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Locandina del ciclo di conferenze organizzate al MAVNA

Al MAVNA (Museo Archeologico Virtuale di Narce) è iniziato: “A tavola con il passato”, un ciclo di conferenze sull’alimentazione e sulla cucina nell’antichità. Gli incontri sono gratuiti e si svolgeranno il sabato alle ore 17.30, da febbraio fino a luglio. Durante le serate vari specialisti parleranno di alimenti alla base della nostra alimentazione mostrandone l’origine.

Gli incontri sono stati pensati dal direttore del MAVNA, Orlando Cerasuolo e dall’archeologa del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Romina Laurito in ordine cronologico. Si partirà quindi dalla preistoria e si arriverà fino all’epoca romana.

Sarà  interessante scoprire gli usi antichi di alcuni alimenti alla base della nostra alimentazione come il sale, per la conservazione dei cibi, e lo zucchero, usato come dolcificante, e indagare attraverso di essi le implicazioni culturali, sociali e storiche.

La seconda parte degli incontri si concentrerà sui metodi che consentono agli specialisti di capire di cosa si nutrivano i nostri antenati.

Per concludere è stato dedicato un incontro ad Apicio, letterato latino, che ci ha lasciato numerose ricette.

Alla fine degli incontri verrà offerto ai presenti un aperitivo che proporrà qualche ricetta del passato. Durante la consumazione sarà possibile ammirare i reperti esposti nel museo.

 

IL MUSEO: COSA VEDERE

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Galleria del MAVNA
Foto gentilmente concesse dal direttore del MAVNA, Orlando Cerasuolo.

Quando è stato aperto, nel 2013, il museo prevedeva solo un’esposizione virtuale dei reperti. Dopo gli scavi spesso illeciti dell’Ottocento e degli inizi del Novecento i resti originali si trovano oggi sparsi nei più grandi musei europei (il Louvre a Parigi, il British Museum a Londra e il Danish National Museum a Copenhagen) e degli Stati Uniti (il Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology a Philadelphia, il Chicago Field Museum e lo Smithsonian National Museum a Washington). Il MAVNA perciò nasce con il desiderio di riportare, sotto forma di filmati, modelli 3D e repliche, gli oggetti lì dove sono stati trovati e riunire le collezioni. Non tutti i musei però accettarono di collaborare, perciò fu grazie alle numerose donazioni degli abitanti di Mazzano Romano che il museo poté esporre i reperti ancora nel territorio.

Oggi questi resti,  provenienti in genere da corredi funerari, sono esposti nella galleria e organizzati dal punto di vista cronologico in tre sezioni: età del ferro, periodo orientalizzante ed epoca arcaica.

All’interno della saletta invece sono esposti i resti provenienti da un santuario. A terra un adesivo nero simboleggia i muri dell’edificio e indica l’originaria collocazione dei reperti.

Le vetrine nella sala rappresentano delle fosse. Nella prima, quella a sinistra, sono state trovate circa 300 maschere. Dato il grande numero è possibile ipotizzare che si trattasse di una cerimonia rituale. Verosimilmente deponendo la maschera si segnava un passaggio di stato all’interno della comunità, o di tipo biologico ‒ ad esempio la prima mestruazione ‒ o culturale ‒ come il matrimonio. La maschera simboleggiava in questo caso la volontà di lasciare l’identità precedente.

La vetrina centrale invece è suddivisa in tre parti a ricalcare i tre riempimenti di una fossa. Nella parte più bassa c’è  una testina in argilla raffigurante probabilmente una neonata. Nella parte intermedia ci sono  due teste di due giovani donne e nell’ultima, nella parte più alta della vetrina, una testa a rappresentare una donna adulta e un’altra a rappresentare, probabilmente, il marito.  È possibile quindi che in questa fossa si siano volute indicare le tre fasi della vita di una donna di Narce: la nascita, l’età giovanile e l’età adulta.

 

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Foto gentilmente concesse dal direttore del MAVNA, Orlando Cerasuolo.

 

Nell’ultima vetrina sono raccolte delle chiavi in grande numero. Come per la prima fossa contenente le maschere, è possibile che si trattasse di un rito di passaggio. La chiave potrebbe infatti rappresentare il simbolo del passaggio all’età adulta delle donne comuni (intesa in questo caso come le chiavi della dispensa all’epoca gestita dalla matrona) o le chiavi del santuario e quindi appartenere alle sacerdotesse.

 

Per maggiori informazioni: www.mavna.it

 

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