Tra le dieci strade più belle del mondo secondo Architectural Digest, una rivista di arredamento e architettura, c’è anche una vita italiana: via dei Coronari a Roma che, un tempo, era percorsa dai pellegrini che andavano a San Pietro.

Via dei Coronari deve il suo nome ai venditori di oggetti sacri e corone religiose che c’erano lungo i suoi 500 metri, ed è caratterizzata dai suoi edifici Rinascimentali e dai colori originali.

La sua origine è però di età medievale, all’epoca si chiamava Via Recta, perché una delle poche ad andamento regolare. Qui ci abitavano soprattutto famiglie nobili che riuscirono a costruire le case grazie al consenso papale e oggi si possono ammirare ancora da vicolo del Curato fino a via Sant’Agostino.

Via dei Coronari fu aperta da Sisto IV della Rovere e costituì il primo asse viario rettilineo entro il dedalo dei vicoli della città medioevale. Lunga circa 500 metri, nel Rinascimento era divisa in due tratti, detti l’uno “Scorticlaria” perché vi si erano allogati i cuoiai o conciapelli e l’altro “Immagine di Ponte”, dall’edicola sacra in angolo con vicolo Domizio. Tre sono gli aspetti di questa che può considerarsi una fra le più belle strade di Roma: il medioevale, conservato nei vicoli, il rinascimentale evidenziato da palazzi e casette ed il barocco, rappresentato anche questo da edifici tipici per i balconcini, i portoni e le edicole sacre.

Tipico esempio, ai numeri 156-7, la notissima casa di Fiammetta Michaelis (foto sopra), la celebre cortigiana preferita di Cesare Borgia (la cui salma si trova nella vicina chiesa di S.Agostino): questa è un tipico esempio di casa di inizio ‘400 con elementi medioevali. Costruita in laterizio, aveva un portico a due fornici, tre finestre senza mensole, una centrale con davanzale ornato, un loggiato con pilastri all’ultimo piano, ma fu completamente alterata in epoche passate. Al civico 148 si trova la cinquecentesca casa di Prospero Mochi, abbreviatore apostolico e commissario generale delle fortificazioni di Roma e Borgo al tempo di Paolo III. L’edificio, costruito nel 1516 dal fiorentino Pietro Rosselli, aiutante di Antonio da Sangallo il Giovane, sviluppa su tre piani con finestre adorne di motivi araldici dello stemma dei Mochi e di motti.

Sulla porta vi è la seguente iscrizione: “TUA PUTA QUE TUTE FACIS” (Considera tuo quel che tu stesso fai); alle finestre del primo piano vi è il nome del proprietario “P.DE MOCHIS ABBR. A.” (Prospero Mochi abbreviatore apostolico); sulle finestre del secondo piano “NON OMNIA POSSUMUS OMNES” (Non tutti possiamo fare tutto) e “PROMISSIS MANE” (Mantieni le promesse); a coronamento un bel cornicione a mensole. Degna di nota, come già sopra accennato, è la famosa “Immagine di Ponte”, la più antica delle edicole sacre di Roma. Fu realizzata nel 1523 da Antonio da Sangallo il Giovane per incarico di Alberto Serra da Monferrato, notaio della Camera Apostolica, come si legge nella lapide in basso, noto per essersi salvato a stento dalla cattura dei lanzichenecchi durante il Sacco di Roma, rifugiandosi a Castel S.Angelo e giungendovi un istante prima che lo acciuffassero: appena varcata la soglia della salvezza, un infarto lo colse o per la gran corsa o per il grande spavento.

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