dav

La Sovrintendenza archeologica per l’Etruria meridionale lancia l’sos: è alta la probabilità  che l’antica stazione di scambio di epoca romana rinvenuta a S. Marta, torni presto sottoterra. Il rischio che prevalga l’abbandono figlio dell’indifferenza è forte, anzi incombente.

Fino a pochi mesi orsono questa meraviglia che è il complesso archeologico rinvenuto nel lotto di terra incastrato tra la Nissan e Bricofer e di proprietà del costruttore Scarpellini, era destinato a diventare icona di un territorio, e meraviglioso ingresso di un centro congressuale avveniristico quasi capace di far concorrenza alla Nuvola di Fuksas all’Eur.

Il progetto prevedeva la realizzazione di un edificio centrale da 170.000 metri cubi, che si sarebbe esteso su di un’area dalla superficie complessiva di 86.00 mq, per complessivi 28.000 mq. Lo stesso costruttore, secondo accordi presi con gli enti preposti, avrebbe finanziato gli scavi, messo in sicurezza e reso visitabile il sito.

L’inchiesta che ha travolto nel 2018 il vecchio Scarpellini e che ha coinvolto amministratori locali della nostra area, ha cancellato anche l’interesse verso il progetto di Capena. I figli del costruttore, nel frattempo deceduto, non sono interessati a proseguire l’opera e dunque nemmeno a finanziare il recupero della antica stazione di posta.

Un centro che funzionava come punto di riferimento per i raccolti prodotti dalle fertili pianure circostanti e che si estendevano a perdita d’occhio fino al Tevere. Allora non c’erano le barriere dell’A1 né quella della ferrovia ad alta velocità. L’orizzonte era sgombro e dal mansio – abitato dall’epoca Repubblicana fino alla fine dell’Impero romano, da una piccola comunità di contadini, medi proprietari terrieri, fattori dei latifondisti romani, allevatori, commercianti locandieri affaristi di strada, e dove si insediarono precocemente anche i primi cristiani – partiva la strada verso un piccolo porto che veniva utilizzato per far giungere a Roma caput mundi grano,cereali e olio e ogni ben di dio.

Qui si viveva e si moriva come testimoniano le decine di tombe rinvenute. Questi scavi che sono un pezzo grande  della storia  di una comunità che non è solo quella di Capena ma ricomprende tutte quelle dei centri, grandi e piccoli, che insistono sull’antica via Campana, oggi Tiberina, rischia di essere interrata, cancellata, nascosta. Oggi versa in abbandono.

La recinzione è crollata, come testimoniano le foto, e tutta l’area è protetta solo dall’acqua sorgiva che riempe gli spazi, ma in realtà è incustodita, facile preda dei cacciatori clandestini di tombe e antichità.

E noi ? Tutti noi, si resta a guardare inermi, l’incuria, la cerimonia funebre di un pezzo della nostra storia? Oppure  scegliamo di diventare protagonisti rompendo la crosta del disincanto che ci blocca il cuore  e scegliamo la bellezza?

Chiediamo a  tutti, e in primis alle istituzioni, Comuni, Provincia, Regione, un impegno corale a salvaguardia di un bene comune. E’ l’unica scelta, diversamente c’è la resa, la terra si riprenderà il mansio, le sue storie , le tombe, l’acqua sorgiva, come se avessimo rifiutato il suo dono. E pure una parte di noi.

 

Sponsor