Nei comuni della Valle Tiberina le famiglie affiliate alla ndrangheta si trovano bene. Colline e paesi sono un buon punto dove integrarsi e, al riparo del basso profilo, fare affari in pace, cioè smerciare droga, senza troppi sussulti. Secondo il Rapporto della DIA (Direzione investigativa antimafia) relativo al 2024 presentato ieri, sono quindici le “ndrine” operanti nei comuni di S. Oreste, Campagnano, Morlupo, Rignano Flaminio Capena Castelnuovo di Porto Sacrofano. Le stesse sono presenti a Rocca di Papa (Castelli) e nelle cittadine del LItorale, Anzio e Nettuno. Il rapporto indica che sono quelle degli: Alvaro, Madaffari, Perronace, Tedesco, Mancuso, Mazzaferro-Morabito,Mammoliti, Aquino, Piromalli, Giampà, Morabito-Mollica- Palamara – Scriva, Marando, Gallace Molè, Mazzaferro.
La grande mimetizzazione
Scrive la Dia: “ Dal punto di vista eziologico, il connubio mafia-impresa tende a radicarsi con particolare intensità laddove l’incremento delle opportunità di guadagno si accompagna a molteplici possibilità di mimetizzazione delle condotte illecite. In tal modo, le attività criminali riescono a confondersi agevolmente in un tessuto economico-finanziario prevalentemente sano e conforme alle regole di mercato, rendendo più complessa l’azione di contrasto”. Labile è il confine tra attività regolari e quelle criminali tanto che: ”Nel corso del 2024 l’incidenza degli episodi delittuosi riconducibili alle attività mafiose nella Capitale si è mantenuta in linea con l’andamento registrato nell’ultimo semestre del 2023. Tale costanza conferma la stretta interconnessione tra i molteplici reati tipici della criminalità organizzata e la sistematica ricorrenza di fenomeni di riciclaggio, finalizzati alla rapida acquisizione di ingenti risorse da reinvestire. Si delinea un ciclo ininterrotto, capace di rigenerarsi e autoalimentarsi, garantendo continuità all’accumulazione illecita di capitali”.
Radicamento stabile
Nell’area metropolitana di Roma nel corso del 2024 – si legge ancora nel rapporto: “Nel periodo in esame si è ulteriormente consolidata la tendenza dei gruppi criminali autoctoni a radicarsi stabilmente in specifiche aree e quartieri della Capitale, mentre le mafie tradizionali continuano a privilegiare il controllo del tessuto economico attraverso sofisticate strategie di infiltrazione”. La pace criminale, essenziale per fare affari, si basa sulla regia occulta di una consorteria capace di dirimere , quasi sempre, scontri e violenza.
La coperta patchwork della criminalità
Un grande “merlettaio collettivo” tiene insieme “diverse realtà delinquenziali, pur con peculiari modalità sotto l’aspetto strategico e gestionale, perseguono obiettivi “trasversali”, essenzialmente accomunati dal prioritario interesse per il controllo e la gestione del mercato degli stupefacenti nonché per le connesse esigenze di riciclaggio, alimentando un sistema atipico, creato attorno alla sintesi delle mafie insediatesi nell’area metropolitana romana con le criticità di un territorio multistratificato”. Tra le viuzze, le piazze e i centri commerciali dei paesi questo metodo funziona meravigliosamente. A conferma il sequestro lo scorso 2 maggio da parte della Polizia del Commissariato Salario, di un carico “monstre” di hashish pari a 1360 kg. La droga era stipata all’interno di un tir fermo nel parcheggio di un centro commerciale a Capena.
Si arruolano giovani appena maggiorenni
Pervasive le modalità di distribuzione: “Il narcotraffico – è scritto nel rapporto della DIA – si configura come la minaccia più insidiosa, poiché la diffusione di una subcultura fondata sull’illegalità e sull’arricchimento rapido talvolta coinvolge e avvicina anche giovani appena maggiorenni e incensurati agli ambienti della criminalità organizzata. Questi ultimi, spesso in modo inconsapevole, vengono impiegati come corrieri o custodi di rilevanti quantitativi di stupefacenti, contribuendo al rafforzamento del sistema criminale”.
