Il teatro del Qua siamo!
Qua siamo! è il titolo dell’opera teatrale scritta e interpretata magistralmente da Flavia di Domenico e Marina Vitolo. Lo spettacolo ha avuto il suo debutto il 13 novembre 2021 al Teatro Porta Portese di Roma e le attrici sono ancora nel pieno del loro tour. Qua siamo! è un grido che pone l’accento sul diritto di esistere, sentimento comune a tutti gli uomini inteso come la necessità più profonda di essere visti e riconosciuti dagli altri. Nel mondo dello spettacolo questo bisogno è persistente.
L’attore è posto continuamente in una posizione di precarietà che oscilla tra l’essere e il non essere. Quanto è difficile per un attore affermarsi, quindi esistere e continuare a resistere?
Flavia Di Domenico su Qua siamo!
È difficilissimo, ed è proprio questo il tema che ci ha impegnate in questa commedia. L’idea è nata durante il lockdown, il periodo più difficile per l’attore che non aveva ancora una fama consolidata. L’idea era quella di scrivere un’opera che raccontasse, a modo nostro, dei temi seri in maniera leggera, comica, ma che facesse anche riflettere, anche perché, di risvolti amari, ce ne sono! Marina ha studiato a Napoli, io a Roma, quindi ognuna con le sue peculiarità, tipiche della nostra cultura e il nostro dialetto abbiamo giocato con le nostre diversità. Il resto è la nostra umanità.
Marina Vitolo su Qua Siamo!
Esistono due categorie di attori: l’attore di nome e l’attore del sottobosco. Il secondo lavora in maniera forse più dignitosa del primo. La difficoltà sta nel sapersi barcamenare nel sottobosco nel tentativo di essere un nome e di farsi ricordare. Il periodo in cui io e Flavia abbiamo scritto questa commedia è stato un periodo in cui l’attore era invisibile, perché ci è stata tolta la possibilità di esprimerci agli altri. Il difficile non è affermarsi, ma mantenere la notorietà. La domanda che un attore si pone continuamente è «Faccio di tutto per farmi vedere, oppure resto al mio posto facendo le cose in maniera dignitosa?». Capita che un attore accetti lavori che non sono di qualità, ma che danno visibilità. La crisi è questa.
Il teatro nel teatro.

Il metateatro utilizza una serie di procedimenti mediante i quali il teatro mette in scena se stesso. Con questo espediente si attua la rottura della cosiddetta “quarta parete”, ovvero la parete invisibile che divide il palcoscenico dagli spettatori. Il teatro così, diviene capace di rompere la finzione scenica e di mescolarsi con la vita vera e il pubblico presente. Espediente ancora oggi utilizzato – già messo in pratica nel III secolo a.C. dal commediografo latino Plauto e nel V secolo a.C. dal commediografo greco Aristofane – trova la sua evoluzione con il teatro di Pirandello, nel quale il metateatro non comporterà più solo una rottura della quarta parete e della finzione scenica, ma affronterà una più profonda riflessione sul rapporto tra quest’ultima e la vita reale.
La vostra commedia racconta di due attrici che si ritrovano a convivere all’interno di un teatro. Attraverso quali modalità, dal vostro punto di vista, il metateatro enfatizza il coinvolgimento dello spettatore con lo spettacolo e dell’attore con gli spettatori?
Flavia Di Domenico su Qua siamo!
Noi veniamo da una formazione classica, quindi Pirandello è un modello e un riferimento. Questo “entrare e uscire”, quindi il metateatro, è una delle modalità di racconto secondo me più coinvolgente e anche più interessante. Noi percepiamo che il pubblico è con l’attore, ne percepiamo la vibrazione. Noi abbiamo giocato sul trovarci e il Trovarsi, il monologo di Pirandello che Marina interpreta in maniera straordinaria. Il gioco è quello. Noi abbiamo la fortuna di interpretare la vita degli altri, che è un modo per esprimere la complessità della vita, questo è il nostro grande privilegio!
Marina Vitolo su Qua Siamo!
In maniera metaforica quel “entrare e uscire” è la vita dell’attore. Noi entriamo e usciamo dai nostri personaggi. Il personaggio che interpreti però te lo porti dietro, anche a casa. In maniera abbastanza metaforica entrare e uscire dal proprio personaggio accade nella vita di tutti.
Nell’opera, voi interpretate due attrici in cerca d’autore. Troviamo un’evoluzione della tragedia di Pirandello Sei personaggi in cerca d’autore, nella quale l’autore tenta di giungere a un significato universale, che sia concorde con tutte le verità dei personaggi, ma si accorge che questa ardua missione è effettivamente impossibile. Voi, invece, seppur con iniziale difficoltà, abbattete il muro dell’incomunicabilità, superando le incomprensioni. Quali sono i punti comuni che vi hanno permesso di aprivi alla comprensione e all’accettazione dell’altra?
Flavia Di Domenico su Qua siamo!
La condizione della vita vista al femminile. Solo le donne sono capaci di compassione, condivisione, complicità. Alla fine è proprio l’umanità, comune alla nostra condizione, che abbatte le rivalità. Non siamo giovani attrici, ma non siamo invecchiate invano, abbiamo vissuto il nostro percorso., La regia, a cura di Maria Francesca La Scala che è un’altra donna, così come l’aiuto regista e l’assistente di palco – la nostra opera è tutta al femminile – ha tirato fuori da uno scritto che era nostro, anche alcuni risvolti molto importanti e un altro punto di vista. Ha tirato fuori nuovi dei colori, all’inizio distanti dai nostri, ma che poi si sono fusi misteriosamente.
