Luigi De Magistris, ex magistrato ed ex Sindaco di Napoli, il 22 novembre prossimo sarà a Morlupo, per presentare, presso l’Associazione culturale Bottega d’Arte, il suo libro “Fuori dal sistema”, edito da Piemme. Dialogheremo con lui il sottoscritto e la divulgatrice culturale Marianna Mariotti: si parlerà del De Magistris privato e pubblico, in un alternarsi di racconti che ripercorreranno la sua carriera professionale, umana e politica.
In vista dell’evento, ho posto a Luigi De Magistris cinque domande relative ad alcuni temi da lui affrontati nel libro, che presenteremo il 22 novembre.
Si è mai sentito tradito dallo Stato?
“Sono stato tradito più volte dallo Stato e dalle Istituzioni. Sono stato uno di quei magistrati fatti fuori non dalla ‘ndrangheta ma dai vertici dello Stato. Prima isolato e poi colpito da campagne di stampa, interrogazioni parlamentari, inchieste ispettive, procedimenti disciplinari e penali, bombardamenti istituzionali dai vertici della magistratura, dal Csm, dal governo, nel mio caso perfino dal capo dello Stato. Le mie indagini in Calabria furono bersagliate e fermate”.
Lei, nel libro “Fuori dal Sistema”, scrive: “Essere “fuori dal sistema” significa essere liberi”. Quanto è stato alto da pagare, da magistrato, il prezzo della libertà?
“Altissimo. E non solo da magistrato innamorato della giustizia. Anche da Sindaco il “sistema” ha cercato di colpire me e la mia squadra di governo locale: ha cercato di isolarci, colpirci, con sanzioni, bombardamenti mediatici e politici. Ci hanno persino tagliato fondi e costruito leggi tossiche per toglierci lentamente il respiro e metterci contro il popolo. Ma non ci hanno isolato, perché con il popolo invece ho costruito un rapporto autentico e vero e le mie vittorie elettorali a Napoli per ben due volte lo hanno testimoniato”.
Si può rimanere nelle istituzioni restando “fuori dal sistema”?
“Non solo si può ma si deve. Lo scudo è la Costituzione. Che è la principale e più profonda mia fonte di ispirazione. La Costituzione scandisce il battito della nostra vita civile ed è la via maestra che percorro da sempre”.
C’è chi sostiene che gran parte della magistratura in Italia fa politica. È così?
“La magistratura italiana non è un moloc. Le inchieste come sono state le mie, oppure le vicende di Falcone e Borsellino, come quelle di Di Matteo e di altri magistrati, evidenziano il cancro della penetrazione delle mafie e della corruzione anche della magistratura, che ha ampi settori intrisi purtroppo di inquinamento. Ci sono pezzi di magistratura che vanno molto a braccetto con la politica in modo assolutamente opaco e poco trasparente, il collante del potere occulto, delle massonerie deviate”.
Cos’è per lei la politica?
“La politica è passione, che poi si traduce in una vera missione, tesa a combattere le ingiustizie e a realizzare un mondo migliore. Per me fare politica è dare voce a chi non ce l’ha”.
Per chi vuole, per chi può, per chi si trova nei paraggi, l’appuntamento è già in agenda. Buona lettura!