Otello Angeli negli anni ’60 dirigente CGIL e segretario della sezione del PCI di Cinecittà oggi ha 92 anni per 35 anni è stato sindacalista della Cgil, ha iniziato a 25 anni. Per principio è sempre stato dalla parte dei lavoratori ma è anche un convinto sostenitore del dialogo tra le parti. Ha lavorato con tutti i segretari della CGIL Lama, Epifani, Cofferati, Camusso, si può dire che abbia dedicato tutta la sua vita al sindacato. A breve uscirà un suo libro, un’autobiografia sulla sua esperienza nel sindacato ma anche sulla sua vita privata e il rapporto con il fratello Franco Angeli, pittore appartenente alla “scuola di Piazza del Popolo” a Roma.

Il mondo del lavoro si appresta a vivere una nuova rivoluzione: la robotica. Cosa ne pensa?

La robotica vuol dire portare avanti un processo di scoperte e nuovi orizzonti produttivi a vantaggio dell’umanità, non si può fermare il progresso tecnologico. C’è chi sostiene che porterà ad una riduzione del lavoro, quello che accadrà non è possibile saperlo, si potrà pensare di creare nuovi posti di lavoro in altri settori, lo sviluppo delle iniziative culturali potrebbe essere un aspetto importante, investire su questo potrebbe essere la soluzione. L’avvio di un processo di trasformazione graduale del mondo del lavoro con la nascita di nuovi mestieri.

Ci racconta una delle battaglie sindacali che ha affrontato nella sua lunga carriera?

Io sono stato chiamato dalla CGIL per ricostruire il sindacato nell’ambito delle attività culturali cinematografiche, musicali, teatrali in un momento di forte crisi. Nel momento dell’uscita dalla Cgl della corrente cattolica e socialdemocratica con la nascita della UIL e Csl e questo aveva determinato grandi problemi. Il settore culturale all’epoca contava 60 mila lavoratori solo la metà nel campo cinematografico, io ho dovuto affrontare questa crisi, cercando di unificare queste forze per aprire una vertenza con il governo. Riuscimmo a creare un sindacato a struttura orizzontale che comprendesse tutti i lavoratori di questo comparto.

Durante il suo impegno da sindacalista ha difeso i diritti di tutte le maestranze del mondo dello spettacolo compresi molti personaggi famosi che ricordi ha di quei tempi e di quei personaggi?

Nel 1960 in occasione di un attacco censorio nei confronti del film “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti, io riuscì a portare ad un convegno Pasolini, Visconti, Rossellini, Antonioni che intervennero proprio riguardo questo problema di censura. Gian Maria Volontè era uno ortodosso molto impegnato, portava avanti battaglie di principio non solo di difesa di attività di produzione, abbiamo avuto per molti aspetti un rapporto conflittuale. Con Pasolini organizzammo un’iniziativa a Cinecittà, con lui ho avuto un ottimo rapporto di carattere politico, era un personaggio acuto con una visione del futuro precisa e se i politici lo avessero ascoltato avrebbero cambiato rotta negli anni ‘70 e ‘80.
Fellini era nei guai durante la lavorazione del film Casanova era nato un conflitto con il produttore ed io intervenni appianando lo scontro, Fellini chiuse il film con la famosa scena della medusa girata all’interno del teatro 5 di Cinecittà.

Uscirà a breve un suo libro, ci vuole dare un’anteprima?

Si tratta di un autobiografia. Io sono figlio di un perseguitato politico, che viveva nella clandestinità rifugiato in Svizzera poi rientrato in Italia grazie ad una amnistia varata dal fascismo ma continuò a vivere nella semiclandestinità. Parto da questa situazione molto particolare della mia giovinezza sino al mio impegno per il sindacato, una passione che mi ha accompagnato per tutta la vita. Il cinema all’epoca era fortemente militante perché parlava dei problemi reali del paese e la Cgl si era sempre schierata in difesa dei cineasti a partire dalla famosa manifestazione del 1949 a piazza del Popolo, a cui parteciparono i registi e gli attori più famosi di quel momento la Magnani, Cervi, De Sica la piazza era stracolma il comizio venne tenuto da Di Vittorio, si parlava di politica culturale.

Lei si è reso protagonista di un atto eroico durante la guerra, ci vuole raccontare?

Mi sono adoperato per far fuggire alcuni prigionieri presi dai tedeschi tenuti in una scuola di Sezze Romano. Questi prigionieri venivano portati ogni mattina nella palude pontina per costruire le dighe che portavano l’acqua verso il mare, i tedeschi avevano allagato da Terracina fino a Latina perché si aspettavano lo sbarco degli americani in quella zona. Tra questi prigionieri c’era mio padre adottivo, io mi attivai con questi tedeschi per fare dei piccoli servizi portare legna, acqua e in questo modo mi conquistai la loro fiducia. Mi resi conto che potevo farli scappare, potendomi muovere liberamente nella struttura, sono riuscito a far fuggire circa 7/8 prigionieri tra cui mio padre adottivo.

Che rapporto aveva con suo fratello?

Il rapporto con Franco è stato molto particolare. Mia madre avendo difficoltà nel crescere 2 figli si rivolse al brefotrofio cercando una donna che poteva allattare, una giovane coppia si rese disponibile e mia madre mi affidò a questa coppia. Io sono venuto a conoscenza di questa vicenda all’età di 9 anni, quando mia madre naturale si rivolse alle autorità per farmi “riconsegnare”, in quell’occasione ho rivisto mio fratello. Siamo stati uniti per la pelle, finito il militare lui cominciò a dipingere, nei miei confronti aveva quasi un rispetto sacrale. Il nostro rapporto era vivace e conflittuale, soprattutto quando parlavamo di politica discutevamo molto, ricordo che quando mi veniva a trovare con il suo amico Piero Ciampi nel momento in cui la conversazione diventava troppo infuocata questo prendeva la chitarra e cominciava a cantare le sue canzoni.

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