Con lo stanziamento di 8 milioni allo Spallanzani da Regione Lazio e Ministero sanità,  anche l’Italia entra ufficialmente nel campionato mondiale di Formula 1 per l’individuazione del vaccino capace di domare il virus Covid-19.  Stati Uniti, Europa e Cina lottano per essere i primi ed accaparrarsi riconoscimenti scientifici, brevetti e naturalmente le entrate che derivano dallo sviluppo di un farmaco di successo. 

Schierate oltre allo Spallanzani 35 case farmaceutiche 

In questo circuito immaginario sono schierate ad oggi, come ha scritto Quotidiano Sanita citando il New York Times, 35 case farmaceutiche e istituzioni accademiche. Tutte stanno lavorando allo sviluppo di un prodotto capace di vincere la gara che ,però, come ha precisato a più riprese l’Oms, non si concluderà prima  12-18 mesi. Questo ad ora lo stato della ricerca. L’americana Moderna Therapeutics al momento è l’unica ad aver avviato un trial clinico su 45 volontari sani, per testare la sicurezza del vaccino mRNA-1273. L’azienda lavorava già sui coronavirus, dopo le infezioni di Sars e Mers, questa spiega la sua rapidità. Janssen di Johnson & Johnson sperimenta invece un anti -Covid-19  con vettori virali. Gli studi clinici partiranno entro l’autunno. La francese Sanofi invece produce proteine virali, con lo stesso metodo usato per la produzione dei vaccini antinfluenzali. La Cina ha 1.000 scienziati impegnati nelle corsa. Solo 19 ore dopo l’annuncio dell’avvio dei trial clinici da parte della Moderna Therapeutics, anche la Cina ha rivelato l’avvio dei test da parte della l’Accademia delle Scienze mediche militari che ha iniziato a reclutare volontari.

Trump voleva acquistare in esclusiva il vaccino allo studio in Germania

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump,  con i suoi metodi i spicci tipici di chi è convinto che tutto si può compra, e tutto ha un prezzo, nei giorni scorsi, ha tentato di acquistare dalla tedesca CureVac i diritti in esclusiva di qualunque vaccino per il coronavirus avesse prodotto. Gli Stati, tuttavia, secondo il New York Times, – scrive Quotidiano Sanità – non vogliono dipendere da una potenza straniera per l’approvvigionamento di farmaci durante una pandemia”. Viene ricordato l’esempio dell’influenza H1N1 del 2009. Allora fu un’azienda australiana la prima a tagliare il traguardo del vaccino monodose. Prima di esportarlo ad altri paesi, però soddisfò i bisogni del proprio. In seguito il prodotto venne acquistato prima di tutto dalle nazioni che potevano permetterselo, lasciando sprovvisti i paesi più poveri”. Molti dei progetti discussi, come quello tedesco  di CureVac, sono stati finanziati dall’organizzazione multinazionale Coalition for Epidemic Preparedness Initiatives (Cepi), sorta all’indomani dell’epidemia di Ebola che si è diffusa in tutta l’Africa occidentale dal 2014 al 2016.

Gli studi clinici si svolgono in tre fasi

L’organizzazione, nata nel 2017, della quale fanno parte Norvegia, Regno Unito, Germania, Giappone, Canada, E tiopia, Australia, Belgio, Danimarca e Finlandia, nonché la Bill e Melinda Gates Foundation e la fondazione Wellcome Trust, si occupa proprio di finanziare la ricerca sui vaccini, dopo l’esemplare caso dell’ebola che ha dimostrato come lo sviluppo di farmaci salvavita per le malattie che colpiscono le persone a basso reddito non viene incentivato. Gli studi clinici precedenti all’approvazione di un vaccino si svolgono in tre fasi. Nella prima il prodotto viene testato su alcune decine di volontari sani per verificarne la sicurezza e monitorare gli effetti collaterali, la seconda coinvolge centinaia di persone, la terza migliaia.

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