Marina Vitolo su Qua Siamo!
Avendolo scritto noi, è stato più facile trovare un punto di incontro personale, autoriale e attoriale. Abbiamo trovato un filo conduttore dei ruoli. Maria Francesca La Scala, attrice oltre che regista, è riuscita a vedere le cose da un’altra angolazione e questo ha costretto anche noi a considerare un altro punto di vista. Il processo è stato interessante, ma anche difficile! Noi avevamo le nostre zone di comfort e lei ce le ha tolte tutte. La sensazione è che, dall’inizio alla fine dello spettacolo, noi fossimo entrate in un frullatore dove abbiamo inserito diversità, difficoltà e perplessità, le abbiamo amalgamate ed è uscita fuori una nuova visione che ha unito i nostri punti di vista. Noi siamo la prova vivente che le diversità sono delle grandissime ricchezze.
Energia e complicità.

La competizione, soprattutto nel settore lavorativo, fa sì che in troppe occasioni le donne si considerino nemiche tra loro, invece che alleate. Sorellanza, complicità e competizione sono dinamiche contrastanti nel mondo femminile. Attraverso la vostra opera quale messaggio volete trasmettere alle donne?
Flavia Di Domenico su Qua siamo!
La competizione dovrebbe trasformarsi in fusione di energie, quindi in condivisione. Si può, purché ci sia rispetto, fondere le energie. Il nostro lavoro è fatto soprattutto di energie. Di memoria di studio, ma tanto di energia. Se si riesce, rispettando le peculiarità dell’altra, ad andare d’accordo, secondo me vengono fuori opere fantastiche. È come in un’orchestra. Raramente un ruolo è ugualmente adatto per l’una e per l’altra. Viene offerta una sfoglia di possibilità, il lavoro c’è.
Marina Vitolo su Qua Siamo!
Si dice che nell’ambiente dello spettacolo le donne siano rivali, ma ci si perde a essere questo. Il punto di forza delle donne è unirsi. Bisogna mettersi in gioco ed essere generose. Noi siamo la prova vivente di essere state generose l’una con l’altra. Non c’è chi prevale nella scena, siamo entrambe protagoniste e ci siamo rispettate nei tempi, nei ruoli e nei modi. Noi abbiamo generosamente, in maniera altruista, diviso la scena, senza prevaricare l’una sull’altra. Ognuna si è messa al servizio dell’altra. Le donne hanno la possibilità di essere invincibili. Io vengo dalla comicità, la donna comica non è considerata, una donna non può far ridere. Io ho partecipato anche a Zelig, ma mi sono resa conto che le donne sono ghettizzate. Su dodici uomini due sono le donne che arrivano in televisione. Questo purtroppo in tutti gli ambiti. Per le donne è tutto molto più difficile e noi abbiamo quest’arma, unirci! E non lo capiamo.
L’ironia della sorte vi fa ritrovare l’agognata fama non in quanto attrici, come era il vostro desiderio, quanto per un fatto di cronaca che vi ha viste protagoniste di un incidente comune. Da sempre l’essere umano si pone questa domanda, il destino esiste oppure no? Cosa pensate voi riguardo questo tema?
Flavia Di Domenico su Qua siamo!
Euripide avrebbe detto che il fato è comprimario nella vita dell’uomo, io invece credo che ognuno costruisca la propria vita. Sul piano religioso si potrebbe anche dire che c’è un disegno di Dio, poi nella concretezza della vita, aiutati che Dio t’aiuta! Però credo nei segni. Nella vita c’è un momento in cui passano dei treni. Se sali la tua vita prende una direzione, se non sali rimani a terra. Con Marina c’è stato un segno importante. Io e Marina ci conoscemmo cinque anni fa. Ero in un teatro, stavo scrivendo un’altra opera, Scacco Matto, l’ho vista in scena e ho detto, voglio lei! I miei compagni di allora, il regista, che tra l’altro è il direttore del teatro Porta Portese di cui sono socia, mi disse «Sì, è brava!».
Marina Vitolo su Qua Siamo!
Io invece credo nel destino. Io e Flavia siamo arrivate a conoscerci per stranissime coincidenze. Tutto si è messo in modo da farci perdere di vista ad un certo punto, ma lo sentivamo che avevamo molto da dare insieme. Questo è destino secondo me. Dopo tempo ci siamo ritrovate. Alla sua proposta io ho detto di si, di pancia, senza conoscerla.
Ci diamo appuntamento il 19 marzo a teatro Potlach!
L’opera ha debuttato il 13 novembre al teatro Porta Portese, poi ha partecipato alla rassegna Il sipario delle donne presso il centro culturale Artemisia il 4, 5 e 6 marzo.
«Il 19 marzo saremo al teatro Potlach di Fara Aabina e il 29 maggio a Montopoli dove chiuderemo una rassegna, poi chissà!»
Flavia Di Domenico e Marina Vitolo.
Oltre a questo spettacolo state già lavorando ad dei progetti futuri?
Flavia Di Domenico
Io sto portando Pirandello con Il berretto a sonagli, che andrà a Monza.
Marina Vitolo
Io devo riprendere Sottobanco, con la regia di Boccaccini e Gaia De Laurentis.
«Ci sarà un sequel di Qua siamo!».
Flavia Di Domenico e Marina Vitolo.
Beh, non ci resta che andare a vederlo!!