La mattina del 9 maggio 1978 a via Caetani fu ritrovato il corpo di Aldo Moro nel vano bagagli di una Renault 4 rossa un po’ malridotta.
Ucciso con 11 colpi sparati da una mitraglietta Skorpion. Finiva così la storia di uomo che voleva andare oltre nel governo del paese coinvolgendo il Pci di Enrico Berlinguer. Proprio quella mattina il Parlamento avrebbe dovuto votare l’esecutivo del Compromesso storico con a capo, nonostante i mal di pancia dei dirigenti comunisti, Giulio Andreotti. E di fatto finiva anche lì, in quella viuzza a due passi da Botteghe Oscure sede nazionale del Partito Comunista e da Piazza del Gesù dove invece c’era il Palazzo che ospitava la Democrazia Cristiana, una delle peggiori follie politiche degli anni ‘70: quella delle Brigate Rosse. Un’organizzazione terroristica che voleva sovvertire la democrazia italiana in nome di teorie che nessuno condivideva e indicando una prospettiva che nessuno voleva o sentiva. Al massimo della loro forza le Br non contavano che poche centinaia di operativi in clandestinità. Autoreferenziali portatori di morte e violenza. Tutto qui.
La morte di Moro segnò la fine delle Br
Dopo il sequestro e la morte di Moro, l’organizzazione che aveva insanguinato per qualche anno l’Italia con atti terroristici, sequestrando ferendo e uccidendo magistrati, giornalisti, professori universitari e operai, si anche operai, venne smantellata dalla reazione isolante del popolo e dall’azione investigativa e repressiva portata avanti dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Qualcuno si pentì, ad iniziare da Roberto Peci a cui per vendetta i vertici Br con grande ferocia uccisero il fratello, ma poi il castello venne giù lo stesso travolgendo i pochi irriducibili rimasti. Eppure, quegli anni, quelle vicende, quei morti, segnarono nel profondo la società italiana e anche le nostre vite.
Non si archivia quella storia
Non va messa in archivio quella storia né va dimenticata l’opera e l’azione politica e umana di Aldo Moro perché gli effetti di quella vicenda perdurano anche se non ci sono più né il Pci né la Dc. Aldo Moro poi fa parte del nostro mondo. Riposa tra le nostre colline, nel cimitero di Torrita Tiberina. Un paese che amava e dove, con la sua famiglia, si recava ogni week end. A Torrita c’è la sua tomba e anche l’archivio che conserva le lettere scritte durante i 55 giorni della sua prigionia prima della condanna a morte: il fondo archivistico Mario Medici.
L’omaggio dei sindaci
Venerdì scorso i sindaci dell’area, ricevuti e invitati dalla padrona di casa la 𝐒𝐢𝐧𝐝𝐚𝐜𝐚 𝐝𝐢 𝐓𝐨𝐫𝐫𝐢𝐭𝐚, 𝐑𝐢𝐭𝐚 𝐂𝐨𝐥𝐚𝐟𝐢𝐠𝐥𝐢, come ogni anno, hanno visitato la cappella di famiglia insieme al vice presidente dell’Area metropolitana Pierluigi Sanna e hanno pregato. Erano presenti il consigliere di Stato Francesco Saverio Garofani per la deposizione del cuscino inviato dal Presidente della Repubblica, il consigliere della Regione Lazio Marco Bertucci, il presidente della provincia di Viterbo Alessandro Romoli e tanti primi cittadini con la fascia tricolore. A seguire il Vescovo Sua Eccellenza Marco Salvi ha celebrato la messa nella chiesa di San Tommaso. Ma il ricordo non è finito con una celebrazione, per quanto sentita, comunque rituale.
Gli alunni dell’Istituto Piero Angela
Si è andati oltre coinvolgendo cento ragazzi delle scuole secondarie dell’ 𝐈𝐬𝐭𝐢𝐭𝐮𝐭𝐨 𝐂𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐬𝐢𝐯𝐨 “𝐏𝐢𝐞𝐫𝐨 𝐀𝐧𝐠𝐞𝐥𝐚” che comprende i plessi di Torrita Tiberina, Civitella S, Paolo e S. Oreste. Ad accompagnarli la dirigente Loredana Cascelli. Nella torre del castello baronale hanno assistito all’inaugurazione dell’installazione artistica “Cosmic Top Secret” curata da Anna Maria Angelucci e Patrizio Gianferro sindaco di Nazzano. Il sindaco di S. Oreste Gregory Paolucci nell’occasione ha presentato l’opera che rappresenta e racconta 𝐢𝐥 𝐟𝐢𝐥𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐧𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐢𝐥 𝟏° 𝐆𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐌𝐨𝐫𝐨 𝐚𝐥 𝐛𝐮𝐧𝐤𝐞𝐫 𝐝𝐞𝐥 𝐒𝐨𝐫𝐚𝐭𝐭𝐞” un pezzo di storia passata per i nostri territori durante la Guerra Fredda. Temi terribilmente attuali visto il mondo che ci gira intorno.
