Stefano Fresi

Se vai a cercare sui motori di ricerca digitando “Stefano Fresi”, al momento in cui scriviamo questo pezzo escono circa 200mila pagine. Non male, non male davvero. Se però vuoi capire davvero chi c’è dietro e dentro quelle pagine, è opportuno fissare un appuntamento e andare a trovarlo nella sua abitazione di Sacrofano. E così abbiamo fatto.

Stefano Fresi ci apre e ci viene incontro. E già ride. Perché ha le unghie da “femmina”, tutte appuntite e ricostruite. Unghie da scena. Poi scopriremo perché. Entriamo. Nella sua bella casa, ad attenderci, anche la compagna Cristiana Polegri, sassofonista di fama internazionale, e Lorenzo, il loro bellissimo figlio.

Nessun convenevole. Moka sul fornello per un caffè da condividere e via alle parole, mentre Lorenzo ci gira intorno “curioso”, come tutti i bimbi.

Stefano, quando e come è iniziata la tua vita da artista?

Sono nato a Roma, nel quartiere Centocelle. Papà Piero lavorava in banca, mamma Elide casalinga. E poi c’era mia sorella, Emanuela.

A cinque anni ci hanno regalato un cane e un gatto. Entrambi non potevamo tenerli e così abbiamo regalato il cane ad un architetto amico di famiglia, che per ringraziarci a regalato a me una pianola. Quel giorno è cominciata la mia storia d’amore con la musica, che dura ancora oggi.

Anni belli, immaginiamo. E poi che è successo?

Anni belli e spensierati. Con la musica a farmi compagnia. Dopo qualche anno ci siamo trasferiti a Marcellina. Dove Toni e Augusto Fornari (il primo noto autore musicale, il secondo attore, NdR) vivevano e dirigevano il Coro Polifunzionale Marcellinese. E io e mia sorella Emanuela ci siamo iscritti al coro e abbiamo iniziato a cantare il repertorio delle musiche del ‘500, tra sacro e profano.

Una bella palestra, con i fratelli Fornari. Dai, racconta il seguito…

Alla fine io, Emanuela e Toni Fornari abbiamo composto un trio musicale. Mia sorella, appassionata e laureata in archeologia, l’ha voluto chiamare “Favete linguis”, per dargli un tocco d’epoca (e sorride, cosa che farà spesso durante questo incontro, NdR). Andavamo in tournee, nei locali, nei pianobar, nelle piazze.

A un certo punto Augusto Fornari mi ha selezionato per lo spettacolo “Aspetto fuori” al Teatro dei Satiri, a Roma. Quella sera è iniziata anche la mia carriera da attore.

Fino al fatidico incontro con Michele Placido?

Eh già. Ma prima tanto teatro e fiction televisive. Una bella scuola. Poi, nel 2004, sono in scena a teatro con i “Tre Moschettieri” e Michele Placido mi vede e mi propone la parte del “Secco” nel film “Romanzo criminale”. Dal quale poi è derivata la serie televisiva.

Quando è arrivata la notorietà? Dopo quale film hanno iniziato a riconoscerti per strada?

Sicuramente dopo “Smetto quando voglio”. Prima avevo girato numerosi altri film (li troverete nell’apposito riquadro, NdR) ma con il primo episodio della trilogia dei laureati/spacciatori è arrivata la soddisfazione del successo e i primi soldini buoni per pagare il mutuo di questa casa.

A proposito di successo, oggi sei considerato il miglior caratterista del cinema italiano. Quanto ti ha cambiato diventare famoso?

Mi ha cambiato soltanto nell’aspetto del tempo a disposizione. Negli ultimi due anni ho girato tanti film e sono impegnato anche con delle serie televisive. Per il resto sono lo Stefano di sempre, che appena può passa giorni interi in famiglia, insieme agli amici di sempre, a stare in allegria e cercare di godermi la vita il più possibile.

Davvero niente voli pindarici?

