Si vota per il sindaco di Roma che sarà anche il presidente della Città metropolitana, composta da 121 comuni. Ma nessuno ne parla. I residenti, un milione e mezzo, infatti non hanno diritto di voto.

Ne abbiamo parlato con il senatore Bruno Astorre, attualmente segretario Pd Lazio, ma soprattutto ex consigliere provinciale e abitante in uno dei comuni castellani,  primo firmatario di un disegno di legge per ripristinare l’elezione diretta del Consiglio.

Senatore, i comuni sono in abbandono, i residenti senza rappresentanza. Aver abolito le province si è rivelata una pessima idea.  

Condivido la preoccupazione. Il tema della rappresentanza, e quindi dell’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano (come del presidente della provincia e del consiglio provinciale), è di estrema attualità, e si va facendo largo nel dibattito pubblico e tra le forze politiche. Come è noto, ho presentato un disegno di legge teso proprio a ripristinare l’elezione diretta del presidente della provincia e del consiglio provinciale. 

La riforma Del Rio ha sei anni. In che condizione versa il territorio provinciale?

Era stata pensata anche in vista della riforma costituzionale per il superamento del bicameralismo paritario, bocciata poi con il referendum del 4 dicembre 2016. Quella riforma prevedeva anche la cancellazione delle province, quali enti costituzionalmente necessari. E’ evidente che con la bocciatura della riforma è necessario un ripensamento della legge Delrio, in ragione del fatto che l’assenza di una rappresentanza diretta dei territori della provincia ha fatto emergere le tante difficoltà legate al governo del territorio metropolitano su ambiti di fondamentale importanza, quali scuole, viabilità, ambiente.

Lei pensa sia ora di cambiare ed ha proposto di tornare ad eleggere i rappresentanti. E’ possibile tornare indietro?

Penso che ci sia margine per poter intervenire con i correttivi che ho indicato. Non può non tenersi in considerazione che il clima di opinione rispetto a qualche anno fa è cambiato. Le province, più di tutti gli altri enti, sono state l’obiettivo principale, non solo da parte della politica, ma anche da parte dei media, di una campagna denigratoria che ha spinto il legislatore ad assecondare l’opinione che descriveva le province quali fonte di ogni spreco e di ogni inutilità. Oggi, ad anni di distanza, ci si è resi conto, e soprattutto i cittadini dei territori della provincia se ne sono resi conto, che l’abbandono di certe funzioni in capo alle province, e la rappresentanza democratica, ha generato effetti distorsivi  sulla qualità di alcuni servizi: viabilità e scuole in particolare. Oggi penso non solo sia possibile, ma che sia anche urgente “tornare indietro”, per ridare dignità di rappresentanza e di buon governo ai territori. Anche perché avere dei rappresentanti eletti non direttamente pone proprio un problema di aderenza, e quindi di vicinanza, tra eletti e territorio.

Chi rappresenta oggi i bisogni di queste terre? Come si fa a pensare che il sindaco di Roma, chiunque esso sia, con il mandato di risollevare la Capitale, si occupi, per esempio, anche della frana di Filacciano?

Oggi ci troviamo a fare i conti con un sistema che non ha più ragione di esistere, e che non garantisce i cittadini dei comuni della Città metropolitana di Roma. Sia sotto il profilo della rappresentanza (in quanto il sindaco della Città metropolitana è il sindaco di Roma, e con tutti i problemi che deve affrontare e che ricadono su Roma Capitale rischia, quanto meno, di avere poca attenzione ai territori della provincia) sia sotto il profilo della conoscenza dei problemi e quindi delle loro soluzioni, che i 121 Comuni della provincia di Roma tutti i giorni pongono. Il tema che viene posto in merito alla frana di Filacciano, come di altre centinaia di piccole grandi emergenze, è concreto e reale. E’ evidente che un sistema ordinamentale, impostato sulla legge Delrio, rende estremamente difficile dare le giuste e tempestive risposte ai problemi dei comuni della provincia.

 

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