Violenza psicologica: denigrazione, mancanza di sostegno per i successi dell’altro, controllo ossessivo delle sue abitudini, condizione di dipendenza economica. E ancora: isolamento dalla famiglia di origine e dagli amici, visti come una minaccia per il potere di controllo esercitato sulla vittima.

Tra le varie forme di violenza che un essere umano può commettere nei confronti di altre persone, quella psicologica è la più subdola: difficile da percepire, si insinua nella vita della vittima senza segnali lampanti che le diano un’avvisaglia chiara del pericolo in corso.

Non imprime segni evidenti come le percosse e nessun pronto soccorso rilascia un certificato per un abuso invisibile agli occhi.

La violenza psicologica è una condizione di sudditanza, fatta non solo di regole imposte, ma anche di atteggiamenti velati che pongono una persona in posizione subalterna; è anche difficile da denunciare proprio perché rientra nell’ambito di una serie di atti coercitivi sfumati nella loro intangibilità.

Lo spiega bene la psicologa e psicoterapeuta Anna Maria Pagliara, presidente dell’associazione Spazio Chora, che attualmente opera sul territorio di Capena, anche (ma non solo) in questo ambito così delicato: “Il problema nell’individuare episodi di violenza psicologica sta nel fatto che questo tipo di abuso non ha un corrispettivo oggettivo: siamo parlando di situazioni sfumate, nebulose. Quando fenomeni del genere avvengono all’interno di un nucleo familiare, possono crearsi dinamiche tali per cui la vittima fatica a rendersi subito conto di ciò che sta accadendo, perché vede in questi atteggiamenti dei normali meccanismi che tengono in equilibrio la coppia.

In questo modo si creano però i presupposti per un crescendo di disagi che, alla lunga, potrebbero sfociare in altre forme di violenza, magari a seguito di un episodio più eclatante.

E qui subentra il lavoro dei centri antiviolenza o di associazioni come Spazio Chora, che gestisce incontri di “spazio protetto” all’interno della struttura di Capena: “Quando casi di questo tipo arrivano da noi” racconta la la dott.ssa Pagliara si tratta di situazioni in cui le forme di violenza sono già ad un livello più fisico. Ma chi lo sa se, talvolta, non si sia partiti proprio da un contesto di violenze psicologiche?”

La violenza psicologica rientra nel’ambito più ampio della violenza di genere e, anche in questo caso, le donne hanno un triste primato nelle statistiche: una volta isolate, svilite e rese dipendenti economicamente dal proprio partner, faticano a uscire da un meccanismo contorto che si è insinuato nella loro vita senza lasciare lividi esteriori, ma solo grandi ferite interiori.

Vivono in una situazione di immobilismo e apparente normalità.

Invisibili, sanguinanti.

Vittime.

E poi ci sono loro, gli uomini.

Lasciando da parte le statistiche, si percepisce un mondo sommerso in cui anche loro possono essere vittime di violenza psicologica.

Atti persecutori, ricatti amorali (magari sulla possibilità di vedere i figli dopo una separazione, con conseguente intervento di tribunali) stalking, svilimento.

Uomini molto silenziosi, vittime di una società che ancora si basa su uno stereotipo di genere che li vuole forti e indipendenti.

Non è ammesso tentennare, pena non essere creduti.

Perché, in fondo, si sa, nell’immaginario collettivo i “veri uomini” non sono autorizzati a piangere mai.

 

Sponsor