di Maria Vittoria Massarin

 

Matteo Castellano è un ragazzo che si può definire a tutti gli effetti un “talento nostrano”. Dopo aver passato qualche anno a Recanati è tornato a Castelnuovo di Porto, dove, durante il lockdown, ha deciso di iniziare a scrivere un libro, “Inchiostro”. Un libro scritto da un giovane per i giovani, per affrontare insieme la società che non sempre aiuta a realizzare i propri sogni. L’abbiamo intervistato per voi, perché certi che le sue parole sarebbero state in grado di spiegare “Inchiostro” meglio di qualsiasi recensione (che arriverà comunque nel prossimo numero).

 

Innanzitutto, da quanto tempo avevi nel cassetto questo progetto?

Devo dire che questo progetto non lo avevo nel cassetto. Mi sono sempre dedicato alla scrittura di poesie e racconti senza però mai superare le 10 pagine consecutive di racconto. Un giorno, durante il lockdown, ero su una sdraio a casa mia scrivendo un racconto come un altro, che poi sarebbe diventato il primo capitolo di “Inchiostro” e mi sono detto: “Matteo, adesso tu scrivi un libro, dall’inizio alla fine”. È stato un po’ figlio della quarantena, mi piace chiamarlo così.

 

Che tipo di scrittore sei? Qual è il tuo modus operandi?

Il modus operandi è stato lo stesso per tutta la durata della quarantena: qualunque momento avessi libero lo impiegavo buttandomi dove mi capitava con il mio pc, e quando raggiungevo la completa tranquillità scrivevo di getto tutto quello che mi passava per la testa. Ovvio, sempre con un occhio alla trama, a quello che doveva succedere ed ai personaggi, ma fondamentalmente il mio modus operandi è molto basato sull’istinto, sullo scrivere tutto ciò che viene dal profondo. Alternavo giorni in cui scrivevo di getto ed altri giorni in cui invece rifinivo quello che avevo già scritto. Oserei dire che sono un tipo di scrittore “sincero”. Nel senso che tutto quello che sento di voler scrivere in quel particolare momento lo scrivo e poi eseguo un attento lavoro di lima per scegliere i temi giusti, rimettere a posto le frasi, l’ordine degli eventi e così via.

 

Ciò che racconti è autobiografico? Quanto c’è di te in Leone? E quanto c’è della tua vita nella storia?

Non lo definirei un libro autobiografico, ma devo dire che ci sono forti componenti biografiche ed autobiografiche, oltre alle evidenti difficoltà che penso quasi tutti i giovani del nostro tempo hanno incontrato nel voler sviluppare le proprie passioni ed i propri sogni. Oltre a me in Leone si possono rispecchiare tante persone. Credo venga quasi spontaneo per qualcuno quando deve immaginarsi un personaggio così simile a sé stesso di basarsi anche sulla propria persona. Quindi sì, Leone non è il mio calco ma mi assomiglia abbastanza, soprattutto per quanto riguarda il temere il futuro ed il non saper ben gestire il presente in vista del futuro.Della mia vita in generale ci sono degli elementi, in particolare il rapporto difficoltoso che Leone ha con la sua famiglia e con gli altri, anche se non sono direttamente tratti ma solo ispirati alla mia esperienza personale.

 

Studi Lettere Moderne: c’è un autore al quale devi di più stilisticamente parlando?

Partendo dal presupposto che non oserei mai pormi ai livelli dei grandi della letteratura devo ammettere che almeno per quanto riguarda la creazione del protagonista ha influito moltissimo uno dei miei autori della letteratura italiana preferiti: Italo Svevo. C’è tanto dell’inetto di Svevo nel protagonista ed il fatto che il libro abbia anche delle componenti autobiografiche è tutto dire. Per il resto l’impostazione narrativa deriva anche molto da uno dei miei grandi amori della letteratura, cioè Dostoevskij. Sarebbe quasi un affronto poi non citare il più grande tra i poeti, per quanto mi riguarda: Virgilio.

 

Cosa hai provato nel momento in cui hai finito di scrivere “Inchiostro”?

Eh, rispondere a questa domanda è davvero difficile. È una sensazione che, nonostante sia passato già un po’ di tempo, mi provoca molta difficoltà nella risposta. È quasi scontato dire soddisfazione, ma è una soddisfazione tutta particolare, quasi mi verrebbe da descriverla come la sensazione di aver lasciato finalmente qualcosa di concreto. Sento di aver effettivamente messo una pietra sul mondo, ho messo qualcosa di mio a disposizione di tutti gli altri, è stato un po’ il mio primo segno di gessetto sull’immensa lavagna della vita.

