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Le Dolomiti non sono solo una mèta turistica, ma anche un luogo in cui – più che altrove — è impossibile sfuggire al confronto con la tragedia storica della Grande Guerra, soprattutto a cent’anni dalla sua conclusione.

È così che quest’estate, fra una visita all’austero cimitero militare tedesco del Passo Pordoi e una conferenza sul ruolo delle donne nella Grande Guerra, mi sono trovata a rispolverare un po’ di nozioni e fare un po’ di riflessioni e paralleli con la situazione attuale.

In fondo, a cosa serve la Storia se non a riflettere sul presente?

UN CASUS BELLI CHE NON LO ERA

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Conferenza le Donne nella Grande Guerra – Franz Pozzi Brunner, Arabba agosto 2019

Quello che scrivo qui lo devo ai racconti di Franz Pozzi Brunner, eccentrica guida storica alpina che ha passato la vita a studiare la storia della Grande Guerra, incontrandone molti protagonisti.

La prima nota è banale, ma comunque suggestiva. Sappiamo tutti che la Prima Guerra mondiale inizia ufficialmente con l’assassinio dell’erede al trono dell’impero austro-ungarico Francesco Ferdinando (e della sua sposa), compiuto materialmente dall’irredentista bosniaco Gavril Princip.

Un gesto spontaneo del popolo contro le élites, insomma. Tuttavia, gli storici sembrano ormai concordi nel ritenere che dietro all’attentato ci fossero i finanziamenti e il supporto di due superpotenze dell’epoca, Russia e Gran Bretagna, interessate a causare il collasso del vecchio impero austroungarico.

Ora come allora, per quanto ammantate dalla propaganda, le guerre hanno sempre degli attori e degli interessi nascosti, di cui dovremmo (come cittadini) diffidare. Anche perché a morire siamo noi.

L’INCREDIBILE LEGGEREZZA

Incredibilmente (o forse no), l’idea di andare in guerra fu inizialmente accolta con grande entusiasmo dai sudditi, su entrambi i fronti. Così infatti testimoniano non solo le fonti ufficiali, ma anche la piccola cronaca e le lettere dei soldati alle famiglie.

Dal lato degli austro-ungarici esisteva inoltre la convinzione che la guerra sarebbe durata “poche settimane”. Una guerra lampo, da iniziare senza esitazioni e concludere con vigore.

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La testimonianza di F. Bernard, soldato austriaco di lingua italiana – Museo della Grande Guerra in Marmolada

Come si scoprirà molto presto, tuttavia, le cose non andranno proprio così. La Grande Guerra coinvolgerà ventuno popoli e si srotolerà in cruente e inutili carneficine. Lo testimonia per tutti, l’interminabile battaglia di Verdun, emblema di una “battaglia inutile in una guerra inutile” in cui il numero di morti è ancora incerto, ma si avvicina probabilmente al milione.

Una lezione da tenere a mente, contro ogni semplificazione.

IL RUOLO DELLE DONNE

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Operaie “militarizzate” – Prima Guerra mondiale

La Grande Guerra è anche un momento storico in cui i paesi e le campagne si svuotano di uomini e la società chiede alle donne di uscire di casa, abbandonare il tradizionale ruolo di angelo del focolare e assumere ruoli e responsabilità nella società e nel mondo del lavoro.

Non solo “operaie militarizzate” nelle fabbriche di armi, ma anche dirigenti delle poste e di altre istituzioni che fino a quel momento erano stati appannaggio esclusivo degli uomini.

Nondimeno, ricorda Brunner (ma non solo), la presenza dei corpi femminili in luoghi pubblici e di responsabilità, per quanto necessaria, continuò a suscitare reazioni di scandalo e ad essere percepita come un attentato alla moralità.

Se pensiamo alle offese che le donne che occupano posizioni pubbliche o di potere ricevono ogni giorno sui social, direi che non siamo cambiati molto. Il corpo delle donne dà ancora scandalo.

ELOGIO DEL COMPROMESSO

La guerra è per definizione la fine del dialogo, il momento in cui tutte le norme della società civile, il rispetto per le regole, per i diritti e per l’incolumità altrui, crollano di fronte all’illusione secondo cui i problemi possono essere risolti con la forza.

Eppure è proprio quando crollano le regole e prevale la forza che i peggiori hanno l’opportunità di dare il peggio di sé. Le regole delle nostre società democratiche possono suscitare insofferenza e frustrazione, ma l’esperienza storica ci dimostra che l’assenza di regole crea mostri molto peggiori, pronti a fagocitare le migliori energie della nostra società.

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Sacrario germanico del Passo Pordoi in memoria dei caduti austro-tedeschi della Grande Guerra

Il monito espresso dai soldati che troneggiano enormi all’interno dell’ossario di Passo Pordoi, credo sia proprio questo. Come spiega una nota all’ingresso del cimitero, scritta con teutonica precisione, in quel luogo non si celebra la guerra, ma si chiede, semplicemente, riposo e pace.

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