Le città sono per definizione agglomerati urbani all’interno dei quali avviene una produzione ed un commercio di prodotti sia per uso interno che per esportazione.
La globalizzazione tra i tanti demeriti ha quello di ridisegnare la struttura delle città. Soprattutto con lo sviluppo dei grandi centri commerciali le città si sono svuotate dell’anima creando quartieri dormitorio sempre più tristi ed isolati.

Commercianti e artigiani oltre ad avere una funzione aggregante e vitale per le città ne sono la spinta economica ed il propulsore di benessere in termini di ricchezza. La creazione di artefatti poli commerciali dove si concentra tutto il commercio ha prodotto uno svuotamento del tessuto produttivo all’interno dei centri abitati ed un conseguente impoverimento di un’ampia fascia di artigiani, commercianti e negozianti.
Le saracinesche chiuse nelle città non sono aperte nei centri commerciali che appartengono per lo più ad importanti catene internazionali.

Botteghe e mestieri artigianali stanno sparendo dal contesto economico, è quasi impossibile trovare un calzolaio, un barbiere, un corniciaio, un legatore, un tintore, un sarto, un tappezziere oppure una ricamatrice e l’elenco sarebbe ancora lungo.
I motivi non sono da rintracciare soltanto nella concorrenza dei giganti centri commerciali ma si tratta di una serie di difficoltà che scoraggiano a proseguire un’attività al pubblico che risulta a fine mese solo una perdita economica e di dispendio fisico. La crisi economica ha messo in ginocchio tutto il settore commerciale, le tasse in continuo aumento e la burocrazia hanno dato il colpo di grazia ai piccoli commercianti e artigiani. Valentina ha una tintoria storica a Roma nord: “Le ragioni della chiusura di molti esercizi commerciali sono evidenti, non ci sono più grandi guadagni, siamo tartassati dalle tasse, troppa fatica e responsabilità. Io ho lavorato fino al giorno prima del parto, non potevo chiudere negozio e prendermi l’aspettativa. A queste condizioni non ne vale la pena, è ovvio che i giovani cerchino altri tipi di lavoro.”

Le difficoltà variano a seconda dell’attività, ma decidere di avere un negozio oggi resta un atto eroico come ci conferma Vincenzo tappezzerie da 50 anni:”Si decide di avviare ogni giornata di lavoro con l’incertezza dei conti se quadreranno, senza potersi permettere mai un’influenza, con il contatore dei costi che procede a doppia velocità e un carico di responsabilità che non si placa neanche una volta conclusa la giornata di lavoro”. Con queste premesse è naturale che i giovani non tentino neanche di avvicinarsi a questi mestieri tanto da creare un vuoto anche nella ricerca del personale. Ed è così che arti e mestieri di una volta stanno scomparendo.

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