 

Nel libro parli delle difficoltà di realizzarsi che incontrano i giovani nella nostra società, che “spinge a coltivare le proprie passioni, ma col passare del tempo si mostra sempre più spietata e competitiva”. Questo livello di introspezione non è scontato. Tu riesci a ricordare il momento in cui ti sei scontrato con questa realtà?

È stato quando al liceo la scelta della facoltà universitaria non era più solamente un qualcosa di lontano ma una scelta imminente, e ricordo che quando cominciai a comunicare agli stessi professori che mi sarebbe piaciuto continuare gli studi umanistici (in particolare lettere moderne che attualmente frequento), ricevetti forti dissuasioni, rimostranze. In molti hanno cercato di dissuadermi. Quindi è stato abbastanza destabilizzante e mi sono reso conto che tutti ti ripetono sempre questo leitmotiv: “Fai solo quello che ti piace!”, quando poi quello che ti piace non viene mai accolto. Sembra quasi che ti chiedano di spararti sui piedi. Ecco, trovo che questo possa essere nocivo per le giovani menti. Per quanto mi riguarda posso dire che sono fiero e soprattutto contento di aver proseguito a fare ciò che davvero mi piaceva fare perché non mi vedo davvero da nessun’altra parte.

 

Qual è il messaggio che speri che arrivi a tutti i giovani che decideranno di leggere “Inchiostro”?

Per la maggior parte del tempo che ho dedicato alla stesura del libro non ho pensato ad una morale, ad un messaggio che volevo passare agli altri attraverso di esso. È un libro che secondo me ha una forte componente soggettiva anche per il lettore, in molti mi hanno detto che si sono immedesimati nel protagonista e che hanno capito i suoi pensieri, quindi  mi piace l’idea che il giovane lettore tragga le proprie conclusioni da solo. Personalmente il messaggio che vorrei che fosse recepito un po’ da tutti è che la vita e nello specifico il coltivare le passioni non è semplice come viene descritto, ma questo non vuol dire che sia impossibile.

 

Se dovessi descrivere il tuo libro in cinque parole, quali sceglieresti?

Come prime tre parole mi piacerebbe scegliere “Carta e Penna”, contandole tutte e tre. Carta e Penna perché sono il fulcro dell’intero romanzo, sono ciò attorno a cui gira non solo l’intera vicenda ma attorno a cui girano anche i principali pensieri del protagonista e degli altri personaggi. Se dovessi scegliere una quarta parola probabilmente direi “affetto”. Forse potrà sembrare un po’ generico, ma racchiude dentro di sé qualcosa che negli ultimi tempi stiamo perdendo. Non voglio neanche essere pessimista. L’affetto sopravvive e deve sopravvivere anche grazie a noi. Come ultima parola sicuramente invece sceglierei “scelta”, perché al di là del detto comune che la vita intera è fatta di piccole scelte credo che molto spesso di tutte queste scelte quasi non ce ne rendiamo conto. Inchiostro invece invita anche a tenere sempre in considerazione ciò che stiamo facendo, a scegliere con cura, poiché non sempre quelle situazioni in cui non ci sembra importante un bivio che viene posto sul nostro cammino invece in realtà stiamo prendendo una decisione che potrebbe cambiare davvero la nostra vita.

 

La copertina ed i personaggi sono stati creati da una tua amica, Alice Castiello. Le hai lasciato carta bianca oppure hai contribuito anche tu alla loro realizzazione?

Parto col dire che i personaggi così come appaiono sono come li ha visti Alice. Ho appositamente inserito meno caratteristiche possibile per permettere alla fantasia del lettore di viaggiare indisturbata. Ho dato qualche connotazione giusto per aggiungere un tocco di realismo ma nessuno dei personaggi è descritto fin nei minimi dettagli. Quindi Alice li ha visti così, io magari in un altro modo, ma mi piace pensare che ognuno li veda a modo proprio. Per quanto riguarda la copertina è quasi completamente opera sua. Abbiamo ideato il concept di base assieme ma il lavoro che ha fatto è indescrivibile, al di là della copertina è stata una presenza importante durante tutta la realizzazione del libro e le devo moltissimo.

 

Infine, la domanda che tutti i lettori vorrebbero fare: hai già pensato ad un secondo capitolo?

Io non sono un fan delle saghe, non mi piace continuare un racconto che io considero già chiuso e terminato. Quindi no, non ci sarà un seguito del libro “Inchiostro”, ma posso dire con certezza che non è l’ultimo libro che scrivo.

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