Alcuni libri sono un regalo per chi legge e altri per chi li scrive. Credo che Stuart Turton, romanziere esordiente, abbia fatto entrambe le cose. Servendosi di diversi generi, li ha rielaborati in qualcosa di estremamente scorrevole e memorabile. “Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle” ruota attorno a un omicidio, e si svolge nella classica ambientazione della casa di campagna degli anni ‘20, anche se fin dall’inizio si percepisce la lontananza con tutte le figure che il luogo evoca nell’immaginazione del lettore.

Più di 500 pagine fitte di svolte e sconvolgenti scoperte che fanno avere la netta sensazione di trovarsi in un labirinto. Niente è quello che sembra, neanche dopo che la rivelazione chiave del romanzo.

Il narratore si sveglia in una foresta, indossando lo smoking di qualcun altro, rendendosi subito conto di non essere nel suo corpo. Senza avere memoria di chi sia o di come sia finito intrappolato all’interno di questo sconosciuto, una parola gli risuona nelle orecchie: “Est”. Così, dopo essersi ritrovato una bussola argentata in tasca si trova davanti al primo mistero da risolvere: la sua identità. Dopo aver scoperto il suo nome però, Aiden Bishop viene messo al corrente da una figura mascherata che a breve verrà commesso un omicidio, che però non sembrerà tale. Evelyn Hardcastle verrà uccisa e sarà compito di Aiden trovare il colpevole.

Bishop rivivrà lo stesso giorno otto volte, disponendo quindi di otto tentativi per risolverlo. Ogni mattina però si sveglierà in un corpo diverso, ricordando le sue esperienze precedenti, ma con l’obbligo, se non riuscirà a trovare nome dell’assassino entro l’ottavo giorno, di tornare al primo giorno, senza memoria. Bishop verrà poi informato di avere dei rivali: anche altre persone ospitano anime straniere, incaricate di svelare l’assassino. Solo uno dei tre potrà però avere successo rompendo così il suo ciclo personale. Ad infittire ulteriormente la trama è l’introduzione del cattivo: uno lacchè psicopatico che, armato di coltello, prende di mira i protagonisti. Con orrore, Bishop scoprirà anche che le personalità di cui prenderà la sembianza a volte minacceranno di prevalere sulla sua, facendogli fare cose che normalmente non accetterebbe mai.

“Ogni uomo è prigioniero di una gabbia che si è costruito da sé”

Difficilmente si può rendere giustizia a trame così complesse e sbalorditive. L’esordio di Turton, elegante e ricco di metafore ricercate, è un colpo messo a segno. Le 500 pagine scorrono piacevolmente, distruggendo le barriere fra una cultura “alta” e “bassa” e provando a rispondere a domande d’importanza universale: abbiamo davvero la possibilità di cambiare il corso di eventi che potrebbero essere già stati scritti? Il futuro è una promessa a cui possiamo sottrarci?

“Siamo forse i frammenti di una stessa anima, responsabile dei peccati commessi da ciascuno, oppure siamo persone del tutto diverse, pallide copie di un originale dimenticato da tempo immemorabile?” 

 

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