“Chiediamo a  tutti, e in primis alle Istituzioni, Ministero, Comuni, Provincia, Regione, un impegno corale a salvaguardia di un bene comune. E’ l’unica scelta, diversamente c’è la resa, la terra si riprenderà il mansio, le sue storie , le tombe, l’acqua sorgiva, come se avessimo rifiutato il suo dono. E pure una parte di noi”.

Così si chiudeva il pezzo sui resti del villaggio romano di S. Marta a Capena, rinvenuti nell’area tra Bricofer e la Nissan, che abbiamo pubblicato il 1° maggio del 2019. Oltre due anni fa. Da allora non è stato fatto nulla e quanto temuto e denunciato ora sta per accadere. La terra, sembra ora pronta  a prendersi tutto. I resti del mansio stanno per essere interrati di nuovo. La ruspa è li che attende di coprire le ultime cose.

I resti del mansio stanno per essere di nuovo interrati

 

L’area di proprietà dei costruttori Scarpellini oggi appare una grande distesa di terra di riporto.  Restano in vista, ancora, ma non si sa per quanto, la zona dei cosiddetti laghetti, quella dei ritrovamenti,  sul fronte strada della provinciale Tiberina proprio a ridosso di una  cadente e bucata rete di protezione. Nei mesi di giugno e luglio la proprietà ha operato sondaggi ulteriori a confine con la Nissan e nell’area  adiacente l’autostrada. Evidentemente sono stati negativi e dunque, si può dedurre, che in base a queste risultanze la Soprintendenza abbia dato il via libera alla ricopertura del terreno.

L’evoluzione della storia è stata denunciata questa mattina dal consigliere Antonio Paris che su suo profilo fb ha postato foto e un commento: “Nei giorni di Ferragosto quando tutti sono più distratti, la nostra URBANISTICA D’ASSALTO che non dorme mai quando si tratta di affari, ha ripreso i lavori ed interrato in poche ore tutti i reperti archeologici. Ho avvisato il Vice sindaco e assessore all’Urbanistica che mi ha garantito che domani, lunedì 23 agosto sarebbe subito intervenuto sulla Soprintendenza. Strano che questa Soprintendenza sempre sollecita quando si tratta di cose marginali chiuda  tutti e due gli occhi di fronte a disastri di questa portata. Stavolta non ci fermeremo qui. Se servirà faremo presentare interrogazioni alla Regione e in Parlamento”.

Sotto accusa la Soprintendenza

E’ questa la prima posizione pubblica di un consigliere comunale di Capena sul futuro di quell’area. Non ne esistono altre in precedenza. Il nostro appello  di tre anni fa  è caduto nel vuoto e così ha preso forza la soluzione più sciatta: ricoprire tutto. Dimenticare. A decidere sono rimasti il proprietario dei terreni e la Soprintendenza. Il primo è portatore di interessi legittimi, anche comprensibili, la seconda, meno accettabile, di una visione distratta e burocratica della tutela dei beni comuni , talvolta politica. Oggi, lunedì 23 agosto, il sindaco Roberto Barbetti e l’assessore all’urbanistica Giandomenica Pelliccia chiederanno lumi e spiegazioni a chi ha  il dovere di tutelare la nostra storia. Non si può restare passivi, la comunità va interpellata sul “che fare” del Mansio di S. Marta.

Quel villaggio è un pezzo della Valle Tiberina

Che non è una semplice tomba, o villetta romana, ma un piccolo villaggio, stazione di posta. E’ stato abitato dall’epoca Repubblicana fino alla fine dell’Impero romano, da una piccola comunità di contadini, medi proprietari terrieri, fattori dei latifondisti romani, allevatori, commercianti locandieri. Nella struttura di S. Marta si insediarono precocemente anche i primi cristiani e da lì partiva la strada verso un piccolo porto che veniva utilizzato per far giungere a Roma grano, vino, cereali e olio, ortaggi. Insomma nelle vie di quei ruderi si viveva e si moriva come testimoniano le decine di tombe rinvenute poco più avanti. Sono un pezzo grande della storia  della comunità che viveva nella media vale del Tevere. Dunque nostra. Non è questione che può essere decisa  in pochi e a ferragosto.

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