Il revival musicale degli anni ’80 degli ultimi anni è una delle tendenze più evidenti e diffuse nella musica popolare contemporanea. Questo fenomeno non è solo un ritorno estetico o stilistico, quanto una vera e propria revisione della cultura musicale, sonora e visiva degli anni ’80. 

L’uso prominente di sintetizzatori, bassi prominenti e drum machines ha caratterizzato il suono degli anno ’80 ed oggi, artisti contemporanei, come The Weeknd, Dua Lipa, Troye Sivan e Christine and the Queens, hanno rivisitato lquelle sonorità con un approccio moderno, fondendo i suoni elettronici vintage con una produzione più pulita e sofisticata.

Oltre alla musica, gli eighties sono rinati nel campo del cinema, della moda e delle serie TV. Il revival estetico è visibile anche nei look, con giacche oversize, colori neon, occhiali grandi e il ritorno del make-up bold. Netflix ha contribuito enormemente a questo con La serie Netflix Stranger Things, oltre che omaggiare la musica e la cultura pop anni ’80, ma ne ha fatto un elemento centrale nella narrazione.

In particolare, il movimento del “retrowave” ha riportato in auge film, giochi e visioni grafiche che sembrano usciti da un universo parallelo dove i colori fosforescenti e le luci al neon dominano. La grafica retrò, ispirata a VHS, carte da gioco arcade, e film di culto come Blade Runner e Back to the Future, ha ispirato anche brand e designer.

Una delle motivazioni di questo revival può essere legato alla nostalgia: gli anni ’80 sono spesso associati a una sensazione di innocenza prima della grande crisi economica e dei cambiamenti geopolitici che hanno segnato la successiva decade. La nostalgia di un’epoca percepita come più semplice e meno tecnologica gioca un ruolo centrale nel desiderio di ritornare a quel periodo.

Questo revival ha avuto un impatto concreto sulla musica pop contemporanea, portando alla creazione di una nuova era di ibridi sonori, dove elettronica e pop vintage si mescolano a stili moderni come R&B e trap.

Artisti come Lorde e Tame Impala sono altri esempi di come la nostalgia per l’80s possa essere reinterpretata in modo creativo. La disco e l’Italo-disco sono tornati in auge, con molti dj e produttori che riprendono il suono di artisti come Kraftwerk e Donna Summer, ma rielaborandolo per i palcoscenici globali di oggi.

L’esplosione anni Ottanta dei Duran Duran e il dualismo con gli Spandau Ballet

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, l’Inghilterra è scossa da profonde tensioni sociali: disoccupazione giovanile, declino industriale, lotte di classe. È in questo scenario che prende forma una nuova scena musicale urbana, reazione estetica al grigiore della vita quotidiana.

Due filoni principali si affermano:

  • Post-punk: suono ruvido, cupo, intellettuale (Joy Division, Siouxsie & the Banshees)
  • Synth-pop/New Romantic: eleganza, estetica futurista, elettronica e stile (Visage, Ultravox, Japan)

Birmingham, in quegli anni,  diventa culla del new romantic: synth-pop elegante, estetica sofisticata e volto internazionale, città industriale ma culturalmente fertile, dove club come il Rum Runner diventano epicentro creativo. Qui, nel 1978, nascono i Duran Duran I Duran Duran e si forma la lineup definitiva: Simon Le Bon (voce), Nick Rhodes (tastiere), John Taylor (basso), Roger Taylor (batteria), Andy Taylor (chitarra).

Tra i gruppi emergenti, i Duran Duran e gli Spandau Ballet incarnano due facce della stessa medaglia. I primi puntano su un glamour metropolitano, ispirandosi all’arte visiva e alla disco-glam, mentre i secondi virano verso un pop più orchestrato e lirico: il dualismo inglese era evidente nei video patinati e nei look androgini, ma entrambe le band hanno plasmato l’immaginario di un’intera generazione

I Duran Duran esordiscono nel 1981 con l’album omonimo prodotto da Colin Thurston. Brani come Planet Earth, Careless Memories e Night Boat sono caratterizzati da linee di basso funky, synth spaziali e ritmi disco, sintesi perfetta di pop e new wave.

Influenze musicali principali del gruppo sono David Bowie (soprattutto la trilogia berlinese e la fase glam), Roxy Music (Bryan Ferry, estetica da dandy futurista), Chic/Nile Rodgers (funk e disco sofisticati, Kraftwerk e Giorgio Moroder (elettronica visionaria), Japan e Ultravox (raffinatezza new wave), Sex Pistols / Clash (energia punk reinterpretata), con l’obiettivo di unire l’energia del punk, la raffinatezza dell’elettronica e l’immagine glamour del cinema e della moda.

Il primo album è  Duran Duran (1981), pubblicato nel giugno 1981, un manifesto del new romantic. Con produzione di Colin Thurston (già con Bowie e Human League), il disco contiene suoni taglienti ma sensuali, elettronica analogica, groove funky.

