Foto Matteo Rasero/LaPresse 08 Febbraio 2020 Sanremo, Italia spettacolo Festival di Sanremo 2020, serata finale. Nella foto: Diodato Photo Matteo Rasero/LaPresse February 08th, 2020 Sanremo, Italy entertainment Sanremo music festival 2020, final. In the photo: Diodato
di Massimo Carrano
Come si dice a Roma, “me so’ addormito” troppo presto e mi sono perso Elettra Lamborghini (adesso potrete capire che domenica di merda che sarà la mia)… eppure m’ero sistemato bene: nel letto, con tutte i social a portata di mano, pronto a ricevere dal web ogni tipo di suggestione…ma poi, sarà che è passato Masini al quale l’età ha castrato l’arrochimento vocale di un tempo e adesso, quando canta in alto, pare un fusajaro nel deserto del Gobi (fusaiaro=venditore ambulante di lupini e olive); sarà che dice ancora le parolacce ma, con questa emissione, pare più affetto un sintomo tourrettiano, insomma ho cominciato a soffri’.
A quel punto il fegato aveva già avuto reazioni intossicate tipo indigestione da croccante bruciato, niente comunque fino all’ingresso di quel gran paraculo di Achille, che fa tutto per impressionare le amebe della stampa senza avere l’obbligo di saper cantare. Ieri è arrivato che pareva un presepio, vestito da regina vittoria, e, sui social, è stato un florilegio di consensi, di arrancanti pareri intellettuali, per quello che è una copia cinese di ben altre icone di ben altra caratura di tempi assai diversi.
Lì la cistifellea ha detto basta alla bile ed ho cominciato ad avvertire il torpore fatale ma volevo resistere, e così ho fatto, fino a Tosca. Lei è arrivata, ossigeno per le mie asfissiate fibre; impeccabile, riarmonizzatrice della distanza tra noi mortali e le proporzioni cosmiche, archetipo del femminino a certificazione Junghiana…insomma dopo: “…ho amato tutto, eh”, ho preso sonno.
Ricordo di essermi detto nel dormiveglia: “tanto non vince, ma il premio della critica è suo“. Invece stamattina al risveglio ho appreso di avere nuovo cibo per il mio pessimismo. Quei cazzoni dei giornalisti hanno consegnato il loro consenso al vincitore designato: il bravo Diodato, uno bravo e basta, uno che, guarda caso, con una canzonetta da due soldi, costruita sul tutorial “le dieci regole per comporre un pezzo che piace” , ha anche vinto il festival. Ma poco male, ne abbiamo dimenticati tanti, dimenticheremo pure questo.
In ogni caso, stamattina dovevo pur alzarmi dal letto ed avevo bisogno di una spinta forte; non potevo presenziare al battesimo di mia nipote con questo rassegnato senso di predestinazione. Mi è venuto in soccorso il pensiero che in fondo è giusto che Tosca non sia salita su nessun podio tra quelli disponibili. Fosse accaduto, avrebbe significato che mi ero sbagliato in tutti questi anni nel definire morta la civiltà occidentale; avrebbe significato che c’è ancora qualche speranza e che io non ero stato capace di scorgerla. Invece no: ci azzecco, purtroppo, da tanto.
Mi ravviva un po’ la considerazione alla quale invito anche voi: il fatto che l’orchestra abbia indicato Tosca al primo posto e che i critici abbiano premiato Diodato, non spiega molto bene il motivo per il quale sulla musica, con i critici musicali, un musicista non può parlare?
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