Il numero di agosto 2017 de Il Nuovo dedica ampio spazio agli esiti delle scorse elezioni amministrative, che in molti Comuni della nostra area hanno aperto le porte dei municipi a nuove amministrazioni.

Fare il sindaco è un’attività entusiasmante, e l’inizio del mandato è un momento di grande progettualità. Abbiamo per questo dato la voce ai nuovi sindaci, con interviste in cui chiariscono e ribadiscono i loro impegni per il futuro.

Con la progettualità, vengono anche i rischi e gli oneri: amministrare piccoli e grandi Comuni è un’attività impegnativa e carica di responsabilità. Tuttavia, come evidenziano le problematiche emerse con la cosiddetta “circolare Gabrielli” sulla sicurezza degli eventi, l’imposizione di obblighi di legge sovradimensionati rischia di tarpare le ali all’entusiasmo e allo spirito di iniziativa. Anche di questo discutiamo all’interno di questo numero, riportando la posizione degli interessati.

Purtroppo i rischi collegati alla responsabilità degli amministratori possono essere anche molto più gravi di quelli rappresentati dalla circolare Gabrielli. Al momento di andare in stampa, il tribunale di primo grado di Roma ha annunciato la propria sentenza su un caso giudiziario che negli ultimi anni ha unito le sorti di molti Comuni della nostra area.

Ci riferiamo ovviamente a quel lungo processo che la stampa nazionale ha erroneamente (ora possiamo dirlo) definito “Mafia capitale”. In questo numero de Il Nuovo pubblichiamo una significativa intervista di Ruggero Po all’ex sindaco di Castelnuovo Fabio Stefoni, assolto con formula piena “perché il fatto non sussiste”.

La felicità per questa assoluzione non ci deve far dimenticare come l’indagine abbia travolto, spesso provocando giudizi sommari nell’opinione pubblica, non solo Fabio Stefoni ma anche altri sindaci e amministratori in tutta la Regione Lazio.

Solo nella nostra area, le intercettazioni e gli stralci dell’indagine pubblicati dai giornali hanno toccato e in qualche modo danneggiato ben quattro sindaci di quattro importanti comuni, in due casi imponendo misure altamente lesive della libertà individuale, quali la custodia cautelare, e imponendo la chiusura anticipata della consiliatura.

Oggi, la sentenza di primo grado ci dice che di questi quattro sindaci, solo uno è, allo stato, colpevole. Con la pubblicazione delle motivazioni capiremo meglio perché, e i prossimi gradi di giudizio chiariranno ulteriormente la vicenda. Le sofferenze subite e gli effetti sulle nostre comunità, tuttavia, restano.

Erano evitabili? Nel sistema giuridico italiano vige l’obbligatorietà dell’azione penale, e quindi non è possibile mettere in discussione la necessità delle indagini. Ma i “danni collaterali” possono essere evitati? Io credo di sì e penso che questa vicenda ci offra una grande opportunità di crescita civica comune.

Se da un lato non può mancare la fiducia nella magistratura e nel sistema giudiziario, che deve essere libero di indagare su chiunque si assuma l’onore e l’onere di amministrare la cosa pubblica, dall’altro è forse compito dei cittadini apprendere da vicende come questa che il garantismo è sempre l’opzione più conveniente, per tutti.

Giudicare si può, è un diritto, ma il giudizio deve arrivare a iter giudiziario concluso. Prima di ciò, è sempre meglio sospendere il giudizio, facendo nostra l’ottica garantista prevista dalla Costituzione.  Questo ci risparmia le lacrime e la compassione “a latte versato”, e tiene salve eventuali vittime di errori giudiziari.

Il garantismo, insomma, conviene.

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