Vigilia dell’Immacolata di festa e di solidarietà quella che si svolgerà a Riano il 7 dicembre, in occasione della Sagra del Pangiallo e della Polenta, a favore dell’A-NCL Associazione Nazionale CeroidoLipofuscinosi ETS, nata nel 2010 con lo scopo di dare sostegno alle famiglie per far fronte ai disagi derivanti dalla patologia, costituita da un gruppo di genitori, assistiti da un Comitato Scientifico composto da medici e ricercatori attivi nello studio di questa devastante malattia.
A Riano vive la piccola Letizia, che proprio oggi compie 7 anni, affetta dalla “malattia di Batten”, caratterizzate dal progressivo declino delle capacità cognitive e motorie, retinopatia che evolve in cecità, atrofia cerebellare variabile ed epilessia, con conseguente riduzione dell’aspettativa di vita.
Di Letizia e della sua famiglia è intima amica Veronica Paolessi, cittadina di Riano, 36 anni, insegnante, e da un anno “Specializzata” in attività di sostegno didattico per gli alunni con disabilità. Specializzazione conseguita presso la Lumsa con una tesi dal titolo “Oltre la diagnosi: esplorare soluzioni tecnologiche per migliorare la qualità di vita in coloro che convivono con la malattia di Batten”. Tesi da lei scelta proprio in nome e per conto di Letizia.
“Letizia ˗ mi racconta Veronica Paolessi ˗ è la figlia della mia migliore amica, Caterina, che considero una seconda sorella. Ci siamo conosciute anni fa, quando lavoravo come insegnante alla scuola materna. All’epoca, il fratello maggiore di Letizia, Giuseppe, era nella mia classe, mentre lei frequentava il nido. Inizialmente non conoscevo bene Caterina, ma sin dal nostro primo incontro è nata una sintonia speciale. Con il tempo, abbiamo poi costruito un legame profondo, autentico, che oggi definirei unico”.
Un’amicizia che giorno dopo giorno si rafforza così tanto da diventare familiare. “Avendo del tempo libero, nel pomeriggio, spesso ˗ continua, commuovendosi, Veronica ˗ le davo una mano con i bambini: li andavo a prendere a scuola, li accompagnavo a fare sport, oppure mi fermavo a giocare con loro ai giardinetti. Mi prendevo cura di loro con amore, diventando parte integrante della loro quotidianità… una sorta di ‘zia-tata’”.
Cosa hai provato quando a Letizia le è stata diagnosticata la malattia di Batten? “Quel giorno, maledetto giorno, cambiò tutto drasticamente… ˗ afferma Veronica Paolessi ˗ lo ricordo come se fosse ieri… la camminata anomala di Letizia, le improvvise perdite di equilibrio, ci fecero scattare un campanello d’allarme. Da lì, una lunga serie di visite e accertamenti portarono alla diagnosi che non avremmo mai voluto sentire pronunciare: ‘malattia di Batten’. In un attimo, ci siamo trovati catapultati in un mondo sconosciuto, oscuro e spaventoso; un mondo dove non esiste una cura definitiva, ma solo speranze, speranze riposte solo nella Ricerca e nella sperimentazione scientifica”.
Un dolore immenso. “Sì, proprio così. Da quel momento la vita di Letizia e della sua famiglia è diventata una lotta quotidiana contro una malattia che avanza inesorabile, portandosi via, un pezzo per volta, capacità fondamentali di Letizia, come la vista, la parola, il movimento, fino a privarla della sua autonomia. Per un genitore, assistere impotenti a tutto questo è un dolore immenso. Un aspetto frustrante della malattia risiede nella sua rapidità e imprevedibilità: ciò che ieri si era in grado di fare potrebbe non essere più possibile domani o nei giorni a seguire…”.
“Eppure ˗ mi rivela Veronica ˗ c’è una cosa, Italo, che la malattia non è mai riuscita a toccare: il sorriso di Letizia. Un sorriso luminoso, puro, travolgente, capace di comunicare più di mille parole. Quel sorriso è diventato un linguaggio speciale, in grado di trasmettere emozioni profonde e di dare forza ai suoi genitori e a noi che stiamo loro vicini anche nei momenti più difficili. E rappresenta la spinta che ci dice di non arrenderci… mai”.
Tenuto conto della tua formazione universitaria e della conoscenza che ti sei fatta sul campo attorno a questa terribile malattia, frequentando Letizia e i suoi genitori quotidianamente, c’è, se c’è, qualcosa in cui possiamo sperare? “Il mio più grande desiderio ˗ confessa Veronica Paolessi ˗ è che la ricerca scientifica possa trovare presto una cura. Una speranza concreta per Letizia e per tutti i bambini che stanno affrontando questa battaglia. Sostenere la ricerca è fondamentale: solo così possiamo regalare loro una nuova possibilità, uno spiraglio di luce chiamato ‘vita’”.
Lo spiraglio di luce a cui Veronica Paolessi si riferisce dipende da tante cose. Tante e diverse. E dipende da tanti attori protagonisti, diretti e indiretti, utili tutti nella lotta da portare avanti, in nome e per conto di Letizia: medici, infermieri, ricercatori, docenti e assistenti e… noi, semplice umanità in cerca di aiuto, sostegno e speranza. In cerca di amore e solidarietà.
Sostenere l’Associazione è importante. Per ottenere un unico ‘database’ nazionale delle NCL, che raccolga i dati clinici e diagnostici dei pazienti, caratterizzati da storia naturale della malattia, al fine di poter aumentare la consapevolezza tra i medici che hanno in carico i pazienti e migliorare la qualità dell’assistenza. Così da ottenere tutte le informazioni disponibili sulla diagnosi e l’evoluzione di ogni singolo caso. Informazione ed evoluzione fondamentali per l’osservazione e lo studio delle Ceroidolipofuscinosi. E soprattutto per poter, finalmente, trovare una cura.
P.s. Veronica Paolessi, la sua Tesi di Specializzazione l’ha dedicata a Letizia. E lo ha fatto con parole vergate all’inizio del volume che sono carezze di un’umanità autentica, vera e mai doma:
“Dedico questa tesi a te…
A te che con il tuo sguardo penetri nel mio profondo,
A te che con il tuo sorriso scaldi il mio cuore,
A te che con un gesto mi conquisti,
A te che con un vocalizzo mi trasmetti l’immenso,
A te che con una carezza, mi teletrasporti in un mondo solo nostro,
A te che con un bacio, mi dai amore puro,
A te, puzzona del mio cuore, dono le mie mani per non farti mai “cadere”.
A te dico: TI VOGLIO BENE!”.
E anche noi della redazione de “Il Nuovo”, Letizia, utilizzando le parole di Veronica, vogliamo dirtelo a squarciagola: “Ti vogliamo bene!”