Angelo Litrico si trasferisce giovanissimo dalla sua Sicilia e apre a Roma la Maison Litrico, è il 1951. Ha già nel suo dna tutti i presupposti che la porteranno a divenire una delle sartorie dell’Alta Moda Italiana più famose ed apprezzate nel mondo. Si potrebbe dire che la storia sia passata tra le abili forbici della Sartoria Litrico, poeti, uomini di stato, attori, papi e tutti i potenti del secolo scorso hanno apprezzato l’arte del maestro Litrico.
Luca Litrico fa parte della terza generazione alla guida della sartoria, la produzione è nel nuovo millennio ma con gli stessi valori del padre e dello zio.
Lo abbiamo incontrato per scoprire qualcosa di nuovo e qualcosa di antico dell’arte sartoriale, dell’importanza del prodotto italiano e un po’ di storia.
Nel 2009 il Ministero dei Beni Culturali ha riconosciuto il vostro archivio come “particolarmente importante”.
Si, l’archivio è vastissimo è composto da materiale audio-video. Ci sono sfilate, foto, registrazioni d’interviste, corrispondenza privata con i più potenti capi di stato e un’ampia raccolta di articoli stampa dal ’57 ad oggi, mio zio ha iniziato sin da subito a raccogliere e conservare tutti gli articoli che lo riguardavano. Ce ne sono in tutte le lingue e sono la testimonianza di quello che abbiamo fatto nel campo della moda.
Il ministero ha inserito questa raccolta “nell’archivio della moda del ‘900” insieme al patrimonio storico di molte altre sartorie italiane.
Per quanto ci riguarda rappresenta anche una fonte d’ispirazione, capita spesso che riproponiamo dei capi del passato in chiave moderna, come ad esempio la giacca-camicia che abbiamo appena presentato con il nome di Kennedy perché ispirata alla giacca che fece mio zio proprio per Kennedy. La moda è ciclica.

Made in Italy, per voi cos’è ?

Il vero Made in Italy è al 100% prodotto in Italia, quindi parliamo di tutta la filiera produttiva dai materiali al prodotto finito. Nell’abbigliamento maschile noi abbiamo gettato una pietra miliare importante, negli anni ’50 mio zio fu il precursore, uno dei primi a firmare contratti con il Giappone, Stati Uniti.

A chi s’ispira per le sue creazioni ?

Alla natura a 360 gradi, adattando i capi al tempo in cui viviamo. La moda è anche lo specchio dei tempi. Noi siamo legati a 4 parole: tradizione, innovazione, eleganza e Made in Italy. La nostra filosofia è partire dallo studio della natura e della vita quotidiana ed interpretare le necessità dell’uomo moderno. Realizziamo creazioni che abbiano questi 4 elementi restando fedeli agli ingredienti che hanno fatto grandi i nostri capi: la qualità al primo posto. Le materie prime selezionate per esempio, molte ore di lavorazione, il ferro da stiro a secco come si faceva tanti anni fa, lasciare asciugare il tessuto sulla tela sono elementi della tradizione che fanno la qualità. L’innovazione è nello stile, nella moda.

Condivide con noi un ricordo della sartoria?

Mi viene in mente un episodio legato ad Andreotti. Io ero molto piccolo ma stavo in sartoria a fare i compiti. L’onorevole Andreotti era molto freddoloso e si fece fare un gilet trapuntato sulla schiena e io ho impressa la trattativa fatta per trovare questo stratagemma per stare più caldo.

Perché fu definita ” la sartoria che con le sue forbici tagliò la cortina tra Usa e URSS ?

Mio zio è stato il precursore del Made in Italy e il primo che fece una sfilata in Russia nel 1957. Fu invitato a Kiev da Nikita Krusciov segretario del partito comunista e gli portò in dono un cappotto, lo realizzò senza avere le misure solo regolandosi con le foto deI giornali. Krusciov se ne innamorò e gli chiese di realizzare tutto il guardaroba per vestire ” occidentale” in occasione del viaggio alle Nazioni Unite a New York , comprese le scarpe che avrebbe sbattuto sul tavolo durate l’assemblea delle Nazioni Unite. Krusciov dichiarò ai giornali di tutto il modo che ai “fini del disgelo” aveva deciso di vestirsi così all’italiana e per questo aveva scelto il maestro Angelo Litrico, mio zio. Ne parlarono in 37 lingue diverse, la sartoria divenne famosa, tutti si fecero fare i vestiti da noi, da Nixon a Kennedy da Peron a Tito, persino gli astronauti.

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