo è stato scritto da Bono, e una versione in lingua spagnola, dal titolo Blu (Lo que sueño) incisa con Rosana per l’edizione latina dell’album Bluesugar. “Sere d′estate, dimenticate, C’è un dondolo che dondola. Che belle scene di lei che viene. Da lune piene, si dondola” al Circo Massimo è tutto un coro.
“Ma un mondo libero … come un partigiano reggiano”, è la volta dell’estratto da Black Cat (2016), brano ironico e ribelle, che mescola blues-rock e tematiche sociali, con riferimenti alla Resistenza e al folklore reggiano, e citazioni di Bella ciao.
Tutti in pedi per Vedo nero, dall’album Chocabeck (2010), tormentone del 2011, ironico e goliardico, gioca nel testo con il doppio senso legato al piacere e al sesso. “Vedo nero coi miei occhi, come disse la marchesa camminando sugli specchi…”
Esecuzione emotiva ma intensa, intimista, per Pene, estratto da Discover Vol.2 (2023).
Ancora da Spirito Divino (1995) la ballata poetica e sognante di Il volo, caratterizzata da archi e tastiere oniriche rapisce il pubblico con la sua melodia sospesa.
Si torna al rock con Facile, D.O.C. (2000), le chitarre aggressive trasformano il brano in una jam energica e travolgente.
Con le mani, dallo storico Blue’s (1987) celebra i palmi come simbolo di intimità, desiderio e cura “Con le mani sbucci le cipolle… è un incontro di mani, questo amore”.
E’ il momento di un altro grande classico e l’arena si scatena insieme alla band sin dall’intro. Solo una sana e consapevole libidine… dall’album: Blue’s (1987), celebra il sesso come liberazione, in polemica con moralismi, cantato con entusiasmo e accompagnato dalla band funk-rock, con Zucchero che coinvolge il pubblico in coro sulle parole chiave “Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica”.
Baila (Sexy Thing), titolo di traino dell’album Shake (2001), incarna la miscela di blues, rock e groove latino di Zucchero, porta energia in uno show già dominato da blues e soul. Zucchero è mattatore assoluto con la band lo sostiene con fiati caldi, basso pulsante e percussioni ritmate, spingendosi energicamente fino all’assolo centrale della chitarra.
Dalla prestigiosa collaborazione con Miles Davis, qui nella versione versione con Miles Davis in Zu & Co. (2004), Dune mosse è un estratto da Blue’s del 1987. Il brano è considerato uno dei capolavori dell’artista e rappresenta la vetta assoluta della sua produzione in termini musicali e di testo, scritto insieme a Marco Figlie. “l mare in fondo ai tuoi occhi, Grembi nudi lambì, Il vento in fondo ai tuoi occhi, Carezzò Dune Mosse”. Il pubblico in estasi.
“chi ammazza i bambini è una testa di c…” così Zucchero. Illuminato da una luce soffusa, prima di presentare il brano successivo come un brano dedicato alla pace e alla libertà: Un soffio caldo.Tratto dall’album Chocabeck (2010), nasce da una collaborazione tra Zucchero e Francesco Guccini, un inno sottile contro la violenza e l’indifferenza, un abbraccio ideale con tutta la platea del circo Massimo.
Sempre da Chocabeck Il suono della domenica, prosegue la sessione acustica anticipata dal suo intervento sui valori veri della vita e la riscoperta delle nostre origini, uno dei temi trainanti dell’intero album. Intensità e atmosfere sospese hanno coinvolto il pubblico in un momento introspettivo.
E’ il momento di un piccolo medley acustico con brani poco conosciuti, tranne Donne, definito da Zucchero come un momento “coitus interruptus” – brevi frammenti di brani “interrotti quando mi annoio”. Un piccolo aiuto, da Chocabeck (2010), trasformato in apertura del medley, Zucchero lo ha proposto in versione minimalista solo voce e chitarra. Questo ha permesso di enfatizzare il messaggio solidaristico del testo, con un crescendo emotivo morbido che ha catturato l’attenzione del pubblico fin dalle prime battute. Di seguito Come il sole all’improvviso (dal tour Oro, incenso & birra 1989), l’arrangiamento mantiene la delicatezza acustica, ma assume un tono più malinconico mentre la voce di Zucchero imbriglia le sfumature del testo, facendo emergere la speranza e la bellezza riscoperta. Occhi, da Fly (2006), una ballata romantica e sensuale, tra le più intime del repertorio, cantata in una versione intima, quasi sussurrata.Infine Donne, prima
della quale confessa di non averla più proposta dal vivo sentendosi impacciato nel cantare il refrain e quindi chiede al pubblico di cantare “du du du…” . La ritmica passa a un fingerpicking avvolgente, la voce si fa sussurrata è quasi confidenziale. Nonostante la brevità, la performance del medley regala una sensazione di complicità profonda col pubblico, che risponde con un applauso contenuto e sentito.
Chiamando sul palco il “Comandante Massimo Decimo Meridio” si apre uno dei momenti clou della serata, con l’ingresso sul palco di Russell Crowe. Di fronte ad una platea in estasi parte il duetto su Just Breathe, il classico dei Pearl Jam reinterpretato da Zucchero in Discover II e già inciso con Crowe. L’attore-musicista si è unito a lui sul palco, regalando un brano intimo e potente che ha colto l’attenzione dell’arena gremita. “Roma ti amo” il saluto di Russel tra gli applausi scroscianti del Circo Massimo.
