Che i rifiuti finiti in mare siano una gran quantità, è ormai storia nota. In modo particolare, le plastiche che finiscono nel mediterraneo ammontano a circa 731 tonnellate ogni giorno. Qualcosa però (ci auguriamo), sta per cambiare. Grazie al Ddl salvamare.

IL DECRETO SALVAMARE

La misura è stata ideata nel 2019 e prevede che i pescatori possano essere parte attiva nel recupero dei rifiuti sparsi in mare. Infatti, al momento non possono farlo: i rifiuti trovati in mare sono considerati speciali. E, per questo, sottoposti ad una procedura di smaltimento molto complessa dal punto di vista burocratico.

IL PARADOSSO

Per questo motivo, anche il più volenteroso si trova ad avere le mani legate: paradossalmente, per non infrangere le norme, la spazzatura raccolta deve essere rigettata in mare. In caso contrario il reato previsto è quello di trasporto illecito di rifiuti, che dovrebbero essere addirittura smaltiti a pagamento da chi li ha raccolti.

LA MODIFICA DELLE NORME

Il Ddl Salvamare prevede proprio il cambiamento dell’attuale normativa. I rifiuti raccolti, infatti, potranno essere trasportati nei porti e i pescherecci potranno ottenere un certificato ambientale.

LA SITUAZIONE NEL MAR MEDITERRANEO

In totale, la plastica sparsa nel mediterraneo ammonta circa a 250mila frammenti. Questo rappresenta un grave pericolo per l’ecosistema che spesso scambia la plastica per cibo. Le specie più a rischio sono uccelli, pesci e tartarughe marine, ma anche più grandi mammiferi marini. Tra queste, il 100% delle tartarughe marine ingerisce abitualmente plastica.

L’INDAGINE

Uno studio risalente al 2018 di Beach Litter ( Legambiente ) ha raccolto una media di 620 rifiuti per ogni 100 metri di spiaggia, e li ha analizzati. Fra questi, la maggior parte sono composti di plastiche. Per la maggiore vanno gli imballaggi per alimenti, per pannolini e assorbenti igienici, bottiglie e cartucce per fucili.

IL PARERE DI GREENPEACE

Il ddl salvamare rappresenta un passo avanti, ma non la soluzione. È il parere di Greepeace, secondo cui affidarsi ai pescatori e solo a loro per ripulire il mare non è abbastanza. Inoltre il recupero dei rifiuti non basta certo a certificare un tipo di pesca come sostenibile. Secondo l’associazione, la soluzione migliore è quella di evitare l’uso di plastiche da parte dei produttori. Anche ricorrendo ad una normativa ad hoc e più rigorosa.

 

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