Nel 1972 a Riano e a Morlupo, nel cuore dei rispettivi centri storici, furono girate alcune scene del film Anche se volessi lavorare, che faccio? di Flavio Mogherini, che con questa pellicola esordì alla regia.
Più di cento film all’attivo, Flavio Mogherini, scenografo, costumista e regista italiano, morto nel 1994, vincitore del “Nastro d’argento” nel 1962 per il film La viaccia di Mauro Bolognini, è stato scenografo del film Accattone di Pier Paolo Pasolini, con Franco Citti e Adriana Asti, e de La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini, con Claudia Cardinale e Gian Maria Volontè.
Distribuito dalla Titanus, il film, che ha una durata di 99 minuti, vanta la colonna sonora del mitico Ennio Morricone, mentre la fotografia porta la firma di Arturo Zavattini.
Nel cast, attori e attrici di primordine: Enzo Cerusico, Ninetto Davoli, Adriana Asti, Luciano Salce, Maurizio Arena, Vittorio Caprioli, Giovanni Barbato, Paolo Rosani, Fiorenzo Fiorentini, Tiberio Murgia, Nerina Montagnani, Ugo Fangareggi, Giorgio Dolfin, Livio Galassi, Giacomo Rizzo, Lino Coletta, Ettore Mattia, Orchidea De Santis, Francesca Romana Coluzzi, Leopoldo Trieste, Ermelinda De Felice e Marcello De Falco.
Classificata come commedia, la pellicola, racconta le vicissitudini di quattro nullafacenti amici ˗ Riccetto (Ninetto Davoli), Girasole (Enzo Cerusico), Lallo (Giovanni Barbato) e Asvero (Paolo Rosani) ˗ che cercano di sbarcare il lunario rubando e rivendendo ai collezionisti reperti archeologici dalle tombe etrusche, specializzandosi nel mestiere di tombaroli.
Sulle loro tracce ci sono i carabinieri e la Finanza ˗ comandati dal maresciallo veneto Dorigo (Luciano Salce) della Guardia di Finanza e dal maresciallo siciliano Capriotti (Leopoldo Trieste) dell’Arma ˗ che tentano di arrestarli ma non trovano mai le prove della loro attività.
Un giorno viene loro segnalata l’esistenza di una tomba monumentale, i quattro si organizzano ma il furto non riesce, perché un losco ricettatore, cui loro si erano rivolti per aiuto, li vende contemporaneamente ai carabinieri e alla guardia di finanza e così si danno alla fuga, rubando il giorno dopo un’automobile di lusso targata Città del Vaticano vestendosi da prelati.
“Flavio Mogherini, noto e apprezzato scenografo, esordisce nella regia con un film in cui ˗ si legge sul quotidiano ‘l’Unità’ del 29 aprile 1972, a commento della ‘prima’ ˗ la elegante ricerca di una definizione ambientale, lo studio degli aspetti figurativi ed anche decorativi delle situazioni rischia ad ogni momento di prevalere sulla coerenza e sull’originalità del racconto; che, del resto, oscilla senza molta misura dal patetico al farsesco, e viceversa, seguendo vaghe tracce felliniane o pasoliniane. Talvolta piacevole all’occhio, anche per la raffinata fotografia a colori di Arturo Zavattini, e con qualche passabile spunto nei dialoghi, ‘Anche se volessi lavorare, che faccio?’ denuncia nell’insieme una struttura bozzettistica e aneddotica, che si ritrova in parte anche nella interpretazione. I meglio rilevati, tra i protagonisti, sono Ninetto Davoli ed Enzo Cerusico. Nel contorno, da ricordare un Vittorio Caprioli ben caratterizzato e una spiritosa Adriana Asti”.
Come testimoniano le immagini, estrapolate dal film dall’amico Carmelo Sorbera, a Riano, in Piazza Piombino, è stata girata la scena esterna del finto funerale in cui è ben visibile la chiesa parrocchiale dell’Immacolata Concezione.
