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E’ stata la stagione dell’olio buono di di qualità superiore rispetto alla media degli ultimi anni. Insomma tra gli olivicoltori delle colline tiberine c’è un moderato livello di soddisfazione. Il prezzo medio di vendita al litro ormai si è stabilizzato tra i 9 e i 10 euro.  Un quota ritenuta di buon equilibrio economico. Gli uliveti possono essere  il futuro dell’agricoltura  nella Valle del Tevere. Un settore trainante dopo essere stato per secoli complementare per non dire marginale. Gli ulivi dovevano trovare spazio tra i filari delle vigne, pochi i terreni dedicati esclusivamente alla loro coltivazione. 

Oggi invece sono la carta vincente per mettere a reddito terreni incolti e recuperarli dall’ abbandono.

Ulivi contro l’abbandono delle terre

Fare questo significa anche dare nuova protezione al territorio contro il dissesto idrogeologico indotto dai cambiamenti climatici. Va in questo senso, per esempio, la scelta del nuovo consiglio dell’Università agraria di Capena che ha deciso di recupereare quote incolte mettendo a dimora 250 nuovi ulivi.

Matilde Di Pietro, consigliera dell’Ente ed operatrice agricola in quanto proprietaria con la sua famiglia del frantoio l’Antica Macina, conferma questa impressione, questa traccia di bilancio. “E’ un po’ presto per titrare le somme – dice  – c’è chi ancora raccoglie ed il frantoio lavora ancora ad un ritmo sostenuto, però alcune cose si possono dire: buona qualità quest’anno, molto buona, le caratteristiche organolettiche sono di pregio. La resa non è stata altissima, circa 12 litro ogni quintale, in compenso però è stata robusta  la quantità prodotta. Si conferma la base produttiva storica, anzi si consolida, mentre si fanno avanti giovani che recuperano terreni di famiglia e vecchi uliveti, a cui si da nuova vita. C’è una maggiore consapevolezza ambientale, una maggiore cultura alimentare, ma conta molto anche il prezzo di riferimento di vendita al pubblico” .

Matilde Di Pietro: c’è spazio per crescere

C’è futuro? “Si penso proprio di si –  commenta Matilde – c’è spazio per far crescere la produzione, ed è in crescita la domanda. Mettere a coltura un terreno abbandonato con ulivi, oggi è una ipotesi di prendere in considerazione poiché anche mediamente remunerativa. Io credo che ci sia sempre più spazio oggi per una agricoltura di qualità”.  E le aziende agricole e di  qualità a Capena, come in tutta l’area che comprende la colline tra la Flaminia e la Tiberina ormai fioriscono:  dalla Sicilsano che vende i prodotti dell’orto a Roma, ai giovani viticoltori che hanno reimpiantato vigne e fatto rinascere vini storici come il Bellone, a quelli che nei terreni di famiglia hanno realizzato un grande orto.

Si sogna una Dop Tiberina

Dietro l’angolo poi c’è chi sogna, per l’olio la creazione di un Dop originale. Si sta lavorando a questo progetto anche se rimane tesa la mano del Consorzio dopo Sabino di Passo Corese per implementare la produzione inglobando le terre della riva sinistra tiberina da S. Oreste a Prima Porta. Gli ulivi hanno un grande futuro, spazio per raccontare ancora molte storie e ci aiuteranno a salvare questa nostra terra.

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