“A dieci anni a Riano ho fatto l’angioletto in un documentario girato nella chiesa di Santa Pace, che allora versava in stato di abbandono. Al regista, per le riprese, servivano tre bambini, di cui due bionde e ricciute che dovevano fare, per l’appunto, gli angeli. Scelsero me e Annamaria Mattioli per il ruolo. Tra l’incredulità mia e dei miei. Al pari di tante altre persone di Riano che fecero da comparsa mi sentivo importante: giravo un film. Felicissima “posai” sull’altare, vestita da angioletto con le ali. Di carta. Ali che mi fece mia nonna, molto devota e brava nel prepararmi le cose da indossare”.
Il ricordo dell’amica Elsa Pompetti è stato tutto un incipit, dal momento che quella sua esperienza è diventata per me momento di ricerca, giornalistica, cinematografica e culturale. Grazie all’aiuto di materiale cartaceo e digitale, ho provato così a trasformare in sostanza questa sua rievocazione.
E ho scoperto che… il documentario cui si riferisce Elsa, e in cui hanno partecipato diversi cittadini rianesi (tra cui l’amica Annalisa Mattioli, la madre Regina Guadagnoli e la sorella Simonetta Pompetti), prodotto nel 1963, è “Mondo cane 2”, che segue “Mondo cane 1”, realizzato l’anno prima e candidato addirittura all’Oscar come migliore colonna sonora: “Ti guarderò nel cuore”, firmata da Riz Ortolani, e cantata da Katyna Ranieri.
I registi sono Gualtiero Jacopetti, giornalista e documentarista, e Franco Prosperi, etnologo e naturalista. Il produttore è Mario Maffei. La fotografia è di Antonino Climati e Benito Frattari. Le musiche di Nino Oliviero. Celebre la canzone finale, “Io voglio bene al mondo”, di Guido Castaldo, Nino Oliviero, Franco Torti, interpretata da Milva. Voce narrante, strepitosa, di Stefano Sibaldi. Distribuito in Italia da Cineriz, ha una durata di 1 ora e 40 minuti.
A Riano la chiesetta Santa Pace fu scelta come location per raccontare cosa succedeva in una chiesa sconsacrata del Cilento, a proposito della Taranta. E le immagini che vanno dal minuto 30 al minuto 31 e 42 secondi del docufilm, in cui appaiono diverse comparse del posto, tra cui la bambina Elsa, hanno lo scopo di rappresentare il “tarantismo”, ossia la sindrome culturale di tipo isterico in voga in alcune zone del Meridione. L’obiettivo era quello di riprodurre e mescolare, attraverso momenti di offuscamento psichico, trance o epilessia degli “attori”, tradizione popolare e patologia. Mescolanza causata, leggendariamente, dal morso di un ragno.
Il documentario, classificato come sottogenere “mondo movie”, detto anche “finto documentario”, genere principale “horror”, fa seguito, come scritto in precedenza, all’1, che è diventato capofila di questa categoria, il cui scopo è colpire lo spettatore con immagini e temi scioccanti.
È incentrato sugli usi e sui costumi inconsueti o sconcertanti di alcuni popoli nel mondo ˗ Messico, Hawaii, USA, Inghilterra, Africa, Sud Italia e Vietnam, tra particolari riti tribali, cani vittime dell’umana scelleratezza, uccisioni e maltrattamenti di altri animali, funerali bizzarri, processioni non riconosciute dalla Chiesa, gente che sbatte la testa al muro, bambini che puliscono teschi e scheletri putrefatti o che mangiano corpi di marzapane ˗ e rivela, come è consuetudine del cosiddetto “mondo movie”, bizzarre e impressionanti tradizioni esistenti all’epoca in molti Paesi.
Il docufilm mostra anche alcune celebrazioni tipiche del venerdì santo, che tuttora si svolgono in certi luoghi dell’Abruzzo e della Calabria, in cui i partecipanti si autoflagellano il corpo per devozione, fino a sanguinare copiosamente.
“Facevo l’angioletto ˗ mi racconta Elsa Pompetti ˗ ma le cose che vedevo fare per finta quel giorno nella nostra chiesetta non erano per niente belle. Basta vedere la foto in cui sono immortalata e quelle estrapolate dal film per capire quanta paura provavo”.
