Un lunedì speciale quello del 10 giugno a Riano, tutto dedicato a “Tempesta”. Al centro di Piazza Piombino, davanti al Castello, per un giorno intero – dopo la Cerimonia presso il Monumento sulla via Flaminia – sono state protagoniste parole come coraggio, competenza, passione, coerenza, intransigenza applicate alla politica che in questi nostri giorni spesso dimostra di averne perso il senso, di averle quasi espunte dal proprio vocabolario.

Si ricordava Giacomo Matteotti, il deputato socialista, che proprio di quelle parole nutriva il suo agire politico, nel Polesine, la sua terra, e in Parlamento.

Ricorreva lunedì il centenario del suo rapimento avvenuto a Roma il 10 giugno 1924, e l’uccisione immediata da parte di una banda fascista, i cui membri erano molto vicini a Mussolini.

Matteotti era in quei giorni del 1924 una zeppa fastidiosa che inceppava le magnifiche e progressive sorti del fascismo verso la dittatura. Quelle sue denunce in Parlamento stonavano, infastidivano, sporcavano le camicie nere di macchie con le insopportabili accuse, documentate, di brogli generalizzati ai seggi nel corso delle ultime elezioni politiche, di aver fatto ricorso alla violenza delle squadracce in modo sistematico per intimorire e condizionare il voto. 

Una piazza senza retorica

Va dato merito al sindaco Luca Abbruzzetti di aver praticato “l’ascolto” e organizzato un evento esente da retorica ma colmo di sentimento, al quale hanno partecipato anche le autorità istituzionali della Regione Lazio e del Comune di Roma.



La piazza, piena fino a notte con la Staffetta di interventi,  da parte di scrittori, giornalisti, ex partigiani, ragazzi delle scuole medie di Riano. Il violino del piccolo Francesco Persia ad accompagnare il coro “Bella ciao”.

In serata faceva fresco nella piazza del Castello a Riano, ma era solo un refolo di vento: niente rispetto al calore della gente che ha dato senso e corpo alla parola partecipazione. Le foto lo raccontano.

Giacomo Matteotti, per sua intransigenza antifascista, era soprannominato dalla sua gente “Tempesta”.

Cento anni dopo, forse,  avremmo ancora bisogno di “Tempesta”.

N.B. Le foto che corredano questo articolo sono di Danilo Rossi.

 

 

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