La Stanza della Segnatura è la prima, per cronologia, delle stanze dipinte da Raffaello in Vaticano. Sappiamo da Paolo Giovio che fu probabilmente lo stesso Giulio II a suggerire il tema della decorazione. Nel periodo in cui gli appartamenti dovettero essere abitati dal papa Della Rovere, questa stanza fungeva con ogni probabilità da libreria privata del pontefice. Proprio in relazione a questa informazione si spiegano perfettamente le quattro scene parietali ad affresco che ingigantiscono l’ambiente.

La libreria di un umanista, quale Giulio II era, doveva infatti contenere senz’altro un’ala dedicata alla filosofia e alle scienze, una ai testi di teologia, un’altra alla poesia e ai grandi testi di letteratura e un’ultima al diritto, alla giurisprudenza. Ecco allora che sulle pareti compare perfettamente questa ripartizione.

La Scuola di Atene

La Scuola di Atene, forse la più celebre delle opere raffaellesche, è oggi quasi all’unanimità ritenuta la prima scena dipinta dal maestro urbinate nella nuova residenza papale. Il grande dipinto è animato da una grande quantità di figure, che altri non sono che i più grandi filosofi della storia dell’umanità. Al centro della composizione, perfettamente inseriti in un’architettura tutta all’antica, Platone e Aristotele incedono verso l’osservatore, accompagnati dai propri discepoli. I due pensatori greci fungono da perno, costituendo concettualmente e stilisticamente il tema centrale dell’opera. Platone solleva il dito, ad indicare il cielo e il mondo delle idee; Aristotele, con i piedi ben piantati al suolo, protrae un braccio in avanti indicando la terra, regno delle scienze. Presiedono la riunione anche due divinità: Apollo, dio dell’armonia, nella nicchia di sinistra; Minerva, dea della ragione, in quella di destra. Ciò che stupisce di quest’opera è un rinnovato utilizzo del colore, che niente ha a che vedere con le modalità quattrocentesche che Raffaello doveva aver appreso dal Perugino. Anche l’inserimento di un’architettura così protagonista risente delle nuove frequentazioni romane, prima su tutte quella con il Bramante, architetto pontificio in questo primo periodo romano di Raffaello.

 

 

Il Trionfo della Chiesa

La seconda parete è dedicata invece alla teologia. La scena, a causa di una lettura sbagliata da parte del Vasari, è oggi generalmente conosciuta con il nome di Disputa del Sacramento, seppur non appaiano contrasti come il nome lascerebbe intendere. Oggi si pensa che un nome più adatto sarebbe, per l’appunto, quello di Trionfo della Chiesa. Il mistero dell’eucarestia qui prende il posto dei due filosofi e diviene il centro assoluto del dipinto. L’occhio dell’osservatore è guidato verso questo punto attraverso una serie di cerchi dorati di diverse dimensioni. I raggi emanati dallo Spirito Santo in forma di colomba colpiscono l’ostia. Quest’asse verticale si contrappone alla disposizione in orizzontale secondo la quale sono disposte le grandi figure della storia della Chiesa. I colori brillano di uno splendore straordinario. Raffaello rappresenta qui l’intera gerarchia ecclesiastica, riunita intorno al primo dei sacramenti; lo stesso che di lì a poco sarebbe stato aspramente criticato dalla teoria luterana.

 

 

 

Il Parnaso

Su un’altura, in un ambiente agreste, Apollo suona la cetra circondato dalle nove muse. Il dipinto, pensato per essere osservato dal basso, riesce ad assorbire l’osservatore e a trasportarlo sul monte Parnaso. Qui, la dimora del dio della musica e della poesia, diviene un ambiente accessibile all’uomo, in una visione squisitamente rinascimentale. Gli altri personaggi che affollano la scena sono infatti uomini, di tutti i tempi, capaci nella metrica, nella poesia. Alla sinistra del dio, tre uomini occupano la cima: sono Omero, Virgilio e Dante. Poco più in basso di questi sono posti i poeti lirici, tra cui si identificano con facilità Saffo, che tiene in mano un cartiglio col proprio nome, e Petrarca. A controbilanciare la scena sul lato destro si trovano altre figure, dove si distinguono soprattutto i tre grandi poeti tragici greci: Eschilo, Euripide e Sofocle.

La bellezza di quest’opera risiede nell’armonia dei colori e delle pose. I volti lieti dei personaggi lasciano trasparire ancora una serenità sconosciuta nelle altre stanze. Ogni linea è permeata da una morbidezza classica che giá in questo momento è cifra distintiva di Raffaello.

 

Le Virtù

In quest’ultimo affresco Raffaello si trova costretto, più che negli altri, a dover pensare a un modo intelligente per suddividere lo spazio, reso irregolare dalla presenza di una finestra.

Pensa così di ripartire la decorazione in tre scene: la prima, che occupa la parte alta, dà il nome all’opera e rappresenta le virtù; quella a destra della finestra raffigura il papa Gregorio IX, ritratto con le sembianze di Giulio II, che approva le Decretali; a sinistra invece Triboniano consegna le Pandette a Giustiniano.

Qui, per la prima volta nel cantiere vaticano, si assiste alla presenza di un’altra mano rispetto a quella dell’urbinate. Questo è particolarmente evidente nell’ultima scena menzionata. Triboniano e gli altri personaggi di corte presentano una linea e dei colori decisamente lontani da quelli del resto della stanza, più vicini ancora ai modi quattrocenteschi di dipingere. Seppur ad oggi non si sia ancora riusciti a identificare con certezza l’artista, si pensa possa essere di nazionalità francese. Questa compresenza di artisti tuttavia non rimarrà un unicum, anzi si presenterà sempre più forte, man mano che gli impegni di Raffaello aumenteranno.

 

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