Gli interni della cerimonia funebre sono stati girati nella chiesa di San Giorgio, al cimitero, in Via della Strada Vecchia.
Nelle sequenze delle riprese interne è possibile notare la statua di San Giorgio, patrono di Riano, mentre la bara viene portata di spalle fuori dalla chiesa.
Le riprese esterne hanno interessato tutto il centro storico, come è possibile notare anche dalla foto di scena immortalata davanti alla porta di ingresso.
Uno scorcio panoramico del centro storico di Riano è altresì riconoscibile dal filmico posto di blocco della Finanza posizionato dal regista lungo il tratto di strada in prossimità dell’attuale imbocco che conduce al campo sportivo del paese.
A Morlupo, invece, come si nota dalle immagini, in Piazza Giovanni XXIII, è stata girata la scena in cui Nereo Pirelli, considerato un menagramo e per questo soprannominato “due novembre” (interpretato da Vittorio Caprioli) tenta di agevolare la rapina al “Museo di Arte etrusca” sobillando i carabinieri contro i finanzieri.
Opera agrodolce, secondo alcuni addetti ai lavori, in determinati passaggi, per la presenza di Ninetto Davoli, la pellicola sembra rievocare, però non riuscendovi appieno, le atmosfere di alcuni film di Pier Paolo Pasolini e di Federico Fellini.
“Nell’anno del Grandangolo (La classe operaia va in Paradiso, Mimì metallurgico ferito nell’onore), del Mitra (Milano calibro 9, La polizia ringrazia) e del Pugnale (Non si sevizia un paperino, L’etrusco uccide ancora) ˗ scrive a proposito di questo film il critico cinematografico Andrea Bruni sul magazine “Nocturno.it” ˗ il raffinato Mogherini, sodale di Blasetti, di Camerini, di Bava (sue le scenografie di Diabolik) e di Pasolini, sceglie gli spazi imbevuti di Storia dell’alto Lazio ove inscenare una picaresca pochade nel sottobosco dei tombaroli, mischiando, in un cocktail non sempre perfetto, il riso alla malinconia, la propensione al bozzetto col dramma sociale. […] É nell’”alterità” di questi spazi inusitati che si dispiega la “magia” dell’opera prima di Mogherini, senza ombra di dubbio uno degli artigiani (in senso nobile) più sottovalutati del nostro cinema”.
“La scelta dei protagonisti ˗ è scritto in una recensione apparsa sul blog “Ultima Visione” ˗ è di per sè programmatica con in testa il pasoliniano Ninetto Davoli, simbolo ed emblema del sub proletariato tanto di moda allora, a seguire il bravo e purtroppo dimenticato Enzo Cerusico, vera istituzione mediatica del periodo e un team di collaborazioni ed interventi, da Salce a Caprioli, da Adriana Asti a Maurizio Arena fino alle musiche dirette e composte da Ennio Morricone, segno insomma che Mogherini avesse alle spalle il team di amici giusti, amici a cui versare l’obolo di un finale grottesco e patetico a base di anticlericalismo e sfottò alle forze armate nonché frettoloso ed inutilmente triste”.
Dopo questo esordio Flavio Mogherini alternò lungometraggi sofisticati e pellicole cabarettistiche, riscuotendo un ottimo successo di pubblico e di critica. Celebri le sue regie nei film Per amare Ofelia (1974) con Renato Pozzetto, Culastrisce nobile veneziano (1976) con Marcello Mastroianni, e La ragazza dal pigiama giallo (1977) con Dalila Di Lazzaro.
Riano e Morlupo accumunati in questo film che li ha visti protagonisti come location ˗ insieme a paesi quali Calcata, Santa Severa, Cerveteri, Rocca Canterano, Pisoniano e Santa Marinella ˗ testimoniano come i film hanno il valore del tramando, dell’immortalità e dell’eterno. Valori che impreziosiscono e ingemmano un passato locale fatto pure di importante storia cinematografica.
Per chi vuole, ora, dopo aver scoperto questa nuova chicca, non resta che affidarsi alla pellicola: buona visione!