Brani migliori:

  • Planet Earth: dichiarazione d’intenti (“This is planet Earth / You’re looking at planet Earth”); funky e cosmico
  • Girls on Film: critica pop-pornografica ai media; ritmo irresistibile
  • Careless Memories: più vicino al punk-pop, chitarristico e ruvido
  • Night Boat: atmosfere gotiche, lente e cinematiche

E’ però il secondo album, Rio (1982), uscito a maggio 1982, che consacra i Duran Duran a livello globale. La produzione è più curata, i video musicali girati in location esotiche (Sri Lanka, Antigua) rivoluzionano il modo di “vedere” la musica. L’immagine è curata tanto quanto il suono.

Brani migliori:

  • Rio: sax latino, basso slap, synth tropicali. Pop metropolitano travolgente.
  • Hungry Like the Wolf: hit internazionale, con video iconico nella giungla.
  • Save A Prayer: ballata spirituale e malinconica, struggente ma grandiosa.
  • My Own Way e New Religion: più sperimentali, quasi funk astratto.

Rio rappresenta la fusione perfetta tra arte, moda, musica e immaginario globale. I Duran Duran diventano i Beatles della generazione MTV.

Con Rio il fenomeno diventa globale: videoclip sofisticati danno al gruppo un’identità stilistica unica, trasformandolo in un fenomeno di costume. Hits come Hungry Like the Wolf e Save A Prayer vengono cantate in coro ovunque, consolidando il loro status di icone pop.

Negli anni successivi, l’accoppiata con il cinema (videoclip e film-concerto), le collaborazioni prestigiose e un’immagine iper-curata trasforma i Duran Duran in sinonimo di moda, club culture e tecnologia. Con oltre 100 milioni di dischi venduti, Inseriti nella Rock & Roll Hall of Fame nel 2022, ritrovano risonanza anche nella generazione X e Millennials: il loro sound continua a entrare nei club, nei festival e nelle playlist di ogni epoca . I Duran Duran incarnano l’idea di “video star”: belli, vestiti con stile, sofisticati, collaborano con registi come Russell Mulcahy per video considerati opere d’arte, sono adorati da fan club femminili ma anche da critici musicali, cosa rara nel pop anni ’80 e fanno parte del movimento “Second British Invasion” negli USA, grazie a MTV.

In questa epoca la musica pop evolve da ribellione punk a spettacolo visivo e sonoro totale. I primi due album testimoniano una transizione generazionale, dove il pop non è più solo melodia, ma anche moda, immaginario, tecnologia e politica dell’immagine.

I concerti del 15 e 16 giugno 2025 – Circo Massimo, Roma

Le due serate romane sono state la tappa italiana del Summer 2025 Tour, inaugurato ad Amsterdam l’11 giugno. Il 15 giugno ha visto l’apertura di Francesca Michielin; il 16, quella di Jack Savoretti . Entrambe le date sono sold‑out: l’attesa era palpabile, i fan, generazioni diverse, si sono mescolati nel suggestivo teatro del Circo Massimo.

Le Bon, seppur lontano dall’immagine dei tempi d’oro, mantiene un’ottima forma e non dimostra i suoi sessantasei anni e ha confermato una tenuta vocale eccellente, spingendosi in timbri che superano quelli degli anni ’80. Non sono mancati i riferimenti alle tragedie attuali come le guerre che devastano l’Ucraina e il Medio Oriente ricordate prima dell’esecuzione di Planet Earth.

Rhodes ha dominato lo spazio sonoro con tastiere cinematiche e texture sofisticate con i picchi in brani come Sunrise, Planet Earth, Save a Prayer e Rio, incendiando la platea

John Taylor, il bello del gruppo negli anni ’80, mantiene un groove funk irresistibile, specialmente in Notorious e Hungry Like the Wolf.

Roger Taylor, imprime il ritmo alle hit del gruppo con il suo stile potente e dinamico, sempre alla ricerca di un suono che supporti e valorizzi i pezzi.

Della formazione originale manca Andy Taylor, lontano da tempo a causa di una malattia, e sono supportati al sax da Simon Willescroft e ai cori da Anna Ross e Rachael O’Connor.

L’integrazione di brani recenti , Invisible, Lonely in Your Nightmar,  Nite‑Runner / All She Wants Is, Girls on Film / Psycho Killer, dimostrano la loro vitalità artistica: mix di nostalgia e innovazione.

Il doppio appuntamento a Roma ha confermano che i Duran Duran non sono solo una band di culto anni ’80, ma un’entità vivente che continua a suonare con intensità, stile e modernità. Tra visual spettacolari, voce stratificata e una scaletta che amalgama classici e sperimentazioni, hanno consegnato al Circo Massimo uno show di respiro internazionale e contenuto poetico, capace di attraversare decenni senza perdere smalto.

La scaletta delle serate:

1. Velvet Newton (Future Past, 2021)

Strumentale di apertura dal sapore cinematico, elettronico, quasi ambient. Introdotta da synth dronici e un ritmo lento, crea un’atmosfera spaziale e visionaria, perfetta per immergere il pubblico nell’universo duranesco postmoderno.

2. Night Boat (Duran Duran, 1981)

Brano cupo, con riverberi darkwave e ritmo rallentato. La versione live accentua le atmosfere gotiche, con giochi di luce rossi e blu, e un’esecuzione vocale intensa da parte di Le Bon.