“A un certo punto ˗ continua Elsa ˗ mi impaurii tanto, dal momento che la gente lì presente cominciò ad urlare e sbraitare ad alta voce. Qualcuno si muoveva con il corpo, altri facevano finta di picchiarsi. Addirittura una donna, vestita di bianco e con abiti stracciati, si buttò a terra e cominciò a dimenarsi e sbavare dalla bocca, mentre un’altra persona fu avvolta dalle fiamme di un fuoco acceso al momento. ‘Cavolo’, pensai, in quegli istanti, ‘alla faccia dell’angioletto’, che era il più calmo in mezzo a gente bizzarra assai”.
“Alla fine ˗ sottolinea Elsa ˗ quando le riprese furono terminate, mi sentii pure sollevata. Ci ho messo un po’ per riprendermi, Italo, credimi. Ancora oggi quando ripenso a quell’esperienza mi assale un senso di angoscia, un certo non so che di inquietante. Era un film horror? Un film di magia nera? Io non lo sapevo. E penso che nemmeno i miei genitori, tra cui mia madre che vi partecipò, lo sapessero”.
Ha ragione Elsa. La pellicola, che ebbe notevole successo, tanto che per gli amanti del genere divenne un vero cult, era un viaggio attorno al globo alla ricerca di luoghi e tradizioni al limite della realtà.
La pellicola è stata registrata anche a Villalago e Cucullo, in Abruzzo, Nocera Terinese, in Calabria e Aversa, in Campania.
Il documentario fece scuola anche all’estero, tanto che in America da lì in poi cominciarono a girare pellicole dello stesso tenore. Per capire l’importanza cinematografica della pellicola basti pensare che nel 1986 e nel 1988 sono stati prodotti, dal regista Stelvio Massi, i sequel “Mondo cane oggi. L’orrore continua” e “Mondo cane 2000. L’incredibile”.
Il critico Giuseppe Previtali, dottore in Culture Moderne Comparate, in “Arabaeschi” numero 23, rivista internazionale di studi di letteratura e visualità, così si esprime su “Mondo cane 2”: “Il film, assurto oggi a autentico oggetto di culto, ha suscitato reazioni diverse e contrastanti già al momento della sua uscita in sala. La critica italiana dell’epoca, spiazzata dalla struttura linguistica dell’opera e – soprattutto – dalle sue immagini estreme, assume posizioni diverse. In generale si concedere all’opera di Jacopetti una certa capacità nell’orchestrazione visiva del materiale, ma quasi ovunque si contesta il morboso interesse per l’osceno. […] La sopravvivenza di ‘Mondo cane’ si deve soprattutto all’esistenza di una folta comunità di affezionati spettatori, più all’estero che in Italia”.
Giacomo Jacopetti, uno dei due registi, personaggio atipico ed eccentrico, è stato tra l’altro l’apripista del cinegiornalismo satirico italiano.
“Mondo cane ˗ secondo Luca Martera, in “CineCensura. 100 anni di revisione cinematografica in Italia” ˗ è stato il primo cinegiornale del mondo. Rivedere questo film oggi può far sorridere per il moralismo sarcastico del commento parlato, ma non così si può dire per le immagini cruente, bizzarre ed estreme che ribaltano il canone classico e addomesticato dei documentari etnografici alla maniera di Folco Quilici per far emergere con prepotenza lo sguardo dei due registi per i quali il senso delle azioni umane non sta in qualche principio o legge superiore, o in una particolare dignità degli uomini, ma più semplicemente nella loro natura di animali. Un’umanità di fronte alla quale si interrogano per comprendere il sistema sociale che sta dietro riti e comportamenti, totem e tabù”.
Un documentario horror, dunque, quello a cui partecipò da angioletta l’amica Elsa a dieci anni. Un’esperienza da attrice niente male. Che va annoverata come uno degli aneddoti più curiosi del passato recente della comunità locale.
“Horror? Certo, Italo, ˗ aggiunge sorridendo Elsa Pompetti ˗ a ripensarci… ho quindi partecipato a un film che ha fatto la storia di un movimento cinematografico?”.
Proprio così Elsa. Hai fatto l’angelo in un documentario che ha fatto scuola nel mondo del cinema. Cosa non da poco.