Mentre nel cielo passano la Frecce Tricolori lasciando in scia i colori della bandiera italiana è atto dovuto ricordare come tutto nacque, da quale movimento prese forma l’attuale costruzione del nostro Stato e la sua Costituzione. E’ bene sapere che le nostre terre dopo il crollo del regime fascista, non rimasero a guardare e pagarono un tributo di sangue. Molti capi furono trucidati alle fosse Ardeatine, molti innocenti furono massacrati. Il 7 aprile del 1994 avvenne la strage del monte Tancia, località a due passi da Passo Corese dove il 7 aprile del 1944 fu varata una grande operazione di rastrellamento chiamata “Uovo di Pasqua”.
La strage di Monte Tancia a due passi da Passo Corese
Per SS e Camicie nere non fu una passeggiata, le bande partigiane ben piazzate sulle alture ingaggiarono battaglia e inflissero agli attaccanti gravissime perdite ma, alla fine, dovettero ripiegare. Fu allora che scattò la rappresaglia nazista nelle frazioni S. Gallo e S. Michele Arcangelo del Tancia del Comune si S. Giovanni in Sabina. Furono rastrellate 18 persone. Non potevano essere che donne, anziani e bambini perché gli uomini erano nascosti nei boschi per paura di essere presi. Ma fu irrilevante, la punizione doveva essere esemplare. L’accusa era quella di aver dato sostegno e viveri ai ribelli, non era vero anzi gli abitanti temevano i partigiani, ma quello non era tempo di verità o distinguo. Il gruppo venne ristretto nella chiesetta del borgo e poi portato all’esterno e falciato con la mitragliatrice. Rimasero a terra i cadaveri di otto donne dai 19 ai 66 anni, quattro vecchi dai 70 ai 78 anni e sette bambini dai 2 agli 11 anni. Furono uccisi anche tutti gli animali. Gli ufficiali italiani della Guardia Repubblicana di Salò ricevettero lettere di encomio per il loro operato e l’impegno profuso volto a ristabilire l’ordine in quelle terre riottose. Una modalità di rappresaglia che ha fatto scuola e replicata in ogni guerra successiva e fino ad oggi. Ieri come oggi i ribelli erano definiti terroristi, ieri come oggi chiese e luoghi di culto sono utilizzati come prigioni e obiettivi di guerra.
Il raggruppamento Monte Soratte
I partigiani del Monte Tancia facevano parte del Raggruppamento Soratte, come racconta il volume “il Bunker del Soratte, Una montagna di storia” firmato dall’attuale sindaco di S. Oreste Gregory Paolucci e Giuseppe Lo Gaglio, erano il principale gruppo di resistenza operativo nell’Italia centrale dal Viterbese fino all’Amiata. Contava circa 6000 uomini. Era formato da varie bande coordinate dall’ufficiale medico Manlio Ambrosini. Il suo gruppo era composto da giovani ex militari, la Banda Arancio invece era formata da ex prigionieri inglesi e americani, la brigata D’Ercole-Stalin nata dalla fusione dalla formazione di soldati dell’esercito italiano a cui si aggiunsero i partigiani comunisti di Poggio Mirteto, nei GAP-Gruppi di Azione militavano molti giovani romani di Torpignattara morti per coprire la ritirata dei loro compagni. La Banda del Cimino del professor Mariano Buratti operava nella Tuscia. Al comando del Raggruppamento gli ufficiali dello Stato maggiore dell’esercito italiano Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo e Siro Bernabò.
Inizia il tempo del sangue
Inizia il tempo della guerra , dei sabotaggi di attacchi alle colonne naziste di intelligence per gli alleati , di assalti a ponti treni, a Poggio Mirteto viene bruciato il treno di Mussolini, mentre la banda Cimino riesce anche ad abbattere un aereo tedesco Fokker. Manlio Gelsomini, atleta e medico, organizzò un attentato presso il quartier generale tedesco sul Soratte. I partigiani provarono ad avvelenare l’acqua che riforniva il bunker. l’operazione però fu sventata. Intanto si intensificavano gli attacchi alle colonne militari naziste, cresceva l’azione a sostegno degli Alleati.
Le spie fanno grandi affari
La battaglia del Monte Tancia ha comunque ridotto i ranghi delle bande partigiane anche se proseguono gli arrivi di nuovi volontari. Ma l’Italia dopo l’8 settembre del’43 è una terra brutta, confusa, disorientata , terra di tradimento , regno di spie. Furono delatori italiani ad indicare che nelle propaggini dei monti reatini erano presenti forti bande partigiane, fu catturato per l’azione di delatori il colonnello Montezemolo , gli stessi Gelsomini e Buratti, quest’ultimo bloccato in macchina mentre era a Roma per acquistare armi. Si commerciava tutto in quell’Italia smarrita e distrutta. Montezemolo e Gelsomini dopo essere stati torturati in via Tasso, furono trucidati alla Fosse Ardeatine , Buratti fucilato a Forte Bravetta.
La Ninna Nanna di Don Morosini
Don Giuseppe Morosini era un cappellano militare in servizio a Roma. Dopo l’8 settembre entrò nella resistenza romana. In virtù della sua qualifica aveva facilità di passaggio ai posti di blocco e collegamenti con le aree già occupate dagli alleati. Con la sua azione facilita il reperimento di fondi e armi per i gruppi che operano a Roma. Riesce ad ottenere da un ufficiale tedesco in servizio al Soratte le mappe del sito ed i piani di difesa di Cassino. Ma un romano, si pensa spia della Gestapo, lo vende ai tedeschi per 70 mila lire. Nella perquisizione che segue l’arresto fu rinvenuta la mappa, oltre ad una pistola e Don Morosini venne condotto nel carcere di Regina Coeli. Cella 382. Proprio in quei pochi metri quadrati la sua storia si intreccia con quella del Raggruppamento Soratte. Suo compagno infatti era Epimenio Liberi componente di una formazione partigiana del Partito d’Azione che collaborava con le il presidio partigiano di Montezemolo, come una sorta di ufficiale di collegamento tra Roma, Civita Castellana, Sant’Oreste e Castel Sant’Elia per reperire fondi e armi. Aveva 23 anni e un figlio in arrivo. Venne arrestato , anche lui, in seguito ad una ”spiata”, nelle tasche aveva un somma ingente, 17 mila lire. Fu portato a via Tasso torturato e poi trasferito, malconcio, a Regina Coeli. In cella confidò a Don Giuseppe, già condannato a morte, il suo amore per la moglie, incinta e l’emozione per l’attesa di un figlio. Don Morosini compose per lui una Ninna Nanna. Entrambi morirono giustiziati: Don Morosini a Forte Bravetta, Epimenio Liberi alle Fosse Ardeatine. Dopo la morte del marito la moglie Giovanna perse la bambina che avrebbe dovuto chiamarsi Cecilia. Il brano da allora prese il nome di “Ninna Nanna per un bambino mai nato”
La storia finisce qui. Ma una postilla è necessaria.
I delatori che appaiono in questa storia la fecero franca come è intuibile, ma la cosa incredibile è che sostanzialmente fu lo stesso anche per i responsabili della strage del Monte Tancia. Alla fine di una lunga sequela di processi , indulti, sconti di pena, nel maggio 2010 il Procuratore militare con una sentenza tombale ha scagionato e assolto tutti gli imputati italiani ed anche i due ufficiali tedeschi ancora in vita. Non è stata fatta giustizia per le donne, gli anziani e i bambini uccisi a Pasqua del ’44.