No, per niente. Però devo confessare che oggi, con una sicurezza economica più solida, sono decisamente più sereno. Certo, gli apprezzamenti dei critici e il riconoscimento positivo del pubblico sono soddisfazioni che fanno un immenso piacere ma per il resto, umanamente, sono rimasto quello della pianola a cinque anni. Felice dell’orgoglio con cui vivono questo momento i miei genitori, la mia compagna e Lorenzo, mio figlio.

Lorenzo, sette anni. Che da grande vorrà fare l’attore, immaginiamo…

Sì, ma non per diventare famoso. Per un altro motivo, che è la cosa più bella che mi hanno detto in questi ultimi anni. Un giorno gli ho chiesto perché da grande volesse fare l’attore e lui mi ha risposto “così farò ridere mamma come la fai ridere tu”.

Dovremmo chiuderla qui, questa intervista. Con queste bellissime parole. Ma resta la curiosità per queste unghie e poi una piccola incursione nel tuo libro dei sogni. Che ci fai con queste “unghiette”?

Una gran bella cosa. Sto girando “Il nome della Rosa”, con accanto attori del calibro di John Turturro e Rupert Everett. Una serie televisiva della Rai, che andrà in onda in autunno in otto puntate, per la regia di Giacomo Battiato. E queste sono le unghie di Salvatore, il personaggio che interpreto. La cosa più emozionante, oltre lavorare con degli autentici mostri sacri del cinema, è che le sceneggiature sono quelle originali approvate da Umberto Eco.

Complimenti. Complimenti davvero. Mentre nei cinema sta uscendo “Sconnessi”, in cui apparirai insieme a Fabrizio Bentivoglio e Carolina Crescentini e continuano le repliche in tutta Italia dello spettacolo teatrale “Sogno di una notte di mezza estate” per la regia di Massimiliano Bruno, ecco la nostra ultima domanda. C’è un ruolo che sogni di interpretare da sempre?

Ce ne sono tanti. Ma in assoluto il mio sogno è interpretare la figura di Ettore Majorana. La storia di quell’uomo mi affascina da sempre. Era uno dei più grandi fisici del mondo ed è scomparso per non diventare complice di quelli che da lì a poco avrebbero dato il via alla realizzazione della bomba atomica. Ecco, sarebbe davvero un sogno realizzato interpretare un giorno un uomo così.

STEFANO FRESI. LA CARRIERA.

Nato nel 1974, Stefano Fresi dopo la maturità classica e il diploma in conservatorio si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia. Lascia l’università per cercare lavoro e si avvicina sempre più al teatro e alla musica. Sono queste due passioni a spingerlo pian piano verso il cinema. Debutta con un piccolo ruolo in Almost Blue (2000, Alex Infascelli) e poi arriva il ruolo del “Secco” in Romanzo Criminale (2005, Michele Placido). Da allora il cinema diventa un percorso ricco di opportunità. Da Riprendimi di Anna Negri (2008) a Riflesso (2009, David Petrucci), a Viva l’Italia (2012, Massimiliano Bruno) e Benur – Un gladiatore in affitto (2012, Massimo Andrei). Ma la vera consacrazione cinematografica, quella che reca scritta la parola successo accanto al suo nome arriva nel 2014 con Smetto quando voglio, diretto da Sydney Sibilla.

Siamo alla svolta. Tutti lo chiamano. Diventa il caratterista più apprezzato e talentuoso del cinema italiano. E firma interpretazioni di particolare spessore. Da Ogni maledetto Natale (2014, Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre) a Noi e la Giulia (2015, Edoardo Leo), da Gli ultimi saranno ultimi (2015, Massimiliano Bruno) a Forever Young (2016, Fausto Brizzi) fino ai due nuovi episodi di Smetto quando voglio, Masterclass e Ad Honorem (entrambi nel 2017) a Nove lune e mezza (2017, Michela Andreozzi), a La casa di famiglia (2017, Augusto Fornari) e a Sconnessi (2018, Christian Marazziti).

Collabora inoltre con diverse scuole di musica e tiene seminari di composizione. Come compositore ha affiancato molti nomi importanti del cinema italiano come Giuseppe Tornatore, Gigi Proietti, Attilio Corsini, Leone Pompucci, Anna Negri, Davide Luchetti e Riccardo Grandi.

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