La donna, milanese di origini cinesi, ha accusato i primi sintomi a inizio marzo. Tosse e febbre, in forma lieve. E’ stata scoperta positiva il 4 marzo e ricoverata presso l’ospedale. Non è mai stata grave, mai arrivata ad essere intubata. Dopo una settimana, i due tamponi hanno determinato la guarigione ed è stata dimessa. Poi, però, il 23 marzo, dopo 12 giorni dalla fine del ricovero, è subentrata di nuovo una febbriciattola. Le è stato fatto il tampone ed è stata trovata di nuovo positiva. Ora la donna sta già meglio, in attesa del secondo tampone.

Il direttore del dipartimento Malattie Infettive e tropicali, Zeno Bisoffi, lo definisce un caso raro e prova a dare una spiegazione all’accaduto. “La prima ipotesi è che il virus appartenga a un ceppo virale diverso, anche se dobbiamo attendere gli esami sui due genomi: quello del primo ricovero e quello del secondo. È però un’ipotesi che io ritengo improbabile. Questo virus al momento non sembra soggetto a particolari mutazioni. E considero difficile che una persona guarita, che ha sviluppato gli anticorpi, se esposta a un altro ceppo possa ammalarsi nuovamente. Questo, in assoluto, non vuol dire che non possa essere nuovamente infettata”.

Ma esiste anche un’altra possibilità. Cioè che i tamponi eseguiti durante il primo ricovero, prima delle dimissioni, non abbiano rilevato la positività perché la donna aveva una carica virale talmente bassa da non essere individuata. “I tamponi sono molto sensibili ma non al 100%. Anche per questo, per i casi con un alto sospetto clinico, seppure in presenza di una risposta negativa, per prudenza ripetiamo il test prima indirizzare il paziente eventualmente a un reparto pulito anziché al reparto Covid”.

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