Le feste sono vicine e i commenti a tavola altrettanto. Sono più di tre milioni le persone che in Italia soffrono di disturbi del comportamento alimentare (DCA), che rappresentano dopo gli incidenti stradali, la seconda causa di morte negli adolescenti tra 12 e 17 anni. Queste forme di disagio psichico racchiudono purtroppo grandi numeri: per ogni 100 ragazze in età adolescenziale, 10 soffrono di un disturbo collegato all’alimentazione, e sono sempre più rilevanti anche i numeri dei pazienti di sesso maschile, soprattutto nella fascia tra i 12 e 17 anni. Da studi recenti è emerso come l’età dell’insorgenza di tutti i DCA si sia abbassata intorno ai 10-11 anni.
Quando siamo bambini ci raccontano poco o forse male i cambiamenti fisici e psichici che ci aspettano durante l’adolescenza e per questo la maggior parte delle volte sono sempre poco accettati, e in un’epoca in cui siamo circondati da “corpi ideali” o standard di bellezza estremi la loro comprensione resta ancora più difficile: le ragazze si vedono tutte troppo in carne, i ragazzi si sentono tutti troppo inadatti. In questo modo far sì che si inneschino dei meccanismi disfunzionali sul controllo del peso, dunque sul cibo, è veramente facile.
Ma cosa possiamo fare per affrontare queste situazioni? Oltre a comprendere e saper riconoscere tali patologie è fondamentale adottare un rapporto sano con il cibo dai primi anni di vita del bambino, promuovendo poi l’accettazione di diverse identità corporee. Vi chiederete: in che modo? Partendo dalla tavola, il nido di ogni famiglia, il cuore di ogni casa. Tutti noi attraverso dei piccoli gesti quotidiani possiamo fare la differenza agli occhi di chi ci circonda e il rapporto col cibo può essere un modo per mantenere un legame sano con i propri cari.
Non è facile comunicare con i ragazzi di questa fascia di età, l’adolescenza è quel periodo di transizione tra l’infanzia e l’età adulta in cui si susseguono cambiamenti su molteplici livelli. È una fase di vita che racchiude in sé grandi mutamenti e grande disorientamento. È un lavoro delicato. Certo non si può dire loro che se mangeranno bene non avranno patologie gravi da adulti, perché non è quello che a loro interessa. Piuttosto sarebbe conveniente parlare di come potrebbe migliorare il rendimento scolastico, la prestazione sportiva o la forma fisica. Quello che è più necessario è un avvicinamento, da parte di noi tutti, far capire loro che sono compresi.
Come professionista, ho capito che un piano alimentare formulato su misura e stampato funziona fino a un certo punto, bisogna cercare una leva per il progresso, mettersi a disposizione del loro bisogno perché il cambiamento del rapporto col cibo è una vera e propria rivoluzione della mente (e questo è vero anche per un adulto).
L’alimentazione è una parte importante e fondamentale della vita di tutti noi. Viviamo in una società consumistica che ci offre tante cose e tra queste troppo cibo: un’altra cosa da ricordare è che per ricaricarci non abbiamo bisogno solo di cibo ma anche di riposo e di esercizio fisico.
Capita molto spesso di mangiare in modo disordinato per stress, tristezza, rabbia e talvolta ci si sente tutto tranne che appagati, piuttosto insoddisfatti, con la necessità di assumere altro cibo e iniziare un circolo vizioso. Questa condizione è quella che viene definita come fame emotiva, o emotional eating, e rientra a far parte di una delle grandi cause di insorgenza di un disturbo del comportamento alimentare, nei giovani e negli adulti. Per questo motivo è importante dedicare il giusto tempo al pasto, ricollegando lo stato d’animo al di fuori dell’assunzione del cibo. Educare fin da subito i ragazzi nel saper gestire le loro emozioni rappresenta un grande gesto di prevenzione nei confronti dei DCA, così come l’attività fisica può essere un potente strumento per insegnare l’autocontrollo e la gestione dello stress, contribuendo a creare una maggiore resilienza emotiva nei bambini e negli adolescenti.
Alcuni punti sui quali porre attenzione in questi giorni di festa, e non solo, sono:
- Evitare discorsi ansiosi a tavola, senza parlare di calorie, porzioni o grassi
- Dissociare l’atto del mangiare dalla ricompensa, ricordando che il cibo non è un premio per dei comportamenti positivi o una punizione per degli eventi negativi
- Rendere il pasto a tavola un momento conviviale, cercando di condividere i pasti e rendendo la tavola un momento di comprensione e condivisione
- Coinvolgere anche i più piccini nelle scelte alimentari
- Fare sport per il piacere di farlo, di benessere, e non come forma di compenso
- Essere modelli di uno stile di vita sano, senza saltare i pasti o adottare schemi estremamente rigidi
Carro lettore che mi stai leggendo, giovane o adulto che tu sia, concludo dicendo che molte volte ci chiudiamo in una bolla, convinti che i nostri problemi siano troppo complicati da spiegare, e questo pensiero non fa altro che incrementare una forma di allontanamento. Se ti ritrovi un po’ in queste parole voglio solo dirti che parlare con qualcuno delle difficoltà che stai passando può essere sì difficile, ma anche di fondamentale importanza. A volte anche il solo fatto di esternare un problema, di metterlo nero su bianco, può rivelarsi terapeutico.
Naomi, la Vostra Nutrizionista
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