Oggi, 6 febbraio 2022, è la Giornata Internazionale dedicata alla lotta contro le mutilazioni genitali femminili.

6 febbraio 2022: giornata internazionale per la lotta alle mutilazioni genitali femminili

La nascita di tale Giornata risale al 2012, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta all’unanimità la prima risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili.

Purtroppo, questa risulta essere ancora oggi una pratica abusiva che coinvolge molte donne e ragazze. Si stima, infatti, che almeno 200 milioni di donne vivono attualmente nel mondo con le cicatrici di qualche forma di mutilazione genitale subita nel corso della propria vita.

Perché parliamo di abuso?
Le mutilazioni genitali femminili, ovvero quelle procedure che danneggiano in maniera permanente i genitali femminili per motivi non medici e non terapeutici, rappresentano una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze poiché mettono a serio rischio la loro salute fisica e psicologica.

Le complicanze fisiche di tale pratica possono essere immediate (emorragie, infezioni, febbre, shock, setticemia, tetano, infezioni HIV e, in alcuni casi, morte); a medio e lungo termine (serio rischio di vulvovaginiti, infezioni pelviche, depressione reattiva, disturbi dell’alimentazione con malnutrizione ed anemia, difficoltà e dolore durante il rapporto sessuale, dismenorrea); ostetriche; psicologiche e sessuali

Quest’anno il tema portante è incentrato sul come accelerare gli investimenti per porre fine a questa pratica purtroppo ancora largamente diffusa.

Un’atrocità che deve finire

Ma perché si praticano ancora le mutilazioni genitali femminili?

La situazione in Africa

L’11 luglio del 2003 l’Unione Africana adotta il Protocollo di Maputo, ovvero un trattato composto da 32 articoli che, introducendo una serie estesa di diritti delle donne, si pone il compito di proteggere e rafforzare il ruolo della donna, condannando formalmente per la prima volta tutte le pratiche tradizionali lesive dell’integrità fisica e psichica delle donne, come le mutilazioni genitali femminili.

Ad oggi è stato firmato da 42 paesi dell’Unione Africana e ratificato da 20.
Ma non basta.

Le mutilazioni genitali sono praticate in trenta paesi del mondo che, a parte Yemen, Iraq e Indonesia, si trovano tutti in Africa. In questi paesi dell’Africa subsahariana le mutilazioni genitali femminili non sono una pratica illegale e anzi chi cerca di opporsi finisce per subire minacce, ritorsioni e allontanamento dalla società.
I motivi sono per lo più di stampo culturale o meglio, se permettete, parlerei di vero e proprio stigma culturale.

Le mutilazioni genitali vengono inflitte per lo più tra i 4 e i 14 anni di età delle bambine/ragazze

In alcune società, la pratica è considerata un rito di passaggio all’età adulta e di appartenenza alla comunità; in altre, è vista come un prerequisito per il matrimonio e in altre ancora le motivazioni sono di un ingiustificato carattere religioso. Per molte donne è una pratica così profonda e radicata che non riescono a concepire la possibilità di abolirla.

È anche l’ignoranza a far da carburante a queste credenze. Alcune convinzioni attribuirebbero alle mutilazioni genitali femminili caratteristiche inesistenti, come: l’aumento della fertilità, la facilitazione del parto, la prevenzione della promiscuità, la prevenzione di parti con feto morto e altro ancora.

Niente di più falso scientificamente parlando e, come specificato in precedenza, le mutilazioni genitali femminili danneggiano gravemente la salute psicofisica delle bambine e delle donne.

Ecco alcune delle testimonianze dirette di donne africane che hanno praticato e/o subito le mutilazioni genitali femminili:

Lo facevamo perché non sapevamo: pensavamo di proteggere le ragazze dallo stupro”.

“Abbiamo smesso ma quel lavoro ci manca perché rendeva molto bene. Ma ora ci sentiamo meglio perché erano soldi proibiti”.

“Abbiamo spiegato alle altre donne che l’infibulazione va contro la religione islamica”.

“Quel dolore è stato peggiore di quello del parto”.

“Quando ricordo quel dolore provo tutt’ora rabbia”.

