Ieri una folla di persone a Riano, dentro e fuori la Sala Consiliare “Teresa Giovannucci e Pietro Antonini”, ha partecipato alla presentazione del nuovo libro di Italo Arcuri, dal titolo “Contrordine”, edito da Emia Edizioni.

Durante l’evento, patrocinato dal Comune di Riano, in collaborazione con la locale Pro Loco, Riano Imprese Riunite e l’Associazione culturale Riano Teatro nelle Cave di Tufo, ha dialogato con l’autore la divulgatrice culturale Marianna Mariotti e ha letto alcuni brani tratti dal libro l’attore amatoriale Nino Scardino.

“Contrordine” racchiude una storia di vita romanzata con dovizia quasi certosina di linguaggio, dal momento che la materia su cui si sviluppano le 152 pagine riguarda una causa canonica ambientata negli anni Settanta. Una storia semplice ma emblematica di come anche la Chiesa sia attraversata da problemi più temporali che spirituali. Il libro è nato da una promessa, come ci spiega l’autore in questa intervista.

Italo, Contrordine, dunque. Da cosa nasce questo tuo lavoro?
Da una promessa fatta tanti anni fa ad una persona a me cara e che, prima di morire, mi ha consegnato un faldone di carte da leggere che riguardavano parte importante della sua esistenza. Vita che meritava di essere raccontata. Vita cui ridò, in questo modo, a distanza di anni, parola, fede e impegno.

Perché questo titolo? Ci sveli qualcosa della trama?
Contrordine parla il linguaggio di una ribellione contro un’ingiustizia: un prete che si ribella ad un ordine del suo diretto superiore, un vescovo. Una ribellione avvenuta negli anni Settanta, un periodo di tempo attraversato da tanti cambiamenti e animato da tante resistenze. Una ribellione che parla il linguaggio della ricerca della verità.

Quale formula narrativa hai scelto per questo libro?
La corrispondenza epistolare, privata e pubblica, del protagonista innanzitutto e di tutti gli altri cooprotagonisti della storia. Una formula che ha permesso di calarmi nelle ambientazioni sociali e familiari di quegli anni e che mi ha cadenzato il tempo, intimo, della scrittura stessa, rendendo il tutto cosa ancor più viva.

Quanto è stato difficile scrivere questo libro?
È stato molto difficile. Ci sono ancora persone addolorate per questa storia. È stato un lavoro anche complicato, dal momento che molte carte del faldone di cui dicevo sono scritte in latino e con linguaggio tipicamente ecclesiastico. Linguaggio che conoscevo poco e a cui mi sono dovuto avvicinare, con curiosità e studio, oltre che con circospezione e con rispetto. Come è giusto che sia per ogni cosa nuova che si fa.

Quanto tempo c’è voluto per scriverlo?
Diversi anni. Lo prendevo, ci lavoravo, lo lasciavo, lo riprendevo. Molti passaggi li ho dovuti metabolizzare anche linguisticamente. Perché ogni parola in questo romanzo ha un peso ben preciso.

Le parole… perché ti piace scrivere? 
Ogni volta che scrivo sfogo la mia anima, aziono memoria civile, sociale e culturale e mi rendo parte di una curiosità collettiva, che solo la lettura e la scrittura possono mettere in atto. Scrivere, come leggere, mi fa star bene.

Tu sei anche un grande lettore?
Chi scrive legge tanto. Sono un grande lettore di libri. Lo sono da quando ho ricordo. Da bambino ero affascinato dagli scrittori di avventura. Ora romanzi e saggi. Soprattutto se scritti da autori nuovi, emergenti. Li trovo più originali.

Avvertenze per i futuri lettori di Contrordine? 
Solo una: di calarsi il più possibile nel protagonista. Così facendo si coglieranno appieno anche le sfumature del “non detto”, che in storie come queste, valgono tanto quanto quelle scritte.

(Foto di Danilo Rossi)

Sponsor