L’8 di dicembre è il giorno che fa da apripista temporale al periodo del Natale.
Ogni anno, in questo giorno, la stragrande maggioranza delle famiglie allestisce in casa, ma anche in giardino, il proprio albero.
Il giorno che la Chiesa consacra all’Immacolata rappresenta il segno plastico dell’avvio della lunga festa che avrà fine il 6 gennaio, in occasione dell’arrivo della Befana.
In mancanza di storicità accertata, tra le varie leggende volte a svelare l’origine della tradizione dell’albero, due appaiono le più audaci e curiose tra quelle lette.
La prima, risalente al 1441, narra che a Tallin, in Estonia, l’albero di Natale fu eretto, senza decorazioni, da alcuni giovani scapoli della città al fine di ballarci attorno nell’intento di ricercare l’anima gemella.
La seconda, che è quella che poi viene presa come punto di partenza simbolico di questa memoria, narra che il primo albero di Natale al mondo allestito per l’occasione fu quello di Dorothea Sybille di Brandeburgo, duchessa di Brieg per matrimonio, nel 1611. Il racconto mitologico attorno a questo evento vuole che l’aristocratica donna polacca, in vista delle feste, dopo aver fatto agghindare, con decori e ornamenti, il suo troppo disadorno castello, accorgendosi che un angolo del salone principale dello stesso era rimasto disadorno, chiese ai servitori di recarsi in giardino, di tagliare un abete e di collocarlo in quel posto vacante.
Storia vuole, però, che già sei anni prima, nel 1611, proprio in preparazione del Natale, i cittadini di Strasburgo erano soliti addobbare in casa degli abeti con rose di carta colorata, frutta (per lo più mele) e dolci vari.
In Letteratura (consentitemi la L grande in questo caso…), nonostante Charles Dickens sia considerato “l’inventore” del Natale, grazie al suo “Canto di Natale”, che apparve per la prima volta nel 1843, il primo a parlare, seppur di sguincio di questa tradizione dell’albero legato al Natale, è stato Johann Wolfgang Goethe nel suo romanzo più celebre: “I dolori del giovane Werther”.
Il romanzo, pubblicato nel 1774, è composto da una serie di lettere che il protagonista invia al suo amico Guglielmo nel corso di venti mesi. In una di queste missive il protagonista, Werther, parlando di Charlotte, soprannominata Lotte, a cui, invaghito, va a fare visita, a Whlheim, nella Renania, parla di un albero decorato con candele, mele e dolcetti.
Si potrebbe scrivere tanto ancora sulla storia degli alberi di Natale.
Scrivere, in effetti, è come addobbare un albero. Ogni ramo ha la palla o il fiocco che lo caratterizza. Lo stesso vale per i libri e per chi li scrive… o per chi li pensa.
A me, amante di libri, l’albero di Natale, che anche io l’8 dicembre farò rispettando la potente tradizione, ne riporta alla mente uno piccolo di Gianni Rodari, scritto nel 1962, dal titolo “Il pianete degli alberi di Natale”. È la storia di Marco, un bambino romano, che riceve in dono dal nonno un cavallo a dondolo, grazie al quale riesce a fare voli inimmaginabili. Uno di questi voli lo porta negli spazi siderali, dove viene accolto da un’astronave che lo porta in un pianeta sul quale gli viene assegnato come guida un suo coetaneo, Marcus. Lì, nonostante sia ancora ottobre, Marco nota un’enorme quantità di alberi di Natale, tutti addobbati e tutti messi per strada. Sbalordito chiede il perché. E Marcus, pronto, gli spiega che in quel posto ogni giorno dell’anno è Natale…  e sognare che sia vero, magari facendo l’albero, si sa, non casta nulla.

P.S. In Italia, la prima ad addobbare un albero di Natale, nella seconda metà dell’Ottocento, pare sia stata la regina Margherita di Savoia, moglie di Umberto I, che ne fece allestire uno in un salone del Quirinale.

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