Sportivamente parlando faremo un ‘pit stop’, indispensabile, necessario e utile. Per mia madre, che ha oramai un’età importante, per mia moglie Sabrina e per il sottoscritto. La vita a volte lo richiede e noi ora dobbiamo farci trovare pronti. Per questo sospendiamo l’attività. Con la speranza di riaprire il prima possibile. Perché il Grottino, per me e la mia famiglia è una ragione di vita. E la dimostrazione d’affetto che sto ricevendo da quando si è diffusa la notizia del nostro fermo è commovente e travolgente. A testimonianza dell’amore che il territorio ha nei confronti del ristorante, che in tutti questi anni è stato qualcosa di più di un semplice punto di ristoro…”. Quando Massimiliano Venditti lo dice si commuove, perché sa bene che il suo ristorante per il territorio a nord di Roma è diventato in circa settant’anni di attività un vero cult per gli amanti della cucina autentica, genuina e prelibata. Un cult doppio, dal momento che chi conosce “Il Grottino” lo sa bene, questo posto è luogo di paesaggi, di verde e di fatica, nato nella primavera del 1956, tra Pian dell’Olmo e Quadro Alto, in una grotta incastonata ai piedi di un montarozzo, che conservava al fresco gli alimenti che la natura offriva, per dare da mangiare agli operai delle cave di tufo, che in quegli anni lo circondavano fino a popolarlo.

“Tra il 2011 e il 2012 ˗ continua Massimiliano ˗ il mio locale, per ben due volte è diventato un avamposto per i lottatori che si opposero alla discarica dei rifiuti alternativa a Malagrotta. Centro di riunioni, di preparativi, di rifocillamento per chi quella resistenza. Un’esperienza unica, che da quel momento in poi ha ancor di più legato “Il Grottino” al territorio di Riano e non solo”.

Quanta gente hai visto passare per i tavoli del tuo ristorante? “Tantissima. Così tanta che faccio persino fatica a darne un’immagine numerica compiuta. Da persone e famiglie semplici a personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo. C’è gente che viene qui da decenni, almeno una volta al mese. Ho visto nascere e crescere famiglie intere. Ho qui conosciuto amici che non hanno mai perso l’abitudine di venire a trovarci”.

Il Grottino, tra la fine del 1985 e l’inizio del 1986, ha ospitato anche l’intero cast cinematografico de “Il nome della Rosa” di Jean Jacques Annaud. “Un’emozione indescrivibile quando ci ripenso” mi dice Massimiliano, classe 1971, mostrandomi la collinetta di Pian dell’Olmo che dalla splendida terrazza del locale si apre ai nostri occhi. “Oggi è un ammasso di sterpaglie ˗ aggiunge ˗ ma in quel periodo, per sedici settimane, ha dato vita a uno dei film più visti della storia. Aver avuto qui tutti quegli attori, a cominciare da Sean Connery, è stata una cosa meravigliosa”.

I suoi ricordi da piccolo ˗ rivà con la mente Massimiliano, classe 1971 ˗ sono proprio legati alle celebrità che, come per magia, vedeva materializzarsi in trattoria davanti agli occhi. Tanti i personaggi: Memè Perlini, Nico Garrone, padre di Matteo, Vittorio Gasmann, Silvia Coscina, Virna Lisi, Michelangelo Antonioni, Dante Ferretti, Franco Interlenghi, Roberto Benigni, Renzo Arbore, Laura Morante, Claudio Baglioni, Antonello Venditti, Anna Oxa, Iva Zanicchi, Paolo Mieli e tanti altri.

Da quando la notizia della sospensione dell’attività, che inizia oggi 9 dicembre, si è diffusa in tante e tanti, tra amici, conoscenti, clienti recenti e di lunga data, hanno inviato messaggi e fatto telefonate a Massimiliano. “Sono state e continuano a essere tanti, proprio tanti, quelli che mi stanno inviando in mille modi la loro vicinanza o il loro stupore o la loro incredulità per la cosa. Tutti mi dicono ‘ma come?’ ‘perché chiudi?’, tutti a chiedermi ‘quando riaprirai?’… e ogni loro messaggio, ogni loro telefonata, credimi, mi riempie sì di gioia ma al contempo mi carica di enorme responsabilità, dal momento che mi fa capire che la storia della mia famiglia, che è tutta racchiusa in questo locale, non posso di certo farla finire io… a tutti, perciò, dico: ‘ritorneremo!’. L’obiettivo è farlo il prima possibile. Appena sistemiamo alcune cose, antipatiche e fastidiose, personali e non solo, torneremo. Torneremo perché se penso a ciò che mia madre e mio zio, Giorgio, che ora non c’è più, hanno fatto per questo posto non posso non farlo…”.

Tra i tanti messaggi giunti a Massimiliano, oltre ad alcuni scritti da personaggi del mondo dello spettacolo, anche quelli di giornalisti e di colleghi ristoratori, locali e non solo.

“Io quando vengo lì sto bene in tutti i sensi. Ci sto bene perché oltre a mangiare bene, stacco completamente la mente dal tra tran della città. Dal ritmo estenuante della Capitale. Ora che chiudi, spero polo per un po’, mi mancherà molto questo tuo luogo senza tempo, dove tutto parla di natura e di vita. Spero tu possa riaprire presto. In bocca al lupo” gli manda a dire C.A. un vip abituale.

“Quando vuoi fatti sentire, ti abbraccio e forza Massimiliano, ristoranti come il tuo non possono e non debbono chiudere, per ciò che rappresenta e per la qualità del cibo che offre. Hai una storia da portare avanti. Io per te ci sono” gli scrive lo Chef Tiger da Milano, titolare della “Risacca blu”, uno dei ristoranti di pesce più noti della città.

“Il Grottino ˗ scrive il giornalista Luca Benigni ˗ era il ristorante interno alla valle, un viaggio tra giganteschi camion carichi di blocchetti, andavano verso la Tiberina, con mio padre, invece, andavamo in senso contrario verso quel ristorante, appollaiato su, in altura quasi a guardia della valle, a portare gelati prima di Eldorado, quello del Camillino, e poi Toseroni Marche, che non ci sono più ma che hanno reso dolce le estati degli anni ’60, ‘70 e ‘80. In attesa c’era una signora e alla griglia un piccolo uomo magro e dai capelli lunghi. E quegli odori di sugo e di carne in cottura davano senso alla mia attesa, mentre papà sistemava scatole di cornetti e ghiaccioli nel frigo. Davano senso alla bella estate saporita di sogni e dolcezza”.

L’augurio che ci sentiamo di fare a nome dei lettori a Massimiliano, a Sabrina e a Liliana, è di tornare presto e bene a farci rivivere la loro cucina in questo luogo, in bilico sul paesaggio, sospeso sul verde, dondolante sulla natura e a metà tra l’antico e il moderno. In bocca a lupo! E forza, forza, forza!

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