L’emozione è destinata a crescere con le immagini proiettate sui maxi schermi di Luciano Pavarotti. E’ il momento di Miserere, dall’omonimo album del 1992, “Miserere, misero me – Però brindo alla vita!”. Uno dei momenti più emozionali del concerto, la ballata potente è eseguita con coro e arrangiamento teatrale. Zucchero duetta in sincrono con le immagini proiettate sui giganteschi pannelli e l’audio perfetto rimanda ad una sessione live in remoto. Un grande applauso finale, liberatorio, a conclusione del brano mentre scorrono le immagini in bianco e nero dell’indimenticabile Pavarotti, il tenore italiano tra i maggiori di tutti i tempi e tra i più amati dal pubblico. Da non dimenticare che l’evento internazionale Pavarotti & Friends nacque nel
1992 come evento musicale benefico ispirato dalla collaborazione di Pavarotti con Zucchero Fornaciari, segnando l’inizio di una serie di eventi che univano la musica lirica e quella pop, con l’obiettivo di sostenere cause umanitarie.
E’ il momento per Zucchero di prendersi un po’ di respiro e lasciare il palco alla band con voce solista di Oma Jali la quale on voce sinuosa e calda, ha intonato versi soul/blues, trascinando il pubblico in un’atmosfera quasi da locale vissuto.
Ad accendere una serata già surriscaldata è groove infernale di Jumpin’ Jack Flash (cover dei The Rolling Stones), con riff lucidissimi e potenti, che dettano il ritmo sin dalle prime battute. Durante il solo di chitarra centrale, i riflettori si sono concentrici sul chitarrista, accompagnati da giochi di luce dinamici e un crescendo ritmico che ha trascinato la folla in un’esplosione di energia.Più che un tributo, è stata una vera immersione nel rock’n’roll.
Nutbush City Limits (cover del brano di Ike & Tina Turner) è un Iconico funk-rock anni ’70. Chitarre ruvide e piano elettrico hanno dato quel sapore vintage, un tuffo nel passato in stileTina Turner
Honky Tonk Train Blues (di Meade Lux Lewis). Brano portato al successo da Keith Emerson degli Emerson, Lake & Palmer, tormentone strepitoso in Italia nel 1977, quando fu utilizzata come sigla del programma televisivo Odeon. Chitarre e fiati hanno dialogato con il piano, alternando assoli ed accelerazioni, virando gradualmente verso un mood jazz-blues, coronando la triade di cover con un finale da applauso.
Esplosione collettiva al rientro di Sugar sul palco tra le note di Overdose d’amore, brano che da il titolo al tour, una chiamata collettiva all’0amore e alla rinascita.Introduzione elettronica, bassi profondi e synth avvolgenti, chitarre elettriche arricchite da elementi elettronici, batteria e fiati incisivi enfatizzano questo blues-rock tratto da Oro, incenso & birra (1989).
Sull’onda dell’emozione suscitata dal brano si prosegue con soul sul tema della speranza e dell’amore. Zucchero intona The letter, brano in inglese cover dei The Box Tops, mentre dalla platea sfila tra la folla un grande Coro Gospel per raggiungerlo sul palco.Sorprendente omaggio al classico del 1967, reso vibrante dal coro che offre una brillante parentesi R&B nel cuore dello show.
Il coro ha rappresentato la sezione “gospel” del concerto, regalando alla serata una dimensione emozionale sacra e collettiva che accompagnerà Zucchero anche nell’esecuzione dei brani successivi aggiungendo calore e coinvolgimento emotivo.
Sempre da Oro, incenso & birra un altro classico del repertorio di Zucchero, la struggente Diamante, dedicata alla nonna, con il testo di Francesco De Gregori. Un momento magico condiviso con il pubblico con le liriche che evocano atmosfere del dopo guerra e di speranza in una vita pacifica. “Impareremo a camminare, Per mano insieme a camminare”.
Dall’album Spirito DiVino del 1995 il brano che parla di una passione sacra e sensuale al contempo: Così celeste, in u’interpretazione appassionata con toni soul.
Dallo stesso album, chiusura del concerto dopo quasi tre ore ininterrotte di musica, irrompe il brano di matrice funky con le nervature rock-blues proprie del cantante reggiano: X colpa di chi?
Un’apoteosi di luci a chiudere la performance quando risuona il ritmo potente con fiati e chitarra selvagge nel brano iconico di Zucchero Diavolo in me, tratto sempre da Oro, incenso e birra. “Gloria nell’alto dei cieli ma non c’è pace quaggiù… accendi un Diavolo in me” poi cala un silenzio irreale mentre le luci soffuse fanno da sfondo alle richieste incessanti del pubblico per un ritorno sul palco.
Così avviene, è quasi mezzanotte a Roma.
La prima delle due aggiunte di Zucchero alla serata romana è Chocabeck, dall’omonimo album del 2010. Il titolo dialettale fa riferimento al fatto che il “becco vuoto che fa rumore”, ricordando i momenti in cui non c’era molto da mangiare e del dolce a fine pasto neanche la domenica. Andamento folk che rievoca i ricordi d’infanzia in Emilia accompagnato dai battiti di mani e i cori del pubblico.
Vera chiusura dello show Hey Man, da Blues (1987). Brano Co-firmato con B.B. King e Clapton, rappresenta uno dei momenti migliori nella produzione rock-blues del cantante reggiano. Esplosivo, con assolo di chitarra da brividi, il pubblico con le mani al cielo cantando ad alta voce si appresta a salutare un evento musicale che probabilmente resterà nella memoria di tutti gli appassionati di Zucchero.
