“Solo se dico sì…”

Mercoledì scorso la Svezia ha approvato la nuova legge sulla violenza sessuale, che sarà basata sul principio del “consenso dichiarato”.

Fino a mercoledì la legge che puniva la violenza carnale sosteneva che la vittima avrebbe avuto l’obbligo di dimostrare di essere stata costretta con forza al rapporto sessuale.
Restare passiva durante l’atto era ritenuto inoltre segno di partecipazione volontaria al rapporto.

Ora cambierà tutto.

Come si può leggere sul sito del Governo svedese: “Se una persona vuole impegnarsi in attività sessuali con qualcuno che rimane inattivo o dà segnali ambigui, dovrà scoprire se l’altra persona è disponibile”.
E dovrà farlo chiedendo un assenso esplicito.

Ci sono voluti cinque anni di battaglie del movimento femminile per arrivare a questa svolta.
Battaglie iniziate all’indomani di una sentenza di assoluzione nei confronti di tre giovani che avevano penetrato una ragazza con una bottiglia e si erano difesi con il classico “lei non ha detto niente, quindi ci stava…”.

E a poco servirono le deposizioni della minorenne, che disse di “essere rimasta paralizzata dal terrore”.

Ora servirà un “sì”

Ora servirà un “sì”, se non si è certi della reale volontà altrui. E lo si fa con uno strumento legislativo che riprende in pieno i principi stabiliti dalla Convenzione di Istanbul del 2011 sulla violenza sulle donne.

La Convenzione, tra le altre cose, prevede che le nazioni firmatarie debbano considerare illegale qualsiasi forma di atto sessuale che non preveda il consenso dei partecipanti.

Nonostante sia stata firmata dalla maggior parte dei paesi europei, sono pochi quelli che hanno cambiato le proprie leggi per riconoscere il sesso non consensuale come stupro.

Quali?
Il Regno Unito, la Germania, il Belgio, l’Irlanda, Cipro e l’Islanda.

L’Italia?
Non pervenuta

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