Una sinuosa linea d’acqua unisce le nostre terre, dalle pendici del Soratte fino alle pianure che da Capena guardano Roma. Storie, coltivazioni e allevamenti si susseguono nello spazio ma soprattutto nel tempo, lungo i secoli in cui il Tevere è stato linfa vitale per la nascita dei paesi che in cui abitiamo.

Oggi il fiume è uno specchio immobile, qualche pianta acquatica emerge dal fondale.

La riva è arida.

Polverose zolle di terra si incrinano al passaggio dell’uomo.

La primavera è appena arrivata ma, accarezzando il suolo, possiamo sentire secchezza d’estate.

Lo sguardo si posa sugli alberi di pesco, già in fiore da settimane a causa del caldo anomalo di questa stagione.

Fiume Tevere, loc. Scorrano (Capena)

Manca la pioggia, e il fiume ce lo racconta. I campi di erba sono lussureggianti perché in questo periodo basta l’umidità notturna a renderle tali. Ce lo spiega Fabio, proprietario di un ranch in località Scorano (Capena) e agricoltore di lunga data: “Ora la situazione sembra ancora sotto controllo, ma se dovesse mancare l’acqua piovana potremmo trovarci in grosse difficoltà come nel 2017 quando, a causa della siccità, raccogliemmo solo il 10% del fieno”.

Resta ancora il fiume a raccontarci delle piogge mancate, mentre risaliamo il suo corso fino a Nazzano. Nel paese tiberino opera da anni una centrale idroelettrica. Diga e turbine smuovono l’acqua, creando energia e fungendo da filtro per tenere pulito il Tevere. “Il lavoro procede ordinario” ci racconta Simone, dipendente della struttura. “È evidente, però, che c’è stata una forte diminuzione idrica nel corso degli anni”.

Effetto della siccità, appunto.

Le conseguenze potrebbero vedersi anche a monte della diga, dove un grande specchio d’acqua ospita falchi di palude e germani reali. Siamo nella Riserva di Nazzano, area naturale protetta. L’abbassamento delle acque rischia di alterare l’equilibrio che si è creato nel corso degli anni come già sta succedendo a Roma, dove gli uccelli migratori abbandonano le rive del Tevere in secca e ripiegano sul lago artificiale ex-Snia Viscosa.

Ma il fiume ci parla anche di resistenza, quando arriviamo all’ultima tappa del nostro percorso. Siamo a Ponzano Romano, dove il Tevere crea un disegno a forma di fiasco nella la pianura sottostante il paese.

Marx solca le sue acque in canoa da 15 anni, insieme a un formidabile gruppo di amici con cui anima l’associazione sportiva Polverino. Si allenano lungo il tragitto del fiasco e conoscono ogni insenatura del corso. “Siamo fortunati, qui il livello sembra immutato. Credo però che dipenda dalla presenza di acque sorgive che alimentano il fiume”.

Acqua che arriva dal sottosuolo invece che dal cielo, dunque.

Tutto intorno lo sguardo abbraccia distese di mais da trasformare in metano e coltivazioni di cereali biologici. Tradizione e innovazione camminano insieme, su una terra che però appare assetata. Il fiume resiste, in questo scorcio di valle. Ma lungo il tragitto che conduce a Roma perde l’essenza di sé, rischiando di rimanere il simulacro di ciò che era un tempo a causa della pioggia che è sempre più rara.

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