La foresta Amazzonica come ha detto il presidente francese Macron produce il 20% dell’ossigeno per tutta la terra, con i suoi 6,7 milioni di km quadrati.
In Amazzonia sono stati persi 760 chilometri di foresta dal giugno 2018 al giugno 2019. Ogni anno la terra perde almeno 7 milioni di ettari di foreste vergini. Nel mese di agosto siamo stati spettatori inermi di uno dei disastri ambientali più drammatici della storia ad opera dell’uomo. Il “polmone del mondo”non può riguardare solo la politica degli Stati del Centro America, anche il Papa ha espresso durante l’Angelus in Piazza San Pietro preoccupazione per questa immensa ondata d’incendi. La deforestazione è una delle cause dei cambiamenti climatici, un tema che ultimamente ha scosso l’opinione pubblica e che cerchiamo di frenare. Un comportamento antitetico quello dell’uomo da una parte combatte i cambiamenti climatici e dall’altro appicca incendi per ricavare pascoli, per legna da ardere o per creare campi da coltivare.

La foresta pluviale più grande del mondo è destinata a sparire se non ci sarà un’immediata inversione di tendenza. Sono circa 350 le popolazioni indigene che vivono in Amazzonia oltre ad essere la foresta con la più ambia varietà di animali, piante e il 20% di riserva di acqua dolce del pianeta. Mettere a rischio la foresta amazzonica equivale a mettere a rischio la vita dell’uomo.
 “A causa della deforestazione, la foresta amazzonica nel territorio brasiliano sta perdendo una superficie equivalente a oltre tre campi da calcio al minuto e siamo sempre più vicini a un punto di non ritorno per quello che, non solo è il più grande serbatoio di biodiversità del Pianeta, ma rappresenta uno dei pilastri degli equilibri climatici”, è l’allarme del WWF.

Tutto il mondo ha guardato con preoccupazione agli incendi che stanno consumando km di foresta, molti si stanno mobilitando per dare il proprio contributo da Di Caprio che ha devoluto 5 milioni di dollari a Ecosia il motore di ricerca che pianta alberi dopo un certo numero di visualizzazioni, ma sono proprio le popolazioni indigene le prime a difendere il territorio in cui vivono, pronti a lottare e a resistere già da agricoltori, taglia legna e allevatori, oggi la loro sopravvivenza viene messa a repentaglio dagli incendi e dal disboscamento selvaggio.

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