Nell’ etimologia la parola “dipendenza” implica già di per sè una limitazione della libertà. La dipendenza è un bisogno irrefrenabile di una determinata sostanza o situazione psicologica. Esistono vari tipi di dipendenza: affettiva, da internet, da farmaci, da sesso e la dipendenza da gioco.
Fino a qualche anno fa la parola dipendenza era associata soprattutto ad alcol e sostanze stupefacenti. Oggi la tecnologia se da un lato ha portato benefici dall’altro ha consegnato, in particolar modo ai giovani, nuove dipendenze. Siamo sempre più iper connessi, non ci stacchiamo mai dai nostri smartphone, sempre raggiungibili e desiderosi di mettere a conoscenza il mondo virtuale dei nostri spostamenti, delle nostre cene oppure del nostro nuovo look. Buon senso e soprattutto la buona educazione vorrebbe che durante una cena si dedichi del tempo e la nostra concentrazione, alla persona che si trova con noi eppure non di rado ci troviamo di fronte a scene in cui al ristorante ognuno è preso ad interagire con i social, ignorando l’altro. Un like, un mi piace oppure un cuoricino assumono un importanza spropositata rispetto alla nostra autostima e anche rispetto alla nostra immagine sociale.
Abbiamo posto alcune domande sulla dipendenza in generale alla dott.ssa Lucia Rosa Cantafio, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa, specialista in terapia breve e strategica.

Cos’è la dipendenza patologica?
La risposta più semplice ma incisiva è che parliamo di dipendenza quando non possiamo più scegliere di evitare un dato comportamento o una data relazione. Ovvero: se fumo una sigaretta ogni tanto e non ho problemi quando non ho sigarette o quando per qualche motivo non posso fumare, allora non sono dipendente da nicotina. Posso ancora scegliere di non fumare. Parliamo quindi di dipendenza quando qualcosa limita la nostra libertà di scelta. Posso fare shopping per il piacere di comprarmi un vestito nuovo e ne sono felice anche quando rientro a casa oppure posso fare shopping perché sono nervosa e mi calmo solo comprando vestiti e lo faccio anche se il mio budget non me lo permetterebbe, anche se mi costa un rosso in banca e non ho in realtà nessuna necessità di quel vestito.
Papa Francesco dice: “le dipendenze sono le prigioni di cui l’uomo è schiavo” (Portelli, Papantuono “le nuove dipendenze” 2017)

Quali sono le nuove dipendenze?
Attualmente il problema maggiore nasce dalla tecnologia internet addiction disorder, cybersex addiction, information overloading addiction, on-line gambling e via dicendo. Nell’ultimo anno parliamo molto di dipendenza da facebook che produce effetti nocivi sull’equilibrio degli adulti ma ancora di più sulle menti giovani che si chiudono e si intorpidiscono abbassando il livello di concentrazione. Pericolosa anche la dipendenza da whatsapp che ha determinato molti incidenti stradali, poiché chi ne è affetto DEVE leggere il messaggio e rispondere in tempi reali, anche se è alla guida.
La dipendenza da porno on line negli adolescenti sta producendo problematiche relazionali e sessuali in un’età in cui non dovrebbero essere né le une né le altre.

Com’è possibile riconoscerla per curarla?
Il campanello d’allarme è l’abuso, ovvero il momento in cui non ho più il controllo dello strumento che uso, in qualche modo è lui che controlla me, non posso più rinunciarci.

Quali sono i fattori che portano ad una dipendenza patologica?
Molti, una può essere la giovane età, fasi in cui se lo fanno tutti lo faccio anch’io e non lo reputo pericoloso, gli adolescenti sono tendenzialmente i più dipendenti o meglio i più a rischio, non avendo ancora il senso del pericolo, ma il bisogno di uniformarsi a comportamenti comuni.
La solitudine può portare a cercare una modalità che mi faccia sentire importante. Pensiamo alle relazioni virtuali, in cui non ci si mette realmente in gioco, essendo virtuali, ma in cui si ricevono riconoscimenti, complimenti, solidarietà, certo non si ha un abbraccio ma si fa sesso a volte semplicemente chattando. Chi teme di non essere all’altezza di una relazione perché si vive come brutto/a, imbranato/a, poco attraente può invece sentirsi apprezzato/a, se dietro uno schermo.
Quindi l’altro fattore di rischio è l’insicurezza, il desiderio di rimanere nella corfort zone.
Una base già ansiosa, chi soffre di ansie su base di controllo, cerca di avere il controllo su tutto e rischia di perderlo con maggiore facilità degli altri.
Inoltre viviamo un periodo di estrema confusione, in cui la ricerca del benessere non passa più attraverso se stessi ma attraverso gli altri, o le altre cose, una delega che diventa perdente. Sto bene se riesco ad avere ciò che voglio, sia uno smartphone o un partner, questo aumenterà però il malessere perché è una falsa soluzione con cui avrò solo un peggiorare delle mie insicurezze.
Inoltre siamo in un periodo storico dove la pigrizia regna sovrana, si ha poca voglia di studiare, di impegnarsi, di creare qualcosa di cui essere orgogliosi. Seguendo questa logica, nel momento in cui sono ansioso mi sarà più facile andare su internet o alle slot che andare a spasso, in palestra, a correre in un parco o raggiungere un amico/a per una chiacchierata, le chiacchierate si fanno su chat ma hanno un ben diverso grado di soddisfazione e non abbassano minimamente l’ansia.

Un’ultima curiosità, esistono ancora pregiudizi nel rivolgersi ad uno psicologo?
Molto meno di qualche anno fa, certamente. Ma la diffidenza nello psicologo si riscontra proprio nelle dipendenze: “io non ho nessun problema” questa è la frase tipica. Ma in questo le donne sono più avanti, ancora una volta è più facile che una donna si renda conto di avere un problema e chieda aiuto, mentre gli uomini continuano a pensare che ammettere di avere un problema sia vergognoso.

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