“La prima notte di nozze mi hanno tagliata con una lametta. La mia vagina sanguinava e ho dovuto avere un rapporto con lui. È stato molto doloroso, ho pianto e sono corsa via. Mio marito mi ha detto: ‘ti devi abituare’”.

“Partorire è stato molto problematico per me […] mi sentivo come un animale morto”.

Ora so cosa significa e decido di testa mia. Metto in guardia anche gli altri sul fatto che le mutilazioni genitali portano solo problemi e dico ai miei vicini di smetterla di fare questo alle loro figlie”.

“Ci siamo passate tutte quante dai problemi causati dalla mutilazione genitale. Molte bambine muoiono”.

Ti tagliano con un coltello, ti cuciono e, quando devi dormire con un uomo, lui non può entrare e allora usa di nuovo il coltello e apre”.

Volevano farmi sposare con un uomo di 60 anni. Così sono scappata. Ho rifiutato la mutilazione genitale perché andavo a scuola. Anche mia madre aveva subìto la circoncisione ma io non ho voluto. Mia madre adesso è morta. Aveva detto: ‘se portate mia figlia a scuola, via dal matrimonio, io mi ucciderò’. E s’è impiccata”.

Gli uomini credono che quando nasce una femmina porterà cibo e ricchezza con la dote del matrimonio quindi la sottopongono alla mutilazione genitale per darle più valore affinché venga richiesta in sposa”.

“Secondo la cultura Pokot, se non sei circoncisa sarai sempre considerata come una bambina anche quando avrai 40 anni o a qualsiasi età. Non puoi esser vista come una donna normale e degna di rispetto. Ecco perché le famiglie fanno circoncidere le figlie”.

Ho praticato questo mestiere per oltre 60 anni. Ho tagliato e cucito tante di quelle ragazze che non ne ricordo il numero. So bene quali problemi comporti questa pratica. Una ragazza che è stata tagliata e cucita ha tanti problemi con il matrimonio, così io venivo chiamata di nuovo per aprire la cucitura la prima notte di nozze. Oggi, anche se sono sconfortata per la mancanza di un reddito, ho capito che l’attività che ho svolto per tutta la vita è molto dannosa e non rimpiango di aver smesso”.

Secondo la tradizione, quando il marito lascia la casa per lungo tempo, prima che lui parte, e in sua presenza, la donna deve essere ricucita di nuovo. Il marito conta il numero dei punti e quando ritorna li conta di nuovo per verificare che la donna sia rimasta pulita”.

“Lo facevamo perché non sapevamo”.

Queste sono alcune delle parole più significative tratte dalle testimonianze raccolte da Emanuela Zuccalà e Simona Ghizzoni che, nel loro video reportage intitolato Uncut per il settimanale italiano d’informazione Internazionale, hanno fatto parlare donne africane direttamente coinvolte nelle aberranti pratiche di mutilazioni genitali sia come ex artefici sia come vittime.

Se ne evince un sistema patriarcale maschilista in cui la donna, succube e psicologicamente compromessa, risulta totalmente condizionata nelle sue scelte fino a far proprio un pensiero che, visto il dolore subito, autonomamente non sceglierebbe mai.

Edna Adan Ismail, infermiera e ostetrica, e prima donna africana a denunciare pubblicamente gli effetti devastanti delle mutilazioni genitali femminili afferma: “Perché pensate che io stia combattendo contro questo problema? Perché è orribile, perché è dannoso, perché è doloroso. Perché uccide, perché danneggia. Ecco perché sto conducendo la mia battaglia. Non è come tirare le mie orecchie, le mie labbra o il mio collo. È vita e morte per la madre o per il bambino oppure per entrambi. Ecco cos’è la mutilazione genitale femminile”.

Il Parlamento Europeo stima che circa 500 mila immigrate residenti nell’UE abbiano subìto una forma di mutilazione genitale.

Come si impegna l’Italia per contrastare le mutilazioni genitali femminili?

In Italia il numero di donne attualmente presenti che sono state sottoposte durante l’infanzia a una forma di mutilazione genitale si aggira tra le 60.000 e le 81.000. Il gruppo maggiormente colpito è quello nigeriano insieme a quello egiziano. Il numero è alto e non si può ignorare.
Dal 2006 l’Italia si è dotata di una legge specifica contro le Mutilazioni Genitali Femminili: la legge 9 gennaio 2006 n. 7, “Disposizioni concernenti la prevenzione ed il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”.

È prevista la reclusione per chi effettua la mutilazione e la lesione degli organi genitali, fino alla decadenza dall’esercizio della responsabilità genitoriale. La legge impone anche una serie di misure preventive, servizi di sostegno per le vittime di tale abuso e iniziative di informazione e formazione.

Lo squarcio dell’anima

Questi corsi di formazione per il personale hanno il fine di renderlo più preparato a individuare i casi e soprattutto a gestirli in tutte le varie problematiche.
In sette Regioni Italiane sono stati istituiti dei centri Regionali di riferimento, dove sono stati delineati dei percorsi ad hoc per le donne con mutilazioni genitali femminili, con personale qualificato ed appositamente preparato a fronteggiare le varie problematiche che si possono verificare in questo ambito.

Il centro di riferimento del Lazio per l’assistenza ed il trattamento chirurgico delle complicanze sanitarie correlate alle mutilazioni genitali femminili è l’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini, in Circonvallazione Gianicolense 87-00152 Roma.

Ad oggi, comunque, seppure si sia sviluppato in Italia un Piano di azione nazionale per porre fine a questa pratica, le risorse messe finora a disposizione non risultano essere sufficienti.

Qual è il prezzo della cultura?

Come è possibile che ci sia gente che ancora oggi vive così, succube di un’usanza che può arrivare a ucciderti?
Ricordate quale era, ad esempio, il ruolo della donna anche meno di cento anni fa? Senza andare troppo lontano, anche restando qui in Italia. Ovunque, la donna era l’angelo del focolare che aveva come unico scopo nella vita quello di crescere i figli, badare alla casa e venerare il marito come una sorta di dio che si occupava delle cose importanti e del lavoro. L’uomo doveva essere servito, riverito e ringraziato e se la donna osava lamentarsi o si permetteva di cedere psicologicamente anche solo per un attimo, era per tutti in preda all’isteria, una malattia inventata che per molti anni è stata usata per ostacolare, imprigionare o patologizzare la condizione femminile.

Cosa c’entra?
Il cervello umano è uno strumento incredibile, potentissimo, capace di creare partendo dall’immaginazione e in grado di render tangibile qualcosa che è inizialmente solo pensato come l’esistenza stessa, ma spesso cade vittima di trappole che egli stesso crea.

In un’intervista il Dr. Lutz Jäncke, titolare di una cattedra in neuropsicologia presso l’Università di Zurigo, afferma:
Il cervello umano è un organo estremamente flessibile, che si evolve costantemente in funzione delle esperienze, dell’ambiente personale. […] Gli esseri umani sono molto irrazionali e tremendamente vulnerabili alle manipolazioni. Mi stupisce sempre più spesso l’irrazionalità umana. Siamo del tutto indecifrabili nel nostro agire quotidiano. L’uomo non va certo migliorando. La sua intelligenza non è aumentata nel corso dell’evoluzione. E già questo è piuttosto sorprendente, non crede?”.

Il nostro cervello ha risorse limitate che cerca di ottimizzare, risparmiandole. Uno dei modi in cui l’uso delle risorse energetiche viene ottimizzato è creare degli schemi di ragionamento e cercare di applicarli al maggior numero di situazioni possibili. Ed ecco come nascono gli stereotipi.

La conoscenza è una cosa bellissima quando non nuoce agli altri.
Le convinzioni e le convenzioni possono essere altamente dannose.
Le mutilazioni genitali femminili sono uno spicchio di questa parte di mela marcia.
C’è bisogno di consapevolezza.
C’è chi nella vita non fa la scelta esatta perché non conosce le alternative.
Poiché spesso sono le pressioni sociali a mantenere viva questa tradizione, è indispensabile che le persone che si trovano nelle zone dove le mutilazioni genitali femminili sono ancora praticate ricevano maggiori informazioni sui benefici dell’abbandono di questa pratica.
Lo facevamo perché non sapevamo”.

E mi sembra abbastanza eloquente.

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