È questo il breve resoconto di un piccolo viaggio tra gli agricoltori della valle Tiberina alle prese con una siccità eccezionale. Tra gente che gestisce l’emergenza come capitani sul mare in tempesta, schivando le ondate di calore, trovando soluzioni adeguate a salvare il raccolto. È stato un viaggio che ha restituito il significato delle parole, passione, competenza, dedizione, cura. Coltivare la terra, misurare il bisogno d’acqua, attendere che arrivi l’anticiclone. Toccare la terra e le piante per sentire semplicemente quanto sono vive e prolifiche di frutti. La siccità ha provocato una resa minore del 25/30%. Grave, ma non devastante. All’origine c’è un fatto tanto naturale da essere magico: senza acqua il fiore non lega… 

Senza acqua il fiore non lega

Se  non c’è la giusta quantità di pioggia al momento giusto i fiori cadono e non si trasformano in frutti o ortaggi. Ecco, questo fa la siccità: non fa legare i fiori. A maggio è piovuto poco e ne hanno risentito pomodori, meloni, cocomeri. La produzione è stata minore ma solo un po’. Abbiamo irrigato la terra, l’abbiamo nutrita e il raccolto non è andato in malora. Ma certo è arida, tanto arida. L’acqua che diamo viene assorbita subito come se la terra avesse una sete terribile.  E noi annaffiamo ancora ogni giorno sorretti da un pozzo che non ha tradito”.  Questo racconta Luca Calicchia un giovane agricoltore che coltiva un grande orto tra Capena e Fiano.  La novità è proprio questa: nelle terre sotto il Soratte e fino alla piana del Tevere la siccità di questi mesi ha fatto danni ma contenuti. Non è stata l’apocalisse che pure il termine evoca. Gli agricoltori confermano che i cambiamenti climatici in atto sono profondi ma hanno anche confermato che tra queste colline la risorsa idrica non ha dato eccessivi segni di sofferenza, la portata dei fossi è quella solita di questo periodo dell’anno, le falde dei pozzi ancora hanno riserve. Insomma, non c’è allarme rosso ma forte preoccupazione. È ora che la pioggia torni a bagnare le zolle delle vigne.

Danni siccità contenuti, ma ora è tempo arrivi la pioggia

Nel vigneto di 10 ettari nei colli tra Capena e Morlupo i grappoli sono pieni. Il sole ha fatto il suo lavoro. “Lo stato di salute è buono – dice Antonio Pelliccia – che lo ha impiantato su terreni dell’Università Agraria e lo coltiva insieme ad altri agricoltori. La siccità di questi mesi non ha provocato danni. Per alimentare le linee del vigneto abbiamo fresato il terreno nella misura di un filare ogni dieci e questo ha permesso alle viti di raccogliere più facilmente l’acqua che rende umida la terra”. La fresatura per tenere pulita la vigna è una pratica in disuso poiché assai impegnativa come ore di lavoro. Oggi si procede con la trinciatura dell’erba, passaggio assai più veloce che però non smuove il terreno. Ed è proprio questo il suo limite. “Fresando il terreno si interrompe la catena dell’acqua – spiega Antonio – come se si togliesse un tappo e l’umidità sale e alimenta le radici. Inoltre funziona da ottima barriera antincendio. Ma questa pratica ha un limite proprio nella pioggia che se arriva in forma leggera non provoca danni, se invece si abbatte su terreni mossi con violenza, come accade sempre più spesso con temporali violenti, porta via tutto. In particolare, nei terreni come il nostro che è in pendenza. Attendiamo la pioggia perché ora i grappoli hanno bisogno di crescere”. Anche qui a rischio non è il raccolto né la qualità delle uve e dei vini che ne verranno Bellone, Castellaccio e Merlot, quanto la resa. Per tenere su l’azienda occorre la qualità e la quantità. La soluzione è nell’equilibrio delle misure, nella scelta di quelle più idonee per favorire un buon raccolto. E questi giovani agricoltori, competenti e preparati, cercano la via  tra scienza e imponderabile. Dove non ha fatto danni la siccità ha prero provveduto il fuoco. Dopo pochi giorni dal colloquio con Antonio Pelliccia, la vigna ricca di grappoli è stata devastata da un incendio che ha percorso 100 ettari di terra. Correndo tra i filari ha ” cotto”  l’80 per cento dell’uva bianca . Raccolto andato in fumo.

Piu piccoli i chicchi del grano

Umberto Di Pietro è un giovane agricoltore che conduce l’Azienda paterna con grande determinazione e passione. Coltiva terra sua e in affitto. Produce grano, tra cui quello pregiato, quello del senatore Cappelli. Quasi tutto lo trasforma nel suo mulino in farina pregiata e una linea di pasta. In questi giorni, insieme alla sua famiglia, sta organizzando la festa della trebbiatura che si terrà il 31 luglio. Racconta che la siccità ha creato danni ma contenuti. “I chicchi di grano quest’anno sono stati più piccoli e leggeri e dunque la resa per ettaro minore. Ma non in modo devastante. Devastante è l’incendio che ha ridotto in cenere 35 quintali di grano più pregiato, il senatore Cappelli. Complessivamente nell’area Tiberina la raccolta quest’anno ha prodotto circa 150 tonnellate di grano”. In condizioni ottimali sarebbero state, probabilmente, il 25/30% in più. 

Le piante di pomodoro hanno prodotto  quasi la metà

La stima trova d’accordo anche Luciano Vecchiotti che insieme ai figli coltiva un grande orto vista Soratte. Conduce ogni mattina il raccolto di ortaggi a Roma presso un punto vendita a via Fabio Filzi e uno stagionale aperto solo nei mesi invernali nei pressi di Piazzale Clodio. La produzione in eccesso viene invece commercializzata da un suo parente nei mercati rionali dell’area della sabina romana.  Ci offre un esempio concreto di cosa significa riduzione della resa: “Una pianta di pomodoro in genere produce cinque/sei chili di prodotto, quest’anno si ferma a tre. Noi forniamo alle piante l’acqua con un sistema di irrigazione a pioggia che evita sprechi. Ma non basta a sopperire la mancanza di quella piovana che pure noi raccogliamo. Ogni anno riempiamo serbatoi per 150/200 metri cubi. Insomma, proviamo a mantenere un equilibrio naturale. Ma è una grande sfida. Con lo stress della siccità riusciamo a salvare la pianta ma non la sua ottimale produzione. Speriamo che piova presto. Ora ne hanno bisogno viti e olivi. Per crescere serve che dalle nubi scenda il nutrimento necessario.

 

 

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