Lo smaltimento della plastica è una grande piaga sociale dei giorni odierni. Essa è il terzo materiale artificiale più presente al mondo. In tutti i settori dell’attività umana sono presenti oggetti composti da tale materiale, per lo smaltimento dei quali sono necessari centinaia di anni.

Oltre all’ eccessiva sovrapproduzione planetaria di materiale plastico, non esistono strutture in grado di smaltirlo senza inquinare, così come non ci sono politiche serie ed incisive dedicate al suo riciclo.

Accumulo di bottiglie di plastica da ambiente marino

Nel 2019 è entrata in vigore la direttiva Europea Sup (Single Use Plastic) volta a ridurre sensibilmente il consumo di prodotti in plastica monouso entro il 2026.  Dal 2022, infatti, in Europa verrà messo al bando l’utilizzo di alcuni di questi prodotti per i quali esistono alternative migliori in commercio. E si adotteranno misure per arginare quanto più possibile il consumo di articoli per i quali invece ancora non esiste un’alternativa.

Gli Stati membri devono inoltre impegnarsi in misure di sensibilizzazione volte a informare i consumatori sulla situazione attuale del pianeta e renderli consapevoli di quanto pericoloso sia il non corretto smaltimento dei rifiuti di prodotti di plastica monouso.

Francia e Spagna dal 2023 vieteranno la vendita di frutta e verdura in contenitori di plastica. E noi?

In Spagna dal 2023 verrà vietata la vendita di frutta e verdura in contenitori di plastica per i lotti inferiori a 1kg e mezzo, fatta esclusione per quei prodotti che potrebbero deteriorarsi se venduti sfusi. Il governo spagnolo si impegnerà a promuovere la vendita all’ingrosso di ortaggi freschi non imballati con plastica.

Anche in Francia la situazione è molto simile allo scenario spagnolo. Grazie alla legge anti-spreco, che entrerà parzialmente in vigore già dal 2022, il governo transalpino è pronto a dire addio agli imballaggi in plastica di frutta e verdura. Anche se lo farà in maniera molto graduale. Entro il 2040, questo l’obiettivo ultimo del provvedimento, la Francia si impegnerà a rimuovere completamente dal mercato qualsiasi tipo di imballaggio in plastica monouso. Nel frattempo, dal 2026 anche per i generi ortofrutticoli più inclini al deterioramento verranno utilizzati contenitori portati dai clienti stessi oppure forniti dal punto vendita.

Siamo in un mare di guai

I dati relativi ad uno studio del WWF ci indicano che dal 1964 ai giorni odierni la produzione di plastica è aumentata di oltre 300 milioni di tonnellate.  Ad oggi negli oceani ne sono presenti più di 150 milioni di tonnellate. Gli oceani e i mari sono infatti la destinazione ultima dei rifiuti abbandonati o non correttamente smaltiti. Questo è un grande problema sia per l’ecosistema marino che per la salute di noi umani: gli effetti delle particelle di microplastica e microfibra presenti nei mari sono altamente nocivi per la catena alimentare (e non solo) di tutti.

Morirà sommerso dalla plastica? E’ questo che vogliamo?

Secondo una ricerca del World Economic Forum, si stima che nel 2050 nei mari e negli oceani ci sarà prevalentemente più plastica che fauna marina. Con questo incessante e crescente ritmo stiamo letteralmente sommergendo il pianeta di plastica. E soffocare il pianeta non significa forse soffocare noi stessi?

 

Ok Spagna, ok Francia… e l’Italia?

Il riciclo e quindi il riutilizzo delle materie plastiche è la migliore soluzione per ridurre l’inquinamento e tutelare l’ambiente dai catastrofici effetti della dispersione dei rifiuti nei mari e in natura. Per l’Italia questa non è però una bella notizia. Essendo infatti tra i più grandi produttori di materiali monouso, il nostro Paese vuole optare per la strada della bioplastica.

Hai mai pensato che potrebbe essere utile che tu ti prendessi del tempo per pulire una spiaggia, un parco, un giardino pubblico?

Secondo gli studi scientifici citati dall’Ong, la decomposizione della bioplastica risulta essere molto più complicata di come si poteva prevedere. La bioplastica si decompone infatti solo in specifiche condizioni di temperatura, umidità e presenza di microrganismi. Nel mare, dove cioè finiscono la maggior parte di questi rifiuti, tali condizioni non sono presenti. Per questi motivi tale materiale non sembra essere la miglior soluzione per sanare il pianeta dalla “macchia polmonare” che gli abbiamo causato.

L’Italia è stata denunciata da Greenpeace per non aver rispettato la scadenza data ai paesi europei per allinearsi con la normativa Sup. Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, afferma: “Il governo ha il dovere di guidare l’industria verso una vera transizione ecologica con norme basate sulle conoscenze scientifiche e che mettano al primo posto la tutela degli ecosistemi anziché modelli di business inquinanti. Se quanto stabilito dal parlamento verrà confermato dal Governo Draghi e dal ministro Cingolani danneggeremo due volte il Paese: il nostro sistema industriale resterà ancorato a logiche che appartengono al passato e fatalmente subiremo una procedura d’infrazione, con danni economici a carico della collettività”.

Life is (not) in plastic

Che poi il concetto è sempre quello: è nato prima l’uomo oppure i soldi?

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