Il Tevere è una fessura di bellezza ferina e  indomita. Quando capita di percorrerlo, anche dove è ingabbiato, la corrente lenta, per esempio tra le dighe di Magliano fino a quella di Castel Giubileo sembra di navigare sospesi sul petto di una divinità dal respiro possente.

Lungo 406 chilometri custodisce tra le rive montagne, zone umide, monumenti, ponti e pianure fino al mare. È un fiume mito. Ma distante. I muraglioni di Roma lo certificano, gli abitanti delle colline lo temono. Li zavorra un sentimento di diffidenza spessa secoli. Per la civiltà romana era via commerciale strategica. Il medioevo con le sue paure portò tutti in collina. Il fiume rimase a valle o incassato nel cuore della città per evitare le sue piene tracimanti. In questa terra della diffidenza è cresciuto un sentimento di estraneità che perdura. Con il Tevere non si parla o si parla assai poco.

Dalle nostre parti è fiume per poca gente

Dalle nostre parti è fiume per poca gente. Pescatori di carpe lucenti ma anche di  pesce da mettere a tavola, predatori di frodo che bombardano le acque per rubare e inscatolare sul posto quintali di pescato. Umanità selvatica. Le foto di questo servizio sono tratte da un libro “Tiberis, l’altra faccia del Tevere”.

Incantano, narrando il  percorso inverso. È stato pubblicato da poco meno di un mese da Pandion Edizioni. È il racconto per immagini del viaggio compiuto da Matteo Luciani, grande fotografo naturalista, autore di un magnifico libro sui lupi,  Custodi erranti. Uomini e lupi a confronto,  che narra il difficile rapporto tra il lupo e la pastorizia. Una storia di  lupi e uomini emersa da un lavoro di tre anni.

 

Tiberis, il libro svela l’anima Tevere 

E tre anni è durato anche il cammino di Tiberis, viaggio alla ricerca della profonda essenza del Tevere. “E’ la semplice storia – scrive Matteo, artista visuale – di una persona curiosa, amante della vita che vuole far luce su quanto il nostro rapporto con il contesto ambientale, pur dipendenti da esso, si sia drammaticamente affievolito”.

I testi, ma soprattutto le foto, svelano la meraviglia di quel fiume estraneo che attraversa la valle. Le nebbie e le foreste del Monte Fumaiolo, dove nasce e quelle che spesso la mattina ci sorprendono nella piana tiberina, foreste, alberi secolari, vivi e caduti per alimentare il bosco, tramonti e gole come quelle di Forello in Umbria. Il percorso di oltre 200 chilometri nelle terre umbre, la nostra valle e poi Roma quando il fiume si trasforma in mito.

I suoi abitanti, poiane e falchi di palude, aironi cinerini, la sgarza ciuffetto, cigni reali, il martin pescatore, lo spettacolo degli storni a Roma, i gabbiani voraci. E poi i fiori misteriosi come il vilucchio marino presente negli ambienti dunali del litorale. C’è il mistero e la vita in questo Tiberis di Matteo Luciani e l’invito, pressante, a colmare nel cuore e con i passi la distanza con il fiume. È un invito alla riconciliazione con la nostra terra e l’acqua delle nostre radici.  

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