IL SILENZIO SENZA INNOCENTI – di Massimo Carrano

C’è silenzio, a casa mia,
un condominio fatto strano, mezzo a schiera e mezzo ammassato, se spegni la televisione si sente solo il rumore cinese degli orologi da parete. È il mio ennesimo giorno di isolamento (ho cominciato prima), il secondo effettivo per tutti.

In questo tempo dilatato, io che vivo solo, devo ascoltarmi necessariamente; non per una qualche tendenza introspettiva ma perché la solitudine rende necessario che io mi sorvegli.
E inutile fare gli spavaldi con l’isolamento; perché la quarantena è tosta per tutti, per quelli soli e per quelli che convivono; per sopravvivergli bisognerebbe imparare dagli scalatori, quelli che prima di mettersi a cercare appigli casualmente offerti dalla parete, studiano un percorso di massima da seguire avendo qualche garanzia in più. Per questo, come va di moda dire in questi tempi, provo ad ascoltarmi.


Non va male, fino ad ora, ma il mio istinto di ragno mi dice che in qualcuno, l’ottimismo comunitario comincia a non funzionare; avanza dalle retrovie della psiche collettiva un morbo consueto , il vestitino narcisistico col quale vestiamo l’esordio di ogni disturbo. Del resto non è che lo stare tutti nella stessa barca procuri a tutti la stessa sensazione. Gli uomini comunitari, i solidali resisteranno più a lungo; i battitori liberi, quelli che hanno di sé una percezione suprematista, già ce li stiamo giocando. Sono quelli del “che cazzo canti a fare fuori al balcone che mi spaventi i cani!”, “stonato come sei al tuo posto starei zitto”, “che mi frega a me che hai i figli da tenere buoni”, “che diritto ti danno i figli di lamentarti più di me”.


Insomma, la schiera egoistica dei furbi o dei diversamente ingenui, comincia a dare segni del proprio malessere. A costoro gli sta sul cazzo la comunella civile, sopportano male l’obbligo dell’attenzione all’altro, e ancora meno sopportano l’attenzione dell’altro. I battitori liberi mordono il freno e già cominciano ad irrorare la rete di goccioline infette di saliva livorosa. Il povero virus ha fatto di tutto per cambiarci la vita, ma non possiamo incaricarlo anche del provvedere all’empatia di chi non l’ha mai posseduta.


Se mai dovessimo vincere questa battaglia, dovremo essere coscienti di avere vinto insieme, utilizzando le risorse dei nostri fratelli e sopportando l’intemperanza di alcuni di noi. Se veramente pensiamo di essere Nazione, gruppo, squadra, dobbiamo cominciare a pensare che nessun individuo che abbia compiuto atti dannosi, può essere ritenuto colpevole, se non del rappresentare la parte peggiore di noi tutti.

Vinceremo perché avremo saputo prenderci cura dei bambini e perché avremo saputo fare lo stesso con gli stronzi.

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