Presente in occasione della mostra “Un Secolo d’Azzurro” andata in scena a Filacciano, Chiara Marchitelli rappresenta un’istituzione del calcio femminile italiano. Il suo palmarès annovera tredici titoli nazionali (quattro scudetti, quattro Coppe Italia e cinque Supercoppe), oltre a 52 presenze con la maglia della nazionale e più di 300 partite disputate in Serie A. 

Insieme all’ex portiere delle Azzurre abbiamo parlato di professionismo, sport femminile, della storia di numerose bambine e ragazze che hanno cominciato a giocare nel rettangolo verde a cavallo tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del millennio, ma anche di futuro: oggi, infatti, Chiara Marchitelli è accompagnatrice della Nazionale ed ha seguito le Azzurre in occasione degli ultimi impegni contro Svizzera e Lituania (validi per la qualificazione ai Mondiali del 2023 che si disputeranno tra Australia e Nuova Zelanda). 

I primi calci al pallone, Chiara inizia a darli proprio per le strade di Filacciano: “Ho iniziato proprio per strada con gli amici, vicino al comune. Poi, a 12 anni, ho giocato insieme ai maschi a Nazzano, cosa possibile fino all’età di 14 anni: le squadre femminili c’erano, ma la più vicina era a Roma. Superata quell’età sono entrata nella Lazio che si allenava a Riano.” Ed è proprio con le aquilotte che inizia l’avventura tra i pali delle porte di Serie A, campionato nel quale Marchitelli militerà fino al termine della stagione 2020-21.  

Rispetto ai colleghi uomini però, la vita delle donne nel mondo dello sport presenta molte meno agevolazioni: “In Italia nessuno sport femminile è riconosciuto come professionistico, quindi il paragone tra maschi e femminile ancora oggi è infattibile. Fortunatamente ciò cambierà a partire dal 1° luglio, quando anche le calciatrici di Serie A saranno riconosciute come professioniste. Speriamo che, anche in questo ambito, il calcio possa fare da apri-pista per gli altri sport.” 

Per dare un’idea di cosa significhi ciò, basti pensare che atlete come Federica Pellegrini, Flavia Pennetta e Valentina Vezzali (oggi sottosegretario di Stato con delega allo sport) nell’arco della loro intera carriera, non sono state professioniste. “Senza professionismo non vengono riconosciuti tutta una serie di diritti che invece lo sono per i normali lavoratori – spiega Chiara – come ad esempio la malattia, la maternità e la pensione.”  

Proprio grazie alle precedenti generazioni di atlete, oggi questo passo è stato compiuto ma la scalata verso la parità di genere all’interno del mondo sportivo (obiettivo inserito all’interno dell’Agenda 2030) è ancora molto lunga: secondo l’ISTAT le donne che praticano sport con continuità sono il 15,9% (contro il 29,5% degli uomini). Fortunatamente però questa differenza risulta essere meno evidente nei bambini sotto i 5 anni, più ampia invece nella fascia d’età 18-45.  

Nel calcio, un evento in particolare ha portato molte nuove leve sui terreni di gioco: “Il Mondiale del 2019 (nel quale Marchitelli ha preso parte come secondo portiere della Nazionale italiana n.d.r.) ha mostrato a tutti che anche le donne possono giocare a calcio: grazie a quell’esempio molte bambine hanno espresso il desiderio di indossare gli scarpini ed i genitori hanno capito che non ci sono pericoli. Siamo molto orgogliose di aver risvegliato questo movimento”. 

Oggi, la nazionale femminile italiana è una realtà affermata e viaggia verso la qualificazione per l’edizione 2023 della Coppa del Mondo: “Prima dobbiamo pensare all’europeo di luglio, una competizione complicata data la maggiore caratura delle squadre europee. Poi affronteremo le ultime due partite che ci separano dal mondiale del 2023 contro Moldavia e Romania. Possiamo essere ottimiste ma non dobbiamo abbassare la concentrazione”. 

Oltre ogni retorica dunque, anche le donne sanno giocare a calcio. Ma sanno anche tenere incollati davanti ai teleschermi milioni di persone (i mondiali del 2019 hanno fatto registrare uno stare medio del 31,84%), rompendo così anche lo stereotipo che il calcio femminile non sappia intrattenere.  

Diamo quindi a tutti la libertà di sognare dietro ad un pallone, lasciamoLe sognare. 

 

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