3. The Wild Boys (Arena, 1984)

Uno dei pezzi più teatrali, con percussioni industriali, synth violenti e cori da stadio. In concerto è un punto di svolta energetico: la band amplifica il tribalismo del brano con effetti visual che richiamano il celebre video di Russell Mulcahy.

4. Hungry Like the Wolf (Rio, 1982)

Uno degli inni del pop anni ’80. Dal vivo rimane potentissimo, con groove funky e ritornello corale che coinvolge tutto il pubblico. Simon Le Bon scherza con il pubblico, introducendolo come “la nostra canzone più carnivora”.

5. The James Bond Theme (tape) +

6. A View to a Kill (A View to a Kill OST, 1985)

Unico tema di James Bond mai andato al n.1 in USA. Rock elettronico, sofisticato e oscuro. Live, viene introdotto con il celebre tema di Bond e immagini in bianco e nero: momento cinematografico e perfettamente coreografato.

7. INVISIBLE (Future Past, 2021)

Elettronica moderna con elementi glitch e una produzione astratta. Dal vivo conserva la raffinatezza dell’originale, con effetti visivi digitali e una sezione ritmica serrata. Eseguita con convinzione, dimostra la vitalità creativa della band.

8. Notorious (Notorious, 1986)

Scritta e prodotta con Nile Rodgers, è un brano funk-pop con basso pulsante e fiati sincopati. La versione live è ipnotica e sensualissima: John Taylor è protagonista con una performance memorabile al basso.

9. Nite‑Runner / All She Wants Is

Mashup curioso tra due brani electro-funk:

  • Nite‑Runner (da Red Carpet Massacre, 2007), co-scritta con Timbaland e Justin Timberlake.
  • All She Wants Is (da Big Thing, 1988), groove ipnotico e industriale.
    Dal vivo, la fusione è fluida e sperimentale, con una sezione centrale carica di pulsazioni elettroniche.

10. Lonely in Your Nightmare / Super Freak

Brano malinconico (Lonely in Your Nightmare, Rio, 1982) fuso con Super Freak di Rick James: combinazione azzardata ma riuscita. La sensualità del brano originale si incontra con l’ironia funk, creando un momento imprevedibile e danzereccio.

11. Evil Woman (cover ELO)

Cover piena di charme del celebre brano degli Electric Light Orchestra (1975). Simon Le Bon ne enfatizza l’aspetto glam e retrò, offrendo un intermezzo nostalgico, ma molto ben accolto dal pubblico.

12. Friends of Mine (Duran Duran, 1981)

New wave puro, secco e tagliente. Con cori distorti e un ritmo ossessivo, live mantiene la tensione dell’originale. È un inno ai “misfits” degli anni ’80, qui riscoperti in chiave tribale.

13. Careless Memories (Duran Duran, 1981)

Uno dei brani più aggressivi del primo album. Voce graffiante, chitarra punk-funk, ritmo serrato. Dal vivo è un’esplosione: uno dei momenti più crudi e fisici del set.

14. Ordinary World (Duran Duran, 1993)

Ballata epica che segnò il ritorno del gruppo nei ’90. Eseguita con grande pathos, chitarre dilatate e voce struggente. Uno dei momenti più emozionanti: la platea canta in coro.

15. Come Undone (Duran Duran, 1993)

Atmosfere liquide, liriche introspettive, elettronica rarefatta. Dal vivo è un viaggio intimo e vellutato. Le Bon dedica il pezzo “a chi si è perso e poi si è ritrovato”.

16. (Reach Up for the) Sunrise (Astronaut, 2004)

Pop moderno, up-tempo e ottimista. Momento di rilancio generazionale. Viene eseguito con energia contagiosa, e una sezione ritmica elettronica molto potente.

17. Planet Earth (Duran Duran, 1981)

Il primo singolo della band. L’inizio del mito. Sound post-punk e disco combinati con stile visionario. La versione live è una dichiarazione d’identità, con video retro-futuristici sullo sfondo.

18. The Reflex (Seven and the Ragged Tiger, 1983)

Forse il pezzo più complesso ritmicamente. Ritornello ipnotico, loop vocali, esplosione pop. Dal vivo, l’arrangiamento è ancora più ballabile. Pubblico in delirio.

19. New Moon on Monday (Seven and the Ragged Tiger, 1983)

Una delle perle sottovalutate. Voce melodica e malinconica, arrangiamenti raffinati. La band propone una versione leggermente rallentata, più dark e intensa.

20. Girls on Film / Psycho Killer

Mashup tra il primo grande successo dei Duran e il brano dei Talking Heads. Fusion ritmica funk-punk: la platea esplode. È un esempio di reinvenzione postmoderna del repertorio classico.

Poi ancora

Save A Prayer (Rio, 1982)

Luce soffusa, pubblico con le torce accese, canto collettivo. Una delle ballate più belle degli anni ’80. Momento spirituale e romantico.

Rio (Rio, 1982)

Finale travolgente. Sax, batteria latina, synth estivi. La band lascia il palco in un’esplosione di colori e ovazioni.

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