Dalla Regione 400mila euro per garantire lunga vita al lupo e supporto agli allevatori. «La coabitazione è possibile – spiega il Direttore della Direzione Capitale naturale, parchi e aree protette Vito Consoli –. Non possiamo lasciar soli gli allevatori dinanzi al ritorno del lupo in aree del Lazio da cui si era estinto secoli fa, ma al contempo dobbiamo garantire al lupo i suoi spazi affinché svolga negli ecosistemi il ruolo ecologico insostituibile di predatore, soprattutto di cinghiali».

Ventidue gli allevamenti protetti, se nelle colline tiberine

Per raggiungere questo stato di equilibrio nel 2019, con la deliberazione n. 690, la Giunta Regionale ha varato e finanziato alcune linee di intervento per la coesistenza lupo – zootecnia. Una di queste, portata avanti dalla Direzione Capitale naturale nelle aree protette regionali e nei siti della rete Natura 2000, è la sperimentazione di una prevenzione ad hoc che integri più strumenti con la supervisione di un tutor. Ad oggi sono 22 le aziende coinvolte, situate dentro o a ridosso di otto aree protette regionali. Nelle terre de “Il Nuovo”, da Prima Porta al Soratte, gli allevamenti coinvolti sono due a Campagnano di Roma, tre a Magliano Romano e uno a Sacrofano. «La prevenzione che stiamo promuovendo nel progetto pilota – spiega il Direttore Consoli – prevede da parte dei tutor l’anamnesi, cioè la ricostruzione della storia degli eventi di predazione subiti dall’azienda, e l’analisi, cioè la valutazione della situazione contingente, dell’ambiente, del tipo di bestiame e così via. Solo dopo questa fase il tutor suggerisce le strategie di prevenzione ritenute migliori per minimizzare il rischio di attacco e ne segue poi i risultati».

Recinzioni, fototrappole, cani pastore abbruzzesi

Il progetto prevede la fornitura di recinzioni, fototrappole, radiocollari per i cani e il bestiame, cani da guardianìa provenienti da linee di discendenza che da generazioni svolgono questo lavoro, insieme alle cure veterinarie di base, alle indicazioni gestionali da parte dei tutor e persino a interventi di sterilizzazione e castrazione. «La neutralizzazione riproduttiva dei cani da lavoro, eseguita da veterinari specializzati, non altera l’attitudine del cane alla difesa del bestiame e ha almeno tre vantaggi: evita “distrazioni” dei maschi quando le femmine vanno in calore, solleva l’allevatore dall’incombenza di trovarsi ogni anno cucciolate da gestire e contribuisce a ridurre l’abbandono e il randagismo». Il contrasto al randagismo è una delle linee di intervento della Direzione Salute.

Combattere randagismo per limitare ibridazione

«È lavorando sul randagismo che si contrasta l’ibridazione, cioè l’incrocio tra lupo e cane con la nascita di prole fertile – spiega ancora il dott. Consoli –. L’ibridazione è un problema gravissimo per il lupo perché ne causa un inquinamento genetico senza ritorno. I primi dati raccolti nel progetto Life MircoLupo, nell’Appennino Settentrionale e nel Gran Sasso, indicano per fortuna che gli ibridi studiati si comportano in branco come i lupi e hanno la stessa diffidenza verso l’uomo. Tuttavia, più aumentano nel lupo le varianti genetiche domestiche frutto di circa trentamila anni di selezione artificiale, più cambia il suo patrimonio genetico frutto dell’evoluzione naturale, con conseguenze oggi non prevedibili». La Direzione Regionale Agricoltura ha inoltre finanziato nel 2021 i cani da guardianìa e la copertura assicurativa per lo smaltimento delle carcasse del bestiame e ripeterà questi due interventi nel 2022.

In corso monitoraggio per definire popolazione lupi nel Lazio e in Italia

Quanti sono i lupi nel Lazio? «Non lo sappiamo – risponde il dott. Consoli –, abbiamo le idee chiare per alcune aree protette che da anni studiano il lupo. Ad esempio, nei Monti Simbruini e dintorni il personale del parco da oltre quindici anni rileva tre – quattro branchi l’anno. Nel Parco di Veio il lupo è tornato solo cinque anni fa dopo un’assenza di oltre un secolo e oggi ci sono tre branchi nel Parco e a ridosso di esso. Un branco si muove e caccia in un’area che, nell’Italia peninsulare, va da circa 70 fino a oltre 150 km quadrati, e ovviamente non conosce i confini amministrativi tipo dentro-fuori parco». La prima stima della distribuzione e del numero di individui nel Lazio e in tutta Italia verrà dallo studio pilota del futuro piano di monitoraggio nazionale, intrapreso dal Ministero dell’Ambiente e dall’ISPRA all’inizio del 2019 e che in questi mesi vede le Regioni e le Province Autonome, i Carabinieri Forestali e alcune associazioni impegnati nella raccolta dei dati di campo. La Regione Lazio partecipa con circa 160 operatori delle aree protette e della Direzione Capitale naturale, che stanno raccogliendo i dati secondo il protocollo nazionale con il rilevamento di segni di presenza (escrementi, piste, carcasse, segnalazioni da terzi, immagini da fototrappole) in celle campionarie di 10 x 10 km.

Presenza lupo fondamentale per caccia cinghiali

La presenza del lupo è aumentata spontaneamente in Italia e nel resto d’Europa dagli Anni Ottanta ad oggi: l’abbandono di vaste aree montane e collinari prima destinate all’agricoltura e al pascolo, lo spopolamento dei piccoli centri rurali, delle campagne e dei boschi, la tutela legale del lupo e l’istituzione di aree protette hanno creato le condizioni ottimali per il suo ritorno naturale, soprattutto alla luce della crescita recente delle popolazioni di ungulati, in particolare di cinghiale, che nell’Italia peninsulare è oggi la preda principale di questo predatore.

Foto gentilmente concessa da Matteo Luciani , dal libro Custodi